Nei tempi in cui la playstation avrebbe potuto far danni al massimo in un mediocre romanzo di fantascienza e il principe dei giochi erano ancora le indistruttibili e colorate costruzioni Lego, c'era sempre qualche nostro fantasioso amico che riusciva puntualmente a stupirti e farti arrabbiare allo stesso tempo. Con i tuoi stessi mattoncini, con i quali tu ti scervellavi per costruire la solita auto o al massimo una modesta casetta, lui, novello Gaudì, riusciva a far venir fuori una cattedrale o un'astronave più credibile dell'Enterprise del capitano Kirk.

Più ascolto il suo ultimo album, "Night Falls Over Kortedala", e più mi convinco che il giovane cantautore svedese Jens Lekman deve aver fatto parte di quella categoria di bambini prodigio. Infatti, con gli stessi "materiali", sicuramente numerosi ma limitati, che molti altri adoperano per confezionare pop songs, egli è capace di comporre brani innovativi, "originali", che suscitano sorpresa e, almeno nel mio caso, incondizionata ammirazione. Certo, la filigrana è ben visibile, è possibile, come in una poesia foscoliana, risalire a tutti i modelli ispiratori. Ma l'amalgama è quasi sempre perfetto e le cuciture tanto ben nascoste da farti credere di essere davanti ad un morbido, caldo, unico tessuto. Un'attitudine questa che lo avvicina non poco ad un altro inimitabile moderno alchimista: Beck.

La sequenza dei dieci brani che compongono "Night Falls..." esalta non solo questa sua capacità di servirsi in modo geniale dei migliori pattern del pop più sofisticato ed artistico, da Brian Wilson a Bacharach da Scott Walker a Morrissey, ma anche di saperli ibridare con strutture melodiche più semplici, immediate e popolari. Eppure, nella varietà dei suoni, delle suggestioni, delle invenzioni, un'offerta di leccornie come si possono ammirare solo nella vetrina di una rinomata pasticceria, c'è un filo rosso che lega tutto: un'ingenuità di fondo, uno sguardo quasi adolescenziale sulla vita, con i suoi intensi e improvvisi entusiasmi indissolubilmente intrecciati a profonde, durature e mal dissimulate malinconie. Il primo intenso brano, "And I Remember Every Kiss", è di chiara ascendenza walkeriana, non l'ultimo Scott più cupo, ma quello di "Rosemary" per intenderci, con un arrangiamento orchestrale davvero ben calibrato, che riesce a toccare le corde giuste. Con "Sipping On the Sweet Nectar" siamo invece dalle parti di un'improbabile quanto deliziosa disco-music, che ricorda un po' Van McCoy e un po' le madeleine sfornate dall'ottimo Josh Rouse nell'amarcord di "1972". C'è anche una dichiarazione d'affetto per la sorella, "The Opposite of Hallelujah", una song leggera e fiorita, come un vestitino anni '60, con bucolici violini e cori a rendere ancor meglio l'incanto.

"A Postcard to Nina" evoca immagini di incantati tropici, di sogni in multicolor, un malinconico calypso che si alterna ad una specie di rap(!). Ma dove il genio di Jens appare più evidente è in brani come "Into Eternity", una sorta di meraviglioso patchwork che tiene insieme in modo naturale e sorprendente, la tenue melodia di una specie di zufolo, delle ritmiche che sembrano prese in prestito da un vecchio Bontempi e il suono di una fisarmonica che, poco alla volta, trasforma il brano da pop-contry-western in una versione riveduta e corretta de "La Colegiala". Ma non sono necessari sempre tali talentuose complicazioni per imporre il suo valore: "You Arms Around Me" è semplicemente una magnifica canzone, con la sua calda voce protagonista.

Ancora una volta dal freddo nord giungono a noi luce e calore, una mite corrente che ha come centro generatore non il Golfo del Messico, ma un quartiere di Goteborg, Kortedala, natio borgo selvaggio del nostro caro Jens Lekman.

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