Fu quando Charlie si trovò sul punto di arrendersi nuovamente alle proprie dipendenze autodistruttive che John, mostrandogli una crisalide situata su di una pianta vicina, gli disse: "Vedi questa piccola fessura? La falena sta ormai per uscire. In questo momento è dentro che lotta, scavandosi una via attraverso lo spesso involucro del bozzolo. Adesso la potrei aiutare... Se prendessi il coltello e allargassi delicatamente l'apertura, la falena sarebbe finalmente libera.. ma anche troppo debole per poter sopravvivere. La lotta è l'unico modo che ha la natura per renderla più forte..."
La prima volta che vidi la copertina del debutto degli Happy the Man mi balenò in mente la suddetta scena di Lost (1x07 - The Moth) e, forse proprio grazie a questo, rimasi profondamente colpito e affascinato dall'album ancor prima di averlo effettivamente ascoltato. Non che avessi bisogno di un particolare incentivo ma, se mi fossi basato solamente sui dati tecnici, il mio entusiasmo sarebbe certamente stato minore. Sì perché da un gruppo statunitense che decide di entrare in scena nei tardi settanta (1977, nonostante fosse nato nel '74) è difficile aspettarsi qualcosa che non sia in buona parte derivativo o comunque già sentito nel vecchio continente, dove il prog si sviluppò diversi anni prima. Nonostante ciò la mia fiducia venne ampiamente ricompensata con l'ascolto di uno di quei lavori che, se non proprio punti fermi del genere nella sua interezza, rimane ancora oggi uno degli apici indiscussi di tutto il panorama progressive americano.
Chiaramente non possiamo pretendere che al tempo, in quel di Washington, non si fosse mai sentito parlare di un baffuto capellone che, nelle vicinanze, si era fatto fotografare nudo sul WC, né che non si raccontassero favole sull'utopica terra di Canterbury o sulle pazze scorribande del Gigante Gentile, ma, a dispetto di ciò, la musica del quintetto in esame, pur non essendo priva di riferimenti, mantiene un'indubbia freschezza e personalità, nonché un'impressionante varietà sonora, derivata da un arsenale strumentale di tutto rispetto, unito ad una tecnica ed una creatività altrettanto pregevoli.
Ci troviamo così al cospetto di un complesso mosaico di composizioni che s'intersecano e si sviluppano in modo fluente e variopinto, grazie in primo luogo al tastierista Kit Watkins, impegnato ad alternare momenti meditativi passati in compagnia del bassista Rick Kennel ("Starborne") ad altri più concitati spesi con la singhiozzante batteria di Mike Bek ("Knee Bitten Nymphs in Limbo"), ad altri ancora in cui si evidenzia la straordinaria intesa che scorre tra il suono iridescente della tastiera e quello poetico e profondo del pianoforte di Frank Wyatt ("Mr. Mirror's Reflection on Dreams", "Carousel").
Nonostante lo strapotere strumentale dell'opera, la voce del chitarrista Stanley Whitaker, districandosi tra innumerevoli cambi di tempo ("On Time as a Helix of Precious Laughs"), si fa audacemente spazio attraverso i labirinti fiatistici eretti dal solito Frank, il quale, armato di flauto ("Upon the Rainbow (Befrost)") e sax ("Stumpy Meets the Firecracker in Stencil Forest"), costruisce emozionanti fughe e passeggere apparizioni dalla bellezza sconcertante ("Hidden Moods"), chiuse infine dal geniale Kit e dalle atmosfere sognanti alle quali ci ha così superbamente abituati ("New York Dream's Suite").
Il bozzolo di questo disco infine si schiude e ne esce un'incantevole farfalla; allo stesso modo di come, stando all'illustrazione citata inizialmente, ne nasce un'altra, simboleggiante il nostro pianeta Terra che si libra nello spazio, magari abbastanza forte da sopportare i pericoli esterni, ma tristemente vulnerabile agli attacchi provenienti dai suoi stessi abitanti. E così, tenendo a mente le parole di John quando disse: "È ironico come siano le farfalle ad attirare tutta l'attenzione, quando sono le falene a produrre la seta. Per giunta sono più forti, più veloci...", forse faremmo meglio ad augurarci che sia proprio una falena quella dove, senza tanti complimenti o riconoscenza, ci svegliamo ogni mattina.
Carico i commenti... con calma