Il tempo, certe volte, è strano. Il cambiamento, molto spesso, è strano. Il cambiamento è un sintomo del tempo. E ti lascia estraniato.
Viaggi e intemperie è un disco che ascoltai quasi due anni fa, in una calda estate in un paese sperduto del Valdarno di sopra, tra un gelato e gli esami che avanzavano; ricordo mi piacque molto ma che nei successivi mesi lo abbandonai un po', forse per dedicarmi ad altri ascolti, forse per lo studio, forse senza motivo. Oggi stesso, 24 giugno dell'anno 2022, mi ritrovo a tirare fuori dal buco questo disco, scoprendo qualcosa di nuovo: quanto questo Viaggi e intemperie abbia un significato molto più profondo per me in questo momento che per me due anni fa. In due anni, tutto è cambiato. Due anni fa ero incollato ad una sedia a leggere pile di libri e appunti. Oggi, mi sto preparando per andare verso l'ignoto, chiamato anche Plovdiv, per tentare qualcosa di nuovo in un'altra parte del mondo. E appena comincia Firenze, mi rivedo in quella città che mi ha allevato e che mi ha reso quello che sono oggi e allo stesso tempo in quella Plovdiv che metterà un ulteriore miglioramento a quella che è la mia persona.
Il titolo dell'album forse è la cosa che però mi ha più colpito: Viaggi e intemperie, la possibiità di raggiungere una meta e tutte le sfide che ci sono nel mezzo. Di intemperie ne ho già avute, tra una burocrazia della società che mi manda laggiù in totale sfascio a documenti su documenti da firmare, corsi da seguire, lingue da studiare; ma credo ne valga la pena per poter compiere questo viaggio, per poter vedere se ne è valsa la pena sopportare tutto ciò che ti ha portato controcorrente. Può andare tutto a tarallucci e vino, non è improbabile, ma resta sempre qualcosa dietro ogni angolo che osserva, deduce, architetta e magari agisce: il fallimento. E l'album mi ha detto anche questo: puoi finire veramente male. Puoi essere derubato da una bella ragazza su un treno nonostante sia di una bellezza e misteriosità intrigante, puoi perdere la tua amata per colpa di un'entità esterna e più potente di te e puoi perdere la possibilità di una fuga in un paese del nord. Tutto è possibile, anche il peggio. Non ti da neanche una prospettiva ottimistica, per un semplice motivo: riprendersi non è obbligatorio. Puoi concederti a ciò che è accaduto e ossessionarti ricordando di quel momento senza mai superarlo, o puoi dimenticarlo e, semplicemente, andare avanti con la tua vita. E' una scelta.
Forse Ivan voleva dire qualcosa di diverso in questo disco, ma più ci penso più questa cosa implicita mi da conforto e sicurezza: il fallimento esiste e non vale la pena pensarci, è qualcosa che accade in maniera reazionaria o casuale ed è inutile soffermarsi su come si poteva evitare, perchè non puoi più farlo. Se fallissi quest'avventura nel corso di questi tre mesi, tornerei comunque con qualcosa di nuovo, perchè, nel bene o nel male, sono cambiato.
Il tempo non è strano. E' solo che si rinnova sempre. Il cambiamento avviene sempre con l'avanzare del tempo. Lascia estraniati, ma riflettendoci, è la cosa più banale e normale che può accadere.
P.S: 5 minuti fa mi hanno detto che lavorerò in radio. Finalmente de-recensisco a livello internazionale ;)
Elenco tracce testi e video
01 Firenze (canzone triste) (04:57)
Firenze lo sai, non è servita a cambiarla
la cosa che ha amato di più è stata l’aria
lei ha disegnato, ha riempito cartelle di sogni
ma gli occhi di marmo del Colosso Toscano
guardano troppo lontano.
Caro il mio Barbarossa, studente in filosofia
con il tuo italiano insicuro certe cose le sapevi dire.
Oh lo so, lo so, lo so, lo so bene, lo so
una donna da amare in due in comune fra te e me.
Ma di tempo ce n’è in questa città
fottuti di malinconia e di lei.
Per questo canto una canzone triste, triste, triste...
Triste come me.
E non c’è più nessuno che mi parli
ancora un po’ di lei, ancora un po’ di lei.
E non c’è più nessuno che mi parli
ancora un po’ di lei, ancora un po’ di lei.
Ricordo i suoi occhi, strano tipo di donna che era
quando gettò i suoi disegni con rabbia giù da Ponte Vecchio
"Io sono nata da una conchiglia" diceva
"La mia casa è il mare e con un fiume no,
non la posso cambiare".
Caro il mio Barbarossa, compagno di un’avventura
certo che se lei se n’è andata no, non è colpa mia.
Oh lo so, lo so, lo so, la tua vita non cambierà
ritornerai in Irlanda con la tua laurea in filosofia
ma io che farò in questa città?
Fottuto di malinconia e di lei.
Per questo canto una canzone triste, triste, triste...
Triste come me.
E non c’è più nessuno che mi parli ancora un po’ di lei,
ancora un po’ di lei.
E non c’è più nessuno che mi parli ancora un po’ di lei,
ancora un po’ di lei
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Di Viva Lì
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