Il caso Joe Meek (chi è Joe Meek e perché è così importante parlare di lui?)

Tassello 1: Humpherey Lyttelton.

Non ci si dovrebbe distrarre quando si ha un disco nuovo in uscita. Ma Humphrey era tranquillo, lui era un jazzista di buona fama e la Parlophone aveva affidato la produzione dei quattro pezzi di quell’EP a Denis Preston, uno in gamba, un innovatore per molti versi, ma solido e riconosciuto. Così Preston si era portato i nastri agli studi della IBC (i più avanzati dell’epoca, in Inghilterra) e tutto filava liscio.

L’unico neo era stato che, al momento di incidere la quarta – ed ultima – take dell’EP, il sassofonista s’era involato per altri, fantomatici, impegni. Ma il buon Humpherey non si era perso d’animo ed aveva improvvisato, lì per lì, un motivetto alla tromba accompagnato da basso, batteria e pianoforte. Lo aveva intitolato “Bad Penny Blues” e, affidata la registrazione a Preston, se ne era andato. Preston – come abbiamo detto - fa il suo lavoro, lascia i nastri agli studi e se ne va anche lui.

Il problema è che il tizio che deve confezionare il tutto è un giovanotto strano: ciuffo impomatato, mento prominente e perenni occhiali scuri. E’ davvero strano – come vedremo – il nostro Joe Meek.

Ed ha idee strane.

Allora, il buon Joe decide di fare di testa sua: alza il volume della batteria in un modo che non era mai stato fatto prima. Poi, dato che gli piace quel riff di pianoforte, lo piazza, bel bello, in primo piano e, per finire, lascia la tromba del leader in sottofondo. Quasi nascosta.

Una roba mai sentita prima.

Infatti, quando Humphrey lo sente si incazza, ma ancora di più si incazza Allen Stagg, il potente capo di Joe.

Ma è troppo tardi: “Bad Penny Blues” è già stata pubblicata.

Ma la cosa pazzesca è che è anche volata in cima alle charts. E’ il primo pezzo jazz britannico ad essere mai entrato nella top 20. Consegnando Humphrey alla storia. (E quel riff di pianoforte ai Beatles per “Lady Madonna”).

E’ il 1956 e Joe ha appena inventato l’acid jazz.

Si, ma a Stagg quel tizio non piace: è strano e fa cose strane. Tipo agitare sassi in una scatola per imitare la marcia dei soldati e poi mettere certi strani effetti finali in dissolvenza su “Lay Down Your Arms” di Anne Shelton, (altro n.1 UK verso fine 1956), e tutto quell’eco e quel riverbero che amava usare, quei microfoni che si incaponiva a piazzare attaccati agli strumenti, ed un mucchio di altre stranezze che il povero Stagg non aveva mai visto prima.

Quel Joe Meek se ne deve andare.

Tassello 2: 304 Holloway Road.

E Joe se ne va.

Perché Joe non è un tipo facile, ha un brutto carattere. Anzi è proprio fuori di testa.

Ed ha dei segreti. Segreti inconfessabili.

Così, il nostro Joe, affitta un appartamento di tre piani ad Holloway Road a Islington e, qui, fonda la RGM Sound (da Robert George Meek, il suo vero nome)

E’ il 1960 e Joe ha appena inventato la musica Indie.

E da Joe, lì ad Holloway Road, arriva un sacco di gente.

Ragazzotti come Jimmy Page, un giovanissimo Ritchie Blackmore, Ray Davies, Alvin Lee, Steve Howe, Gene Vincent, un ragazzino di 17 anni che si chiama Rod Stewart, i futuri Status Quo, Tom Jones, un gruppetto di ragazzotti che si fanno chiamare Kon-Rads (il loro cantante è un certo David Robert Jones. Uno che qualche anno dopo cadrà sulla terra con dei ragni venuti da Marte), un sedicenne di nome Mark Feld che, poi, si farà chiamare Marc Bolan. Ed altri

Tanti altri.

Ma lui la maggior parte li caccia via o li tratta in malo modo (memorabile la sua antipatia per Tom Jones). Leggenda vuole che avesse rifiutato di produrre i nastri di certi nuovi gruppuscoli che si erano rivolti a lui: certi Beatles e, pare, anche certi Rolling Stones.

Lui aveva occhi solo per i “suoi” Tornados e per quel fusto del loro bassista, Heinz Burt. Il biondino.

In fondo Joe di musica non ci capiva un cazzo. E non sapeva suonare neanche uno strumento.

