Era da qualche settimana che avevo "in canna” la recensione de Il Vangelo Secondo Gesù Cristo, ma sono dell’idea che quando non si riesca a vomitare in una manciata di minuti nulla di decente, allora sia meglio passare ad altro. Non mi sono spostato poi di molto. Se infatti la sopracitata opera era una personale rivisitazione del Nuovo Testamento, il libro del quale vi voglio parlare oggi, “Caino”, si concentra invece sul Vecchio.

Saramago, con la solita bravura, rivolta come un calzino la figura del signore, di dio, mettendola al confronto con quella del fratricida Caino. Costui viene condannato a vagare per l‘eternità e sarà proprio il perpetuo errare, in presenti temporali diversi, a far vivere al protagonista del romanzo, talvolta in prima persona ed in altri casi come mero spettatore, avvenimenti storici dell'Antico Testamento. Un confronto quantomeno azzardato quello tra questo ingobile omicida ed il grande creatore: una chimica sottiletta Kraft al cospetto di un magnifico puzzone francese. Eppure questi episodi biblici, che Caino descriverà con acume e dovizia, saranno capaci di mettere a nudo la reale natura di dio, ridimensionato quasi ad adolescente ribelle incapace di resistere alla tentazione di divertirsi con l’umanità. Un signore, al pari di un ragazzino intento a giocare con un insetto prima di fargli patire le più crudeli e gratuite sofferenze (la distruzione di Sodoma, la costruzione della Torre di Babele, i massacri dell‘esercito di Giosuè, le pene inflitte a Giobbe ecc …) con un solo e rapido movimento delle dita. Utilizzando la base storica, poi rivisitata, dell'Antico Testamento Saramago prende in mano un piccone: sul finire del libro avrà le mani piene di vesciche ed un cumulo di sassi sotto i piedi! 

Il vagabondo omicida, viene quindi progressivamente umanizzato e nel prosieguo del romanzo ci sentiamo sempre più affini con lui; ne condividiamo sofferenze, sentimenti di rimorso ed iroso giudizio nei confronti del cinico creatore che appare sempre più un personaggio spaesato e privo di personalità: incapace di dare un senso ed una logica a quanto generato che pare avere i contorni fumosi del caso, dell'esperimento fortuito. Caino cova un senso di vendetta talmente enorme che alla fine Saramago troverà il modo per soddisfarlo con un finale spiazzante, come suo solito senza appello.

Scritto alla veneranda età di 88 anni, uno solo prima di morire, è un testo acuto e scomodo che, per quanto si possa consumare tranquillamente in un solo pomeriggio, ha una forza d’impatto dirompente, un'ironia sarcastica a tratti esilarante (cfr. Il passo della creazione) e una brillantezza espositiva non comune. Certamente queste 140 pp. ad una persona bigotta potranno risultare eretiche, nel migliore dei casi blasfeme ed indigeste, ma la forma e la forza del messaggio che lancia non possono davvero essere messe in discussione nemmeno da parte di un "acceso focolarino".  

Dopo aver letto, grazie a DeBaser, nove romanzi in poco più di un anno ritengo che la moderata lunghezza del testo, solitamente molti libri di Saramago hanno un impatto visivo capace di far desistere i più, unita alla piacevolezza della trama renda “Caino” un’opera particolarmente appropriata per conoscere un autore che, negli anni a venire, ci mancherà molto.

Vi invito pertanto, ancora una volta, a fare appassionatamente all'amore con la sua sterminata e granitica bibliografia. 

Carico i commenti... con calma