Gli anni 90 non si aprirono nel migliore dei modi per la band inglese. Dopo l'abbandono di Adrian Smith, rimpiazzato dal comunque ottimo Janick Gers, i Maiden pubblicarono quello che è da molti considerato come il primo passo falso della loro lunga carriera. "No Prayer for the Dying", infatti, a parte un paio di buoni pezzi risulta distante anni luce da quegli otto capolavori che negli anni 80 portarono la band ad essere inserite di diritto tra le stelle di prima grandezza del firmamento metal. Si sentiva quindi l'urgenza di un album che avrebbe riportato i cinque alle loro storiche altitudini qualitative e nel 1992 la band immise sul mercato "Fear of the Dark". Obiettivo centtrato? A dire il vero solo in parte. I pezzi inclusi nell'album infatti possono tarnquillamente essere suddivisi in tre gruppi, da mediocri ad eccelenti e nella tracklist troviamo affianco a pezzi memorabili e divenuti storia del metal altri evitabili che la band poteva tranquillamente evitare di pubblicare. Nel primo gruppo trovano spazio brani discutibili come "The Appariton" e "Fear is the Key". Se la prima risulta eccessivamente monotona priva com'è di ritornello o di qualsivoglia passaggio memorabile, la seconda si salva forse solo per un retrogusto melodico arabeggiante che la rende un poco interessante. Nel secondo insieme troviamo invece quei pezzi che, pur non non rappresentando pagine fondamentali dell' hard'n'heavy, risultano di sicuro ben scritti e godibili. Ne sono esempi la tiratissima opener "Be quick or be dead", il cui testo tratta degli scandali finanziari scoppiati in quegli anni oppure di "from here to eternety" un hard rock godereccio che chiude tra l'altro la trologia di Charlotte la prostituta. Altri pezzi piacevoli riusltano essere "The Fugitìve" isipirata al film con Harrison Ford, "Chains of misery", i cui cori sembrano essere stati presi in prestito da qualche band hair metal anni 80, oppure ancora brani come "Judas be my guide" o "Weekend Warriors" . Passiamo infine ai capolavori dell'abum, ovvero "Afraid to shoot stranger" e l'immortale "Fear of the dark".Si tratta di due pezzi nella loro struttura anche abbastanza simili con una lenta parte iniziale a cui segue un'accelerata centrale di grande impatto in cui le chitarre si scambiano le parti in assoli di indubbia qualità E se la prima non è purtroppo riuscita a superare la prova del tempo non riuscendo a diventare un classico della band, "Fear of the Dark" non solo è diventato uno dei pezzi più amati da parte dei fan della Vergine di Ferro, e pezzo onniprente in ogni loro concerto ma è anche uno dei brani più conosciuti di tutta la storia della musica metal. In definitiva questo può essere definito un album discreto, che oscilla tra luci ed ombre, da molti considerato come uno dei migliori della seconda parte della carrirera della band, che seppur distante dalla qualità mostrata negli anni 80 rialza di sicuro le quotazioni del gruppo dopo il precendente mediocre album. Sempre e comunque, UP THE IRONS!!!
Carico i commenti... con calma