Ma i musicisti accorrono perché quel posto è una specie di Disneyland della musica: strani marchingegni, microfoni in giro per le stanze, musicisti piazzati per le scale, nel bagno, in cucina e Joe: Joe che orchestra il tutto e “suona” i suoi nastri ed i suoi marchingegni in tempo reale, insieme agli altri come se fossero strumenti musicali.

Sono strumenti musicali.

Joe ha inventato la figura del produttore discografico. Joe ha compreso che lo studio di registrazione può essere parte del processo creativo ed un luogo delle meraviglie ben prima (e meglio) di Phil Spector, di George Martin, di Brian Wilson e di tutti gli altri che vi vengono in mente.

Solo che lo sanno in pochi.

Tassello 3: “I Hear A New World”

Joe non sa suonare, ma ha la testa piena di musica.

E piena anche di altre cose. Per esempio, gli alieni.

Joe sapeva dell’esistenza degli alieni. Lo sapeva da quando era stato tecnico di radar per la Royal Air Force.

Li aveva sentiti.

Quindi aveva deciso di far ascoltare anche agli altri quello che aveva sentito: inciderà un disco di musiche che descrivono quei mondi e quelle vite aliene.

E’ il 1959 e Joe ha appena inventato il concept-album.

Ma lui non sa suonare. Allora chiama un certo Rod Freeman, leader dei Blue Men, un gruppo che suonava musica skiffle, e gli dà dei nastri: in pratica melodie “miagolate” a riprodurre vocalmente i suoni che aveva in mente, Freeman e i componenti della sua band si arrabbattano a dar forma a quei suoni così assurdi.

E poi, su quelle note, arriva lui e si sbizzarrisce: tira fuori un campionario straordinario di suoni presi dal quotidiano, come acqua corrente, bolle create con cannucce, bottiglie di latte colpite con cucchiai, denti di un pettine fatti scivolare sul bordo di un posacenere, circuiti elettrici mandati in corto, giocattoli a molla, sciacquoni di water, randelli di acciaio sbattuti tra loro, respiri pesanti vicino al microfono, posateria sferragliata, interferenze radio. E trucchi del mestiere, come riverbero, eco, manipolazione dei nastri (al contrario, in loop, accelerati, rallentati). E registra tutto in stereofonia: è una delle prime volte.

Altri incideranno assoli di frullatore e martelli pneumatici, ma nessuno userà il rumore come Joe.

Che roba è? Immaginatevi i Residents che suonano skiffle, o meglio: immaginatevi che sotto le maschere da bulbi oculari in frac ci siano Carl Stalling, Dick Dale e Syd Barrett.

Oppure immaginatevi la colonna sonora di “Plan 9 from outer space” suonata da Renaldo and The Loaf.

E’ musica dello Spazio, dello Spazio interiore. Assurde filastrocche, marcette da cartoon, vocine accelerate, pianole scordate. Una puntata dei “Jetsons”.

I “corrieri cosmici” prima – molto prima – del krautrock.

E’ il 1960 e Joe ha appena inventato la psychedelia.

Nessuno si sognerebbe di pubblicare della roba così oggi, figurarsi nel 1960! Infatti Joe ne fa uscire solo quattro pezzi in forma di EP, intitolato “I Hear A New World part.1”, per la Triumph Records che lui aveva fondato qualche anno prima con William Barrington-Coupe. Poi la Triumph va a puttane, ma non fa niente: adesso c’è la RGM! Ora Joe è libero di pubblicare quello che gli pare….

Infatti il disco non verrà pubblicato. Si dovrà aspettare il 1991, grazie alla RPM ed alla moda delle “Incredible Strange Musics”. Poi verrà più volte ristampato.

Dopo, se volete, procuratevi le varie raccolte dedicate nostro Joe, come “Portrait Of A Genius”, oppure “It's Hard To Believe It: The Amazing World Of Joe Meek” (per citare alcune delle migliori). Ma il primo disco da avere per conoscerlo è “I Heard A New World”.

Tassello 4: Johnny, non mi dimenticare.

Ma la RGM è una cosa seria: lui è lì per produrre hits, mica per giocare al genio folle!

E le hits arrivano: “Angela Jones” di Michael Cox, “Have I the Right?” degli Honeycombs , “Tribute to Buddy Holly” di Mike Berry.

Però la canzone giusta la scrive il suo amico Geoff Goddard: è “Johnny Remember me”, ed è una murder ballad. La storia di un certo Johnny e della sua fidanzata morta suicida che lo chiama nel buio per non farsi dimenticare.

