John Fahey è tra i più importanti, eccentrici ed eclettici suonatori della sei corde acustica. Un monumento americano.
La sua strabordante carriera, iniziata nei primi anni ’60, lo ha visto percorrere un viaggio a ritroso nella storia della musica americana, in una continua ricerca delle vere radici di in America che non esiste più: blues del delta, country e folk tradizionale, ma anche musica dei nativi indiani, tutti generi rielaborati e riproposti con somma maestria e tecnica innovativa.
Il suo finger-picking, la sua slide-guitar, hanno svezzato più generazioni di chitarristi in tutto il mondo e la sua musica è stata d’ispirazione per molti, non ultimi gli adepti della scena “nu-weird-folk” che lo vedono come un icona da preservare e venerare. “The Transfiguration of Blind Joe Death” (pseudonimo più volte usato da Fahey) vede all’opera un acerbo John Fahey, tant’è che l’album è uno dei suoi primi lavori, ma si sentono già tutte le prerogative e le peculiarità del suo approccio alla musica: armonie e melodie agrodolci, che catturano, cullano e consolano l’animo in un perenne intrecciarsi di emozioni.
“The Transfiguration of Blind Joe” è un disco imprescindibile e fondamentale per chi ama le sonorità acustiche, è uno di quei dischi senza tempo, ovviamente debitore ai grandi del blues tradizionale come Blind Willie Johnson, Robert, Charley Patton, Skip James o Robert Johnson, ma che è completamente sdoganato da qualsiasi riferimento temporale. Il disco dimostra tutta la sua versatilità e capacità di spaziare: in una sorta di altalena emozionale, si va da momenti di grande vivacità e spensieratezza progressive folk (come l’incalzante “Orinda-Moraga” o ”I Am The Resurection”), ad altri più cupi e riflessivi (come la struggente “On The Sunny Side of The Ocean”), e ancora ad altri tristi e malinconici più spiccatamente blues (come “Poor Boy” dove la slide la fa da padrone o “Come Back Baby”), il tutto con a un grande senso di compattezza e organicità dell’album, che lo rendono assimilabile ad un vero e proprio concept-album.
Cos’altro dire… un album imperdibile, di un artista fondamentalmente essenziale nella storia della musica americana.
Carico i commenti... con calma