Il tarantismo, prima di essere considerato sotto l'aspetto musicale, va visto per quello che è sempre stato fin dall'antichità, cioè tradizione e folklore. Si pensava che, in periodi prestabiliti dell'anno (specialmente in estate), il morso del ragno detto "tarantola" (da qui il termine "taranta") provocasse nelle donne (ritenute più deboli e quindi più vulnerabili) una reazione isterica che provocava un ballo frenetico e indiavolato, con accessi di autolesionismo. Per salvare la vita della vittima (non era propriamente il morso ad essere mortale, quanto lo sfiancamento fisico per una danza che poteva anche durare giorni) si interpellavano preti, medici e soprattutto musicanti. Sembrava che il solo percuotere ritmicamente il tamburello, apparentemente "accompagnando" le sfuriate, avesse il taumaturgico dono di calmare le intemperanze (in approfondimento, vi consiglio gli studi sull'argomento dei proff Fumarola e De Martino). Da questo, conobbe straordinaria diffusione la musica "tarantata", che crebbe fino ad identificare in toto la zona che la taranta aveva eletto a sua residenza: il Salento.
I Calanti sono un gruppo folkloristico particolare, a partire dall'origine del nome. Ora, dovete sapere che nei paesini salentini si usa dare un soprannome non alle persone in particolare, quanto alle intere famiglie. Il suddetto soprannome può riferirsi a caratteristiche caratteriali, fisiche o attitudinali della persona, così come alle abitudini o a suoi modi di dire tipici. E ha una caratteristica: si appiccica alla famiglia anche nelle generazioni a venire. Il primo "Calante" fu Ucciu (Antonio) Colitti che ad Ugento (poco più di diecimila anime adagiato tra le dolci anse della costa ionica) curava le tarantate con la passione del tamburello, trasmessa a fratelli e cugini con i quali girava casa per casa a "guarire" le donne stregate dal morso. Passando gli anni, ha tramandato questa "arte" alle generazioni di Colitti a seguire, fino ad arrivare ai giorni nostri. Il testimone dei Colitti Calanti è passato a Daniele (leader), Cosimo (guest star il gemello Damiano), Simone, Mirco e la new entry Irene che hanno deciso di mettere la tradizione a disposizione di quanti, sempre più numerosi, si sono avvicinati con curiosità a questo genere. Insieme al chitarrista Alberto Carratta (classe 1986 e unico non Colitti) sono i Calanti, un gruppo di venticinquenni eterogeneo e numeroso (hanno anche 3 coppie di ballerini che si esibiscono nella tradizionale "pizzica", la danza del corteggiamento) che nel 2002 fanno uscire "Lu salentu", il loro primo lavoro discografico (autoprodotto). Le canzoni sono quelle della tradizione popolare, insieme a nuovi pezzi scritti da Daniele che vogliono soprattutto rimarcare le origini dei Calanti accostandole ad affreschi tipici della Ugento dei primi Novecento. A questo proposito cito la mia preferita "Scennu vinennu" (andando e tornando), che racconta la vita dei braccianti assoldati dal possidente chiamato "mmammineddhru" (bambinello). In "I Calanti ne chiamamu" (Ci chiamiamo Calanti), si spiega con dovizia di particolari l'origine della 'nciurita (soprannome), mentre in "'U tamburreddhru" (il tamburello) si canta l'amore per questo strumento semplice ma difficilissimo, ipnotico e guaritore, simbolo della tradizione. A completare il ten-tracks, canti popolari ugentini come "Zumpa Ninella" (Salta Ninella), allegra "serenata" dell'innamorato alla bella Ninella; "Mesciu Arenzu" e "Cent'anni sale", e ancora brani di nuova composizione come "Tarantella ballata" e la conclusiva "Lu Salentu".
Il sound della famiglia calante è quello della più pura tradizione: i cugini si alternano a tamburelli, tammorre (simile al tamburello ma senza i sonagli di ferro e con un suono più deciso), chitarre ritmiche e acustiche, fisarmonica incantando e facendo ballare quelli che affollano le loro esibizioni, autoprodotte pure quelle visto che Alberto è chitarrista e pure tecnico del suono. In effetti di spettacolo si tratta, vedendoli vestiti nei costumi tipici si ha la sensazione di un salto indietro di diversi decenni. La voce di Daniele non è sempre brillante, ma gli altri (e soprattutto la nuova arrivata Irene) lo supportano degnamente, esprimendo tutta la passione per la musica e le tradizioni di questa famiglia storicamente legata a tamburello e pizzica. Se non avete mai ascoltato una tarantata è difficile che io riesca a spiegarvela con due parole. Si potrebbe definire danza, rituale sociologico di liberazione, corteggiamento e seduzione, virtuosismo, ossessione, trance ipnotica. Tutto racchiuso nella tipica posizione delle mani che percuotono il tamburello a cui sono attaccate lunghe "zacarelle" colorate (strisce di tessuto come ex-voto a San Rocco), fino a farle sanguinare per il ritmo che sempre più forte scuote il corpo e incita a continuare ancora. I Calanti si esibiscono ormai praticamente ovunque, e nel 2002 sono arrivati secondi al Festival della Canzone Dialettale di Imperia, prendendo da lì il volo verso il Nord Italia e la Svizzera. Il loro secondo lavoro si intitola "Le origini" e continua ovviamente nel solco tracciato da questo "Lu Salentu". Nell'ultimo sono anche presenti canzoni simbolo come "Santu Paulu" (San Paolo di Galatina, protettore delle tarantate) e "Lu rusciu te lu mare" (Il rumore del mare), canto tradizionale che hanno eseguito praticamente tutti, compresi Gianna Nannini, Piero Pelù e Franco Battiato. I Calanti per un excursus nella tradizione bassosalentina, brillanti artisti di un paese che di fantasioso continua ad avere ben poco....da ascoltare davanti a un piatto fumante di ciciri e tria accompagnati da un buon rosso.
....e adesso prendetevela con Fusillo, questa rece è stata da lui espressamente richiestami.
Carico i commenti... con calma