Geoff trova anche il tizio giusto per cantarla. E’ John Leyton, cantante e attore abbastanza conosciuto. Poi si prendono gli Outlaws come sessionmen e un giovanissimo Charles Blackwell per l’arrangiamento.

Joe piazza Leyton in una stanza con uno schermo dietro, la sezione ritmica lì vicino. I violini sulle scale, le cantanti di supporto finiscono dalle parti del bagno e gli ottoni al piano di sotto. E lui, Joe, alla porta accanto, che “suona” le sue macchine come un qualsiasi altro strumento musicale.

Quello che ne viene fuori è un groviglio di suoni inestricabile, in cui non si capisce chi o cosa venga suonato. Vent’anni dopo un certo Brian Eno farà la stessa cosa coi Roxy Music. (Avete presente?)

Ma il colpo di genio è prendere Lissa Gray, che fa la voce della fidanzata suicida e chiuderla in bagno per usare il riverbero del water! Ne viene fuori un’indimenticabile voce dell’oltretomba.

Solo Joe poteva creare quella voce, perché Joe lo sapeva che voce avevano i morti. Lui li aveva sentiti e li sentiva ancora (come ascoltava le voci degli alieni). Di notte andava nei cimiteri a registrare le voci dei defunti ed a parlare con loro.

O con i gatti.

Perché gli spiriti, alle volte, parlano attraverso i gatti.

Spesso parlava con lo spirito di Buddy Holly. Ma di questo parleremo dopo.

A proposito: “Johnny Remember Me” – naturalmente - schizza al n.1 delle charts, nonostante il boicottaggio della BBC.

Tassello 5: L’ingegner Giovanni e famiglia e la signora Tatcher.

Il telespettatore medio che, nella primavera del 1973, avesse aspettato la fine di "Carosello" avrebbe potuto assistere ad un siparietto intitolato "Le cifre parlano", in cui la RAI mostrava un rapido riepilogo dei successi ottenuti in fatto di produzione, ascolti e indici di gradimento, nel corso dell'anno precedente.

Il sottofondo musicale che accompagnava il programma era accreditato ad un certo “Ingegner Giovanni e famiglia”. Ma, in realtà, quella musica era un arrangiamento di “Telstar”, di Joe Meek e dei “suoi” Tornados. E quell’ingegner Giovanni era Piero Umiliani.

Meek era arrivata persino da “mamma” Rai. E quel pezzo non era un pezzo qualunque: fu il più grande successo di Meek ed uno dei singles più venduti della storia.

“Telstar” aveva proprio fatto il botto: n.1 negli USA! Il primo singolo inglese della storia ad arrivare al n.1 negli States.

La “British Invasion” prima della “British Invasion. Prima dei Beatles da Ed Sullivan, prima dei Rolling Stones.

La rifaranno in tanti, “Telstar”, mica solo Piero Umiliani. In Italia, per esempio, Caterina Valente, ci schiaffa un testo sopra (telestar digli che son qui e che aspetto solo lui….) e lo pubblica con un tremendo arrangiamento orchestrale.

Ad alimentare il mito, vi era, poi, l’enigma su come sia stato realizzato il suono che apre e chiude il pezzo, tanto che lo stesso Meek si divertiva a sfidare conoscenti nel risolvere il mistero.

Persino la signora Tatcher, anni dopo, in un’intervista, dirà che “Telstar” è sempre stata una delle sue canzoni preferite.

Un successo enorme, che durerà ben più del satellite per telecomunicazioni che aveva ispirato a Joe quel motivetto che lui aveva canticchiato al “suo” Heinz.

Tutto bene? No: “Telstar” è l’inizio della fine.

Tassello 6: Le Marche d’Austerlitz.

Il satellite Telstar si perse, dopo neanche un anno dal suo lancio, tra le fasce di Van Allen.

Joe, invece, si perde nei tribunali. Perché un certo Jean Ledrut gli fa causa per plagio: sostiene che “Telstar” sia copiata dalla sua “Marche D’Austerlitz” composta per la colonna sonora del film “Austerlitz” del ’60.

Morale: Joe non vede un soldo delle royalties che vengono bloccate dal tribunale finché non sarà portata a termine la causa.

Joe comincia ad andare fuori di testa. Ma quella sarà solo la prima botta.

Le cose cominciano davvero ad andare male.

Tassello 7: Bernard Oliver, Violet Shenton e Patrick “Pink”.

Bernard Oliver aveva solo 17 anni quando il suo corpo venne ritrovato fatto a pezzi e chiuso in due valige.

Bernard era gay e agli investigatori sembrava naturale che anche il suo assassino lo fosse.

