"Tanto rumore per nulla" è la perfetta definizione di questo album. Incensato dalla critica e presentato dai fan come un prodotto dalla qualità indiscutibile, assomiglia più ad un tentativo di stare con due piedi in una scarpa, cercando di arruffianarsi sia l'ascoltatore casuale che quello dai gusti più ricercati: il risultato è fallimentare in entrambi i casi. Se lo si prende come un discreto disco pop si denotano evidenti carenze nell'incisività della composizione: dopo ascolti ripetuti non c'è veramente un brano che si stampi nella testa dell'ascoltatore, il quale continua a mantenere una certa difficoltà di fruizione e un'astrusità a tratti incomprensibile nel seguire i vorticosi loop di cui sono composti i brani. D'altra parte la ricerca e la sperimentazione non risultano essere particolarmente ardite e, anche quando presenti in maniera massiccia, danno sempre l'impressione di non aver osato abbastanza, di poter fare di più, messe lì come mero distrattivo per occultare la vuotezza generale. Il risultato finale è l'effetto "specchietto per le allodole": ai primi ascolti si ha l'idea di non aver compreso ed abbracciato totalmente l'essenza delle composizioni e l'ascoltatore finisce per incolpare la sua incompetenza della noia che accompagna la fruizione di questo disco. Ma, dopo aver familiarizzato a sufficienza con la forma, ci si accorge di quanto il contenuto sia scarso e disorganizzato, grato, così com'è, ad un sound abile nel coprire le sue imperfezioni, impedendo ai più sempliciotti di esclamare "Il re è nudo!" quando ve n'era ancora la possibilità. Peccato, il potenziale c'era. Se l'intero l'album assomigliasse di più a quel labile dream pop di "Genesis" sarebbe stata tutt'altra storia.

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