Svedesi in acido.

Sarà il famigerato Welfare State, l'orario di ufficio worker friendly (comune a tutto il Nord Europa, a dirla tutta), permessi di paternità lunghi mesi, la lunga notte invernale, o che altro, ma in Svezia, come in tutta la Scandinavia, chiunque ha una band, nel relativo ambito musicale, spacca il culo.

Non sto parlando di tempo libero che quarantenni con la panza passano in sala prove piuttosto che giocando a fare i Borg degli anni'00. No cazzo, qui si parla di gente giovane e meno giovane, che suona come se fosse l'unica ragione di vita, prende spunto dalla musica angloamericana (ma non solo, e ne da una versione personale (vogliamo parlare della scena punk r'n'r dei '90? Refused o Hellacopters anyone?).

Questi misconosciuti Hills non sono da meno, incuneandosi sicuri nella tradizione trance psichedelica tipicamente tedesca, condendola con influenze West Coast, ma tutto in maniera se non originale, di sicuro personale. 6 brani, mediamente sui 6 minuti (fossero in 6 sarebbero il gruppo satanista perfetto!), aperti da un monumentale excursus come “Rise Again”, dalla ritmica martellante e ciclica, dove la chitarra disegna ghirigori spaziali verso l'infinito. Spazio che si trasforma in interiore in momenti più meditativi come “Claras Vaggvisa”, con un che di Set The Controls dei Floyd, o nella conclusiva e salmodiante “Death Shall Come”, unico brano propriamente cantato del disco. Menzione d'onore per la titletrack, dall'incalzante fraseggio d'organo sostenuto da una chitarra space blues favolosa, e “Bring Me Sand” incredibile incrocio fra la liquidità chitarristica dei Grateful Dead e ritmica ipnotica fra Neu e Amon Duul.

La colonna sonora perfetta per il prossimo giro(ne) infernale all'Ikea, preferibilmente di domenica pomeriggio.

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