Un evento storico, di proporzioni enormi vista la cronica carenza di eventi musicali di rilievo al sul e soprattutto nella sventurata terra calabrese. Sventurata perchè non possiede sempre il coraggio, il carisma, la forza di presentare artisti come Agghiastru: a 360°, completi, che rifiutano di assimilare passivamente formule trite e ritrite. Capaci di mostrare sperimentalismo feroce, violenza sonora che proviene da una chitarra distorta come da un lugubre pianoforte.

Basti pensare che nella prima parte del bellissimo concerto presenta i pezzi degli Inchiuvatu in versione pianistica, accompagnato da un'atmosfera che si richiama esplicitamente alla tradizione sicula. E mentre riesce a spiazzare e deliziare le orecchie delle decine (pochi, purtroppo) di ascoltatori attenti e calorosi, dobbiamo registrare la vergognosa "protesta" da parte di altri presunti fan del "True Raw Black Metal", simpaticamente derisi dallo stesso Agghiastru: "e adesso farò un pezzo di brutal svergination" (e tutti a ridere). Perchè è impensabile che esistano ancora persone "adulte" che ragionano come un ragazzino di 13 anni: "basta", "vattene", "vogliamo il black". Tant'è che senza scomporsi, forse per diplomazia, forse per convenienza, forse perchè va semplicemente meglio così, la seconda parte del concerto mostra l'altra faccia della medaglia.

Alla faccia di chi pensava non fosse possibile: Agghiastru prende la chitarra, e mostra l'inferno sulla terra. Circa un'ora e mezza di truce e velocissimo black metal che riscontra un grandissimo seguito da parte dei più "open minded", mentre sventuratamente i "protestanti" si ostinano a voltargli le spalle, a non pogare, a stare a distanza dal palco. Peccato, perchè avrebbero visto il carismatico leader della band suonare ritmiche con chitarra e piano contemporaneamente, con l'aggiunta di parti vocali pulite ed in growling.

Peccato che certa gente proprio non capisca, dato l'alto valore artistico della musica proposta: anche perchè gli Inchiuvatu sono siciliani, e se il cantato siculo puo' suonare atipico, è certamente una scelta più coerente di (citazione di Agghiastru) "certi napoletani che cantavano in norvegese". E dunque, all'ombra dell'albero del male generato dall'olivastro siculo (gentilissimo con i fan rimasti con lui fino alla chiusura del locale) possiamo finalmente goderci un concerto degno di questo nome, di cui abbiamo sempre più bisogno.

Speriamo, come al solito, che queste serate non restino delle oasi nel deserto…

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