È la storia di una grande amicizia spezzata... prima ancora che di una collaborazione artistica prematuramente interrotta.

Robert Arthur (Bob) Mould e Grantzberg Vernon (Grant) Hart si conoscono a St. Paul, sobborgo di Minneapolis, grazie alla marijuana ed ai dischi che il secondo vende al primo. Il comune amore per i Ramones lega saldamente le giornate del giovane borghese proveniente da New York con quelle del proletario disastrato della cittadina del Minnesota. Greg Norton è (e per sempre sarà in questa storia) il collante che spinge i due a formare un gruppo ed a scrivere canzoni. Grant eredita la batteria dalla prematura scomparsa del fratello maggiore investito da una macchina guidata da un ubriaco. Il quartetto (in formazione c'era pure il tastierista Charlie Pine, licenziato prima della prima serata) scandaglia tutte le lingue straniere alla ricerca di un acronimo che sia il perfetto biglietto da visita... dopo aver scartato l'idea iniziale di Qu'est-ce Que C'est, preso da "Psycho Killer" dei Talkin Heads. Un famosissimo gioco da tavola in voga negli anni settanta in America viene loro in soccorso... Husker Du? (ti ricordi? in danese e svedese), a cui toglieranno il punto di domanda ed aggiungeranno le umlauts (per farlo risultare più "metallico") diventa il marchio di fabbrica della più grande band indie americana di sempre.

Otto anni, un esordio live, un EP e sei album.

La furia cieca dell'hardcore primigenio scolpito con il sangue ed il sudore nei solchi di quel sublime monolite inascoltabile che è "Land Speed Record" viene replicato in presa diretta in studio su "Everything Falls Apart" a testimonianza imperitura di come l'unità di intenti di Mould e Hart (novelli Lennon-McCartney e/o Jagger-Richards) sia quasi perfettamente fusa all'unisono. Con il mini "Metal Circus" l'ipertensione nervosa trova nell'ansia rumorista lo scoglio sul quale infrangersi... così da poter sublimare nel capolavoro assoluto "Zen Arcade", uno dei Dieci Comandamenti del Rock. È tempo di arrivi e (ri)partenze, "New Day Rising" e "Flip Your Wig" sono i due volumi in cui vengono impresse le regole auree dell'indie a venire, i libri di testo su cui studieranno tutte le migliori menti della musica sotterranea americana. Nel frattempo i problemi di distribuzione e royalties non pagate con la "piccola" SST ed un timido interessamento delle majors al fenomenale trio, spostano gli Huskers verso la Warner Brothers, la quale oltre alla sua infernale macchina industriale, garantisce a Grant e Bob completa libertà e totale controllo sul proprio lavoro... certo nemmeno "Candy Apple Grey" regala loro la notorietà, anche se poi come accadde per i Velvet Underground, chiunque abbia comprato un loro disco all'epoca avrebbe provato poi a formare una band. Siamo nel funesto 1987... "Warehouse Songs And Stories" è il loro doppio epitaffio artistico e denota, in maniera ancora più marcata rispetto al precedente, una splendida maturità artistica nel comporre, molte volte accusata di essere stanchezza o finanche mancanza di idee e perdita di ispirazione. I problemi di incomprensione tra Mould ed Hart sono accentuati all'inverosimile dalla pesante dipendenza di quest'ultimo dall'eroina e sono per loro stessa ammissione al centro dei problemi che portano al suicidio il loro manager David Savoy; mazzata finale che li porta allo scioglimento durante il tour promozionale di "Warehouse".

La magia è finita, per sempre.

Sette anni dopo la Warner Bros. ci regala questo live (Mould sostiene di non averlo mai ascoltato) che cattura 24 tracce prese da varie date del loro ultimo (interrotto e mai ripreso) tour, forse una delle tante bieche mosse commerciali ordite dai colletti bianchi delle industrie discografiche, ma che permette di ascoltare in tutto il suo splendore la musica che i tre riuscivano a sprigionare su un palco, anche per chi all'epoca era oggettivamente troppo piccolo e sprovveduto per poterli vedere. Certo è doloroso sentire la voragine di tensione che separava i due (ex)amici, ad esempio Grant che urla a Bob "It's Not Funny Anymore" il quale subito gli rimanda un "Hardly Getting Over It", o l'inconsapevole profezia di Mould che predice il futuro in "Friend, You've Got To Fall" e subito Hart che gli fa notare che la magia è volata via... "She Floated Away". Incredibilmente compatto e coeso, è un disco di cui non si può avere un giudizio, qualunque esso sia, "The Living End" va semplicemente vissuto, amato ed abbandonato; così, proprio come loro fecero in quella maledetta piega spazio-temporale di ventidue anni or sono... ricordando le parole del critico musicale David Fricke "C'è stato un tempo in cui Hüsker Dü furono la band più veloce del Pianeta Terra".

Dü You Believe In Magic...?

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