In un frangente in cui molti gruppi storici sono ormai alla frutta e vivono di rendita grazie al repertorio dei tempi migliori è buona cosa ogni tanto andare a scandagliare nel "sottosuolo" alla ricerca di qualche piccola rivelazione, qualche piccola sorpresa che dia una boccata d'ossigeno ad un panorama spesso asfittico. E se, come detto prima, le vecchie glorie, salvo rari casi, sono ormai ridotte alla sterile riproposizione del proprio mito, a questo punto la cosa migliore da fare, se non l'unica, è quella di vedere come se la passano le  nuove leve.

In un gigantesco calderone come quello del metal, in cui si riesce a buttare dentro i Led Zeppelin come i Cannibal Corpse, le cose da diversi anni vanno avanti piuttosto maluccio, tra ricambi generazionali inesistenti, con vecchie cariatidi ormai sessantenni che, bene o male, tengono ancora il palco impedendo qualsiasi rinnovamento, e un pubblico che sembra davvero ben poco interessato a nomi più giovani e promettenti, arrivando a volte a situazioni paradossali in cui formazioni in giro anche da vent'anni vengono ancora considerate "rivelazioni" o "il nuovo che avanza". In un universo di brutte copie carbone, comunque, ogni tanto qualcosa di realmente valido esce comunque fuori, un gruppo che, casomai senza inventare nulla, riesce comunque a proporsi in modo fresco e originale, con un suono personale quanto basta per potersi distinguere dall'infinito esercito di cloni destinato all'anonimato. E' il caso dei marchigiani Compagni di Baal, recentemente giunti all'esordio sulla lunga distanza targato Jolly Roger, un album omonimo che ha avuto il merito di far riaccendere le luci su un genere, quello dell'hard/prog, spesso poco considerato o comunque confinato al bacino dei ristretti estimatori. E se l'album d'esordio ha stupito per la sapienza con cui in quartetto riesce a mescolare atmosfere cupe, Black Sabbath e il prog italiano più decadente (Metamorfosi, Balletto di Bronzo) con un certo gusto melodico tipico di alcune formazioni degli anni Ottanta (Diaframma, Litfiba), potrebbe essere interessante, almeno per gli appassionati, andare a ritroso per vedere come tutto sia cominciato, ovvero andando a riascoltare quella demo omonima che tanto aveva fatto parlare di sé due anni fa.

Se negli anni Ottanta e Novanta il "must" per le demo era la musicassetta con copertina fotocopiata, al giorno d'oggi si va di cd masterizzato e "copertina" a colori, ma il risultato cambia poco: artigianato rock'n'roll, pochi mezzi e tanta passione. Scaletta naturalmente risicata, cinque pezzi, che pone già le basi del successivo lavoro, naturalmente meglio sviluppato e più organico, ma che già mette in mostra un suono complesso e curato, con il gruppo saldamente guidato dalla chitarra di Daniele Carnali, tra reminescenze del miglior prog italico e hard/heavy d'oltremanica. Se "RIP", in questa sua prima incarnazione, già si presenta come un cavallo di battaglia, a chi ha poi ascoltato l'album non può non saltare all'orecchio l'assenza delle tastiere, solo in un secondo momento entrate nel suono del gruppo diventandone a tutti gli effetti un elemento imprescindibile. Anche "Il Dono", quella che sarebbe poi diventata "L'orrore che abita in me", si presenta in una versione già simile a quella definitiva, anche se, naturalmente, mancano le rifiniture del caso, come del resto con "Nell'oscurità". La vera sorpresa è forse "Ostile", che presenta la base di quella che sarebbe poi divenuta "Tra potere e libertà", ma con un testo completamente diverso. La conclusione è affidata a "The Knoll", pezzo abbastanza pesante nell'incidere e con testo in inglese, ma che evidentemente non deve aver convinto i propri autori, visto che se ne sono perse le tracce sia in studio che dal vivo.

Gli elementi che andranno a comporre il suono del gruppo, quindi, erano già tutti presenti in questo primo lavoro e, anche se di per sé i quattro, come già detto, non inventano niente di nuovo, va  almeno riconosciuto che il tutto è fatto con quel minimo di personalità da renderli accattivanti e degni di nota. La demo con ogni probabilità è ancora disponibile, in fin dei conti si trattava di un cd masterizzato che ai tempi veniva spedito direttamente a casa e vi consiglierei di farla vostra: oltre ad offire un concreto sostegno alla scena underground tricolore sarebbe un modo per supportare anche una bella e nascente realtà come quella dei Compagni di Baal. 

I Compagni di Baal: 
  • Diego Brocani, basso
  • Giorgio Pantaloni, batteria
  • Daniele Carnali, chitarre
  • Luca Finaurini, voce

"Demo": 
  1. RIP
  2. Nell'oscurità
  3. Il Dono
  4. Ostile
  5. The Knoll
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