E’ terribile sentire che tutto quello che si possiede scorre via. E’ la sensazione che mi coglie ogni volta che sta per terminare l’ultimo brano di un disco bellissimo che ascolto per la prima volta. Avevo solo quello, quei pochi minuti, era la mia gioia ed il mio unico pensiero ed ora, sfumando le ultime note, svanisce trascinando via anche il mio piacere. E’ spaventosa la sensazione di avere solo pochi secondi ancora. Certo, risuonerà ancora dal principio altre mille volte, ma non sarà mai più la stessa cosa. E’ come quando ci si ritrova nuovamente nel letto di una donna che si è tanto ardentemente desiderato: il piacere sarà sempre elevato, ma non tanto come la prima volta, perché quella prima volta non si è soddisfatto unicamente il proprio organo ma si è lodato e celebrato il proprio ego intero. E mentre si offuscano le ultime luci di “Future2Future”, di nuovo muoio unicamente per tornare alla vita normale, dopo che quella band misericordiosa ha nutrito ed accarezzato la mia anima.

Essendo sopravvissuto ad ora e mezza di jazz futuristico (“informatico” mi vien da dire per la massiccia presenza di soluzioni tecnologiche), la concupiscenza mi è cresciuta dentro ed è divenuta parte integrante dei miei minuti. Ora lei è alla guida di metà delle mie azioni. E’ la mia seconda natura che spira a divenire la prima. Ora ho due nature e, mentre scariche elettriche si rincorrono per le vertebre cerebrali, propendo velocemente verso l’averne una solamente, la “concupiscenza universale”.

Terri Lyne Carrington, meno arrapante di Sheila E. ma ugualmente brava, ha smosso in me peccaminosi pensieri. Fustigante sulle pelli del suo drum-set interminabile, dolcissima nella voce, è un concentrato di arte moderna.
Dj Disk è un satanasso: suona dischi e campionamenti fungendo da “terza mano” di Hancock, quasi fosse la proiezione computeristica della mente del pianista.
La tromba di Wallace Roney, uccisa nella sua natura originaria da infiniti effetti e trasfigurata a strumento elettrico “tout court”, scioglie ogni contrasto tra il digitale e il suono naturale: viaggiando tra cyber-spazio e fotogrammi del passato diminuisce le distanze che separano due mondi così diversi.
Poi c’è Lui, Herbie Hancock, che esordisce con una frase (“Technology is now, wisdom is the future…”) sublime sintesi di tutta la sua carriera. Lui che ha stravolto ogni logica interna al Jazz. Lui che ha contaminato persino la sua anima pur di sperimentare e sconvolgere. Lui che non è “un jazzista” ma che è “il jazz”.

Il suo coraggio da incredibile innovatore trova sul DVD il supporto ideale: Future2Future non è la semplice trasposizione di un prodotto “per hi-fi” su “schermo”. E ben di più. E’ concettualmente un passo in avanti. Vi permette (miei piccoli novelli George Lucas), grazie al multi-angolo, di scegliere per oltre 30 minuti sulla durata totale, l’angolazione che preferite vedere. Volete vedere le mani di Hancock scardinare il pianoforte in primo piano? Bene! Oppure preferite affiancare a questa immagine anche quella del basso di Matthew Garrison per notare la sincronia? Ok, detto-fatto. In poche parole è trionfo della percettibilità della musica di Hancock.

Ogni strumentista ha la propria scheda personale, con breve storia e richiamo veloce all’assolo contenuto nel concerto. Un godimento anche per quanto riguarda i contenuti speciali.

L’unico difetto che trovo è che la durata del concerto è di soli 104 minuti. L’eternità sarebbe stata più somigliante alla purezza di cui ho compiaciuto.

Mentre odo svanir l’ultimo soffio di musica, una guerra intestina si scatena in me: godere per l’eternità di quel piacere irripetibile e d’oro ricoprirlo nella memoria o ritrovare immediatamente la strada che porta allo stesso incanto, col rischio di cancellare il ricordo della purezza del primo assaggio o addirittura di perdersi prima d’averlo ritrovato? Oh, se potessi disporre solo di passione senza la ragione…

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