Lasciando per un attimo in sospeso il capitolo dedicato alla British Invasion, soffermiamoci questa volta su uno dei filoni musicali fondamentali della musica Rock di metà anni Sessanta negli Stati Uniti: parallelamente allo sviluppo del folk/rock di Bob Dylan e soci e al proliferare del cosiddetto “Blues Revival” di Chicago e dintorni, in quella ricca terra di colori e suoni Rock quale la California si formano due dei gruppi che ben presto diveranno “assi portanti” della nascente Psichedelia: i The Doors del “Re Lucertola” Jim Morrison e, soprattutto, i celeberrimi Jefferson Airplane del vocalist Marty Balin, del chitarrista ritmico e voce Paul Kantner, del chitarrista solista Jorma Kaukonen , del bassista (nonché illustre collaboratore per l’album Electric Ladyland di Jimi Hendrix, altro maestro del genere, del 1968 nel pezzo Voodoo Chile) Jack Casady e del batterista Spencer Dryden.

Dopo un incerto esordio, la line-up della band s’imprezioscisce notevolmente grazie all’avvento della bellissima quanto stellare Grace Slick (tra l’altro, migliore amica della compianta Janis Joplin), considerata a tutti gli effetti la prima “frontwoman” in assoluto della storia del Rock e che porterà un contributo pressoché decisivo per la piena riuscita del loro primo album ufficiale di successo intitolato Surrealistic Pillow, registrato nel dicembre 1966 e pubblicato nel febbraio 1967.


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In esso, la forma psichedelica fatta di pezzi della durata di norma non superiore ai 2 minuti e 30 secondi (o, in taluni casi, ai 3 minuti) trova la sua maggiore realizzazione, specie a partire dalla prima canzone She Has Funny Cars di cui si ricorda, soprattutto, l’andamento scanzonato e l’assolo finale di Kaukonen già in bella vista. Altro successo pressoché unanime è senza dubbio Somebody To Love (“coverizzato” di recente anche da diversi artisti contemporanei, ad esempio, dalla cantautrice scozzese KT Tundstall che ne fornisce una versione godibilissima in chiave addirittura caraibica, a mio avviso), scritta dal cognato di Grace Slick, tale Darby Slick, e cantata dalla stessa Grace che rappresenta il vero e proprio inno del gruppo con un doppio assolo del solito Kaukonen, l’uno posto a metà del pezzo e l’altro verso la fine, che ne rappresenta l’ideale ciliegina sulla torta. My Best Friend e Today, altre due godibilissime canzoni, vedono il contributo altrettanto prezioso del futuro leader dei Grateful Dead, altro importantissimo ensable psichedelico della scena californiana di fine anni Sessanta, Jerry Garcia con la sua chitarra distorta in primo piano.

Segue la dolcissima Comin’ Back To Me, dominata dalle soavi vocalità di Balin e da set di chitarre acustiche ed addirittura di una sorta di flauto in sottofondo che permettono alla canzone medesima di stagliarsi su ambienti che ricordano tanto da vicino il mare e le spiagge incontaminate della California stessa, ad esempio.D.C.B.A.-25 è un altro brano interessante della durata di 2 minuti e 37 minuti (probabilmente uno dei brani ispiratori di alcuni dei gruppi più in voga nel Rock statunitense a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, soprattutto i celeberrimi R.E.M., di cui è avvertibile, a mio avviso, qualche influenza) caratterizzato dal solito assolo a metà canzone di Kaukonen. How Do You Feel, che ha come incipit un suono simile a quello di flauto (come anche nella già citata Comin’ Back To Me) per struttura e sonorità sembra provenire dal repertorio dei The Beatles.

Embyronic Journey, invece, è uno stupendo brano strumentale partorito sempre dalla mente estremamamente vulcanica di Kaukonen che grazie alla sua chitarra acustica qui suonata magistralmente lancia la canzone su scenari di stampo prettamente folk per una durata di uno minuto e 50 secondi. L’altro capolavoro della band è, in realtà, White Rabbit che è scenza dubbio una ripresa (ed un aggiornamento) dell’omonima favola di Lewis Carroll, a partire da alcuni versi della canzone che recitano per la precisione: “Una pillola ti espande e l’altra ti rimpicciolisce [...] / Chiedilo ad Alice, credo che lei lo sappia. Quando logica e proporzione. [...] / E La Regina Rossa ha perduto la testa / Ricorda cosa disse il ghiro: “Nutri la mente!”. La conclusione è affidata a Plastic Fantastic Lover, in cui la solita inappuntabile “lead guitar” di Kaukonen fa da sfondo a una canzone altrettanto veloce, ma come sempre ben costruita.


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La prima vera prova discografica del gruppo può dirsi, dunque, superata a pieni voti ed il passo successivo, avvenuto subito dopo l’insuccesso di After Bathing At Baxter’s, sarà quel Crown Of Creation del 1968 che, come suggerisce il titolo stesso, rappresenterà di fatto il definitivo decollo dell’ “aeroplano di Jefferson” verso i cieli sempre più tersi dell’psichedelia e, soprattutto, della controcultura giovanile americana fino all’album Volunteers del 1969, scritto sulla scia del clamoroso successo del Festival di Woodstock (di cui il gruppo, assieme a Hendrix, i The Who ed i nascenti Santana, ne furono gli assoluti protagonisti) che ne testimonierà l’inesorabile crollo.

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