Ora, puoi parlare con gli alieni e coi gatti, girare per i cimiteri per registrare le voci dei defunti e passare il tuo tempo a discutere col fantasma di Buddy Holly ma, nell’Inghilterra del 1967, non puoi – proprio non puoi – essere gay.

Nel 1967, in Inghilterra, essere gay è un reato.

Joe aveva provato a nascondere la sua natura ma, ben presto, lo avevano beccato: “atti osceni”. Era segnato. Era schedato

E aveva conosciuto Bernard. Così viene coinvolto nelle indagini e va, definitivamente, fuori di testa.

Si convince di essere spiato, la sua casa è piena di microfoni nascosti. Le case discografiche gli rubano le idee. Quel Phil Spector gli ruba le idee. Il “Wall of Sound”! Ma joe ha inventato il “Tone Deaf”! La polizia lo spia, lo vogliono incastrare e quella Violet Shannon (la sua padrona di casa) è una spia dei poliziotti.

Joe si chiude in casa, ma in casa non è al sicuro. La sua paranoia esplode e le anfetamine non aiutano a migliorare la situazione.

Eppure riesce a piazzare ancore dei colpi di genio: “Have I right” degli Honeycombs va ancora al n.1 nel ‘64, e poi “I Lost My Heart At The Fairground”, “The Spy”, “Order Of The Keys”, “Powercut”, “Merry Go Round”, “Go On Then”. Tutti pezzi, a loro modo, memorabili. Ma, ormai, il produttore del futuro è quel maledetto Phil Spector.

Ma Joe ha ancora il tempo piazzare un’altra primogenitura.

I Tornados (i suoi Tornados) si riformano e, con Joe, incidono “You Come Here Often?”. Apparentemente un innocuo motivetto lounge. Invece, ad un certo punto, la musica si abbassa e si ascolta un dialogo, banale ma allusivo, chiaramente allusivo: è il primo pezzo apertamente gay pubblicato da una major (la Columbia) della storia.

Ma la Musica non lo salva.

Tutta la sua vita sembra indicare una sola direzione: da sua madre che lo vestiva come una bambina (ma sarà poi vero?), al padre traumatizzato dalla guerra, dai primi nastri manipolati già da bambino a “Secret Love” di Doris Day cantata da sua cognata (la sua prima incisione”), dalla RAF alla IBC e poi lì ad Holloway Road dove aveva “ascoltato un mondo nuovo”.

E’ il 3 febbraio 1967. Patrick Pink (in realtà Robbie Duke, il suo nuovo assistente e – forse – amante, visto che Heinz era andato via, ripreso da sua moglie. Joe aveva deciso che si dovesse chiamare Patrick Pink e così era stato) lo sa che è un giorno particolare: l’anniversario della morte di Buddy Holly. Joe ha cominciato presto con le anfetamine, perciò quando Violet viene a chiedere i soldi dell’affitto, Patrick si preoccupa. Ha ragione: Joe si incazza, comincia ad urlare, nonostante i modi pacati e gentili di Violet. Poi prende il fucile.

Il fucile che gli aveva lasciato Heinz.

E tutta quella Musica schizza via dalla sua testa e si va a spargere sulle mura di casa e sul cadavere della povera Violet.

Epilogo:

Tre settimane dopo, la corte stabilì che i diritti d’autore per “Telstar” appartenevano a Joe Meek.

Il 21 luglio 1967 il parlamento britannico approvò il cosiddetto “Sexual Offences Act 1967”, la legge che depenalizzò definitivamente l’omosessualità in Inghilterra.

L’assassino di Bernard Oliver non è mai stato trovato

Da qualche parte ci devono stare i cosiddetti “Tea Chest Tapes”, le oltre 4000 ore di registrazioni trovate nel suo appartamento dopo la sua morte, contenenti tra l’altro pezzi di giovanissimi David Bowie, Jimmy Page, Ritchie Blackmore e Screaming Lord Sutch. Qualcuno le pubblicherà?

Nel 2009 è stato istituito uno speciale award dedicato all’innovazione nella produzione discografica che porta il suo nome (The Joe Meek Award for Innovation in Production), vinto nel 2009 da Brian Eno e nel 2010 da Chris Blackwell.

Nel 2014 viene nominato da NME “il più grande produttore di tutti i tempi”.

Troppo tardi.

Violet è sepolta da qualche parte ad Islington. Era una brava persona. Amava le piante. E’ morta lo stesso giorno di Buddy Holly.

Ma lei, quel Buddy Holly, lo aveva a malapena sentito nominare.

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