"Ah si?? Tu mi cacci fuori dagli Asia per riunire la formazione iniziale?? Mi scacci proprio durante le registrazioni dell'ultimo lavoro? Allora ti faccio vedere io cosa so fare senza di te".
Immagino che John Payne abbia pensato qualcosa di molto simile quando il famoso tastierista Geoff Downes, che collaborò con gli Yes ma soprattutto con gli Asia, cacciò nel 2006 il povero bassista e cantante, per riprendere al suo posto John Wetton e la combriccola Howe/Palmer a seguito.
Meglio così comunque, perché mentre quattro vecchietti riciclano per l'ennesima volta le sonorità dei primi due dischi con uno nuovo, "Phoenix", John Payne forma i GPS con gli altri musicisti esiliati e sforna nel 2006 questo "Window To The Soul", un debutto perfettamente fresco e musicalmente nuovo. Certo, fino al 2006 eravamo già abituati ad un John Payne che scriveva i proprio pezzi sì, ma sempre sotto l'occhi vigile del tastierista, che mai voleva allontanarsi troppo dallo stile creato nel tempo con le varie formazioni di gruppo. Ora invece troviamo un John Payne nel pieno della propria vena artistica, libero di far uscire dalla propria mente il meglio di sé, e soprattutto libero di decidere ciò che gli pare e piace. Egli non è comunque l'unico a sembrar rinato: Gutrie Govan suona la sua chitarra in modo molto più virtuoso, facendo la sua ottima figura e senza aver nulla da invidiare ai grandi nomi della sei corde; per non parlare del batterista Jay Schellen, a sua volta molto in forma. All'entusiasmo di questi tre musicisti aggiungete dunque la tecnica del tastierista degli Spock's Beard, Ryo Ocomuto. Il risultato è magnifico.
Il genere dei GPS è dunque molto lontano dagli Asia. Con pezzi che variano tutti tra i 5 e gli 8 minuti, e con deviazioni strumentali che si protraggono con imponenza, si parla di vero e puro progressive rock, con molti accenni al metal, il tutto zuccherato da un pizzico di melodia qua e là.
Tutto ciò è già costatabile nel primo pezzo, la superba title-track, che regala da subito forti emozioni. Dura e potente già di suo, è resa ancora più tagliente dalla "nuova" voce di Payne, molto più rude e roca di prima e per certi versi molto migliorata, e gli strumenti riescono bene a unirsi in un tutt'uno di ottime sonorità, soprattutto ottimi sono gli assoli di tastiera e chitarra, genialmente intersecati.
Ancora leggermente influenzate dagli Asia sono "New Jerusalem", "I Believe In Yesterday" e "Since You've Been Gone", poiché scritte durante le registrazioni del loro ultimo disco mai completato (che avrebbe dovuto intitolarsi Architect of Time). La personalità dei musicisti è comunque molto marcata anche qua, credo infatti che se il disco sotto il nome Asia, queste canzoni sarebbero risultate molto diverse.
In stile completamente diverso sono il proggissimo intermezzo di "Heaven Can Wait" e la arabeggiange "The Objector". Ma una lode a parte va comunque alla fantastica ed emozionante "Written In The Wind" che vanta di un intro toccante e commovente e di parole magnifiche.
Il livello musicale del disco è dunque ottimo, a mio parere da ascoltare tutto in una volta in quei momenti in cui si ha bisogno di carica.
I confronti sono sempre odiosi, lo so, ma se proprio vogliamo farlo questo paragone, ebbene sì, ha vinto John Payne, mentre Geoff Downes ha proprio perso, perché in confronto a "Window To The Soul", l'asiatico "Phoenix" scompare quasi totalmente.
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