Cantava qualcuno anni fa "Sono solo canzonette". Be' non è certo il caso di questo album. In questo album c'è davvero poco che possa definirsi in gergo proletario "Canzonetta" o semplicemente "ballata". Qui c'è metafisica, voglia di riflettere, ma anche la capacità unica di sprigionare energia attraverso stati d'animo e immagini ora soffusi e poi pronti ad esplodere. Ecco quello che non ti aspetti, che gli Iron Maiden a 50 anni suonati tirino fuori roba del genere. Certo non sarà stato facile l'impatto con questo "The final frontier" per i fondamentalisti del vecchio sound dei Maiden. Ma, superate le difficoltà iniziali, quelle che derivano dal leggere sulla copertina dell'album un nome tanto impegnativo, be' c'è un mondo da esplorare in questo disco.

I primi 4 minuti dell'intro della prima track lascia sbigottiti. Sembra di trovarsi di fronte ad una cagata dei Dream Theater. Poi l'intro solenne e quasi apocalittico muore e attacca dall'oltretomba la voce di uno smarrito Bruce Dickinson. Si potrebbe spegnere lo stereo dopo appena quaranta minuti e mandare a cagare tutto e tutti. Nulla di più sbagliato ragazzi. Quest'album è super, altro che'cazzate. Già se ne sono sentite abbastanza in questi giorni , sarebbe ora di mettere da parte la nostalgia e guardare al lavoro per ciò che è. Prendete "Mother of mercy" ad esempio e ditemi che non è un pezzo straordinario, da capogiro. Uno dei pezzi più belli della storia degli Iron Maiden, anche perchè insolito rispetto al loro tipico marchio. Poi c'è tanto altro in questo album che è da applausi: Coming Home, bellissima e nostalgica, come mai forse le Vergini lo erano mai stato. E che dire di "Starblind", pezzo di intensità unico e soprattutto di "The talisman", che parte come una epic ballata e all'improvviso tira fuori una rabbia che non ti aspetti. "El dorado" il singolo dell'album (scelta discutibile), è un pezzo che sprigiona energia, e pur non essendo un pezzo mitologico , be merita rispetto cazzo!! Assolutamente sopra le righe la splendida "When the wild wind blows" e "The alchemist" che ricorda un po i vecchi Maiden.

Nell'album ci sono almeno 4 o 5 pezzi splendidi e non una sola nota che risulti banale. Logico che il sound sia cambiato, logico che non si può recensire quest'album avendo nelle orecchie "Fear of the dark". Qui c'è altra roba, c'è più voglia di riflettere che di bastonare. Ma non per questo l'energia e la rabbia si sono affievolite. Io direi solo che il vecchio sound Maiden è morto e sepolto. E non c'è nulla di più grandioso che sterzare e fottersene andando avanti e tirando fuori roba come questa.

E smettetela di piagnucolare vecchi testoni che siamo nel 2010-

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