“Questa non è una recensione”, bensì un pensiero o meglio, una riflessione.
Alla fine, dopo quasi un anno e mezzo, “Ira” arrivò.
E quando è arrivato lo ha fatto come un treno in corsa, centrandomi in testa senza neanche il pensiero di frenare.
Dai primi ascolti nel maggio del 2021 il risultato fu che se avesse fatto un disco singolo di 7/8 canzoni, sarebbe stato un capolavoro; addirittura, coglione che sono!, ho selezionato e depennato le canzoni che non gradivo, che trovavo noiose, come se si potesse togliere un pezzo della Gioconda o le parti in latino da “Il nome della rosa”.
Poi ci sono stati i soliti 6/7 mesi di decantazione, mettendo il disco in un angoletto senza ascoltarlo, aspettando che le impurità si fossero depositate sul fondo.
E poi l’ho ripreso d’estate, il momento meno adatto ad un lavoro come questo, ma di notte, da solo, con le cuffie e ho capito.
Ma quanto è difficile ammettere di aver capito?!
Questo non è solo un disco monumentale, è un’opera come non se ne sentivano da decenni, mi azzardo a dire uno dei più grandi dischi da “Com’è profondo il mare” in poi, un manifesto di come si può ascoltare un disco di quasi 2 ore e volerne ancora.
È dolce e spietato, notturno ma splendente di luce, è tutto e niente; ti prende alla gola e ti strizza, ti sminuzza, ti rapisce come se alla fine non te ne fregasse più di niente se non di riascoltarlo ancora e ancora e ancora.
È cantato in tante lingue e nessuna che sia l’italiano, una parola per ognuna a creare un idioma quasi alieno eppure totalmente comprensibile, che Paul Chain scansate proprio.
Un disco complicato che ovviamente ha bisogno di tempo, oggi che quasi nessuno ne ha o ha voglia di mettercene.
Una volta si diceva “per palati fini” ma sinceramente a me è sempre sembrata una stronzata, di sicuro richiede una certa preparazione ma tutto questo vale la pena per quando Lui arriverà e non si fermerà davanti a niente.
Mille strati di suono, di rumore, di voci che ti colpiscono a formare delle melodie meravigliose, etniche e allo stesso tempo di casa tua, un tutto sonoro all’inizio incomprensibile ma che mano a mano si viene delineando fino a diventare una colonna sonora imprescindibile.
Incani fissa un nuovo limite e adesso trovare qualcosa per cui emozionarsi a questi livelli sarà davvero dura.
Elenco e tracce
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Altre recensioni
Di BogusMan97
"IRA è un disco corale di un uomo che rinuncia in parte alla propria voce per abbracciare quella di una moltitudine che attraversa terre e mari."
"È un disco certamente politico... si pone nettamente di traverso rispetto al mondo che stiamo vivendo, tanto il nostro piccolo mondo musicale quanto il grande mondo dei capitali e delle frontiere."
Di Anatoly
IRA è un disco di frontiera, di paesaggi sconfinati e sconosciuti attraversati da una moltitudine le cui vite e voci si mischiano fino a smarrire i propri contorni.
Considero IRA come l’ideale colonna sonora di un film post apocalittico di Herzog. Come il viaggio da un mondo vecchio ad un mondo nuovo.