Avete presente quei fulmini a ciel sereno? Quegli alluvioni improvvisi che rendono oasi il deserto?

Potremmo definire così i Kaleo, forse più che in veste di alluvione, come oasi nell'animo deserto della musica odierna.

Certo, se penso al modo in cui li ho conosciuti mi sento un po incoerente...

Li ho incrociati la prima volta nel 2017, anno in cui ero solo un ragazzino di 13 anni che giocava ai videogiochi, la musica ancora non aveva bussato alla mia porta, nonostante suonasse di sottofondo nel menu principale del mio gioco preferito...

Solo nel 2018 scoprirò Queen e Beatles, e da lì tutto il mondo della musica rock/progressive e via dicendo di metà e fine ventesimo secolo.

Una volta che scopri i classici del rock e te ne innamori però, li ricerchi nella tua contemporaneità e, nel mio caso, è una ricerca con poco successo... certo ho trovato i miei grandi idoli (Artic Monkeys), i White Stripes, i neo-nati Maneskin, ma la ricerca non cessa mai, è costante ad ogni ascolto.

Sono dell'idea che il (relativamente) vecchio possa essere nuovo e che possa spuntare in ogni momento da dietro l'angolo come la migliore invenzione della tecnologia moderna.

Beh in una di quelle sere inutili, in cui giravo a vuoto su spotify alla ricerca di qualche stimolo, ho (ri)scoperto i Kaleo.

All'inizio dicevo che mi sento incoerente per la modalità di scoperta... questo perché da amante dei vinili e della musica fisica, mi sono illuminato grazie allo streaming e perché da amante della musica di nicchia, mi sono riapprocciato grazie alla loro canzone più mainstream, nonché quella che sentivo nel menù del videogioco... ovvero "Way Down We Go."

Come tutte le canzoni piu popolari dei vari artisti/gruppi, la ritengo un elemento abbastanza insignificante... nè carne né pesce, ma questo non mi sorprende.

Discorso diverso invece per "No Good", non è mainstream ma ti entra in testa come una zanzara alle 4 di una calda notte d'agosto. Però la zanzara la vuoi ammazzare, "No Good" la vuoi ascoltare ancora e ancora.

Quando ho sentito "Hot Blood" invece ho pensato "eccolo, il brano electro pop tipico Islandese, come non detto..." (nulla contro l'electro pop, ma le mie spettative erano orientate verso altro). Poi mi accorgo che il brano è orecchiabile, inizia a piacermi e nella seconda metà mi tira una mazzata (in senso positivo) con una schitarrata sporca come piace a me.

In generale la chitarra dei Kaleo mi piace, riesce ad essere sporca, sottile ma anche corposa come in "I can't go on without you".

Degne di nota sono "Glass House", "Broken Bones" e "Save Yourself", ti entrano in testa e non se ne vanno così facilmente.

Ma il vero pezzo forte è "Vor I Vaglaskogi"... lasciamo stare (anche se è difficile non dilungarsi gia su questi) l'Islandese, lasciamo stare l'arrangiamento a dir poco sublime ed emozionante: ricco di violini, armonizzazioni e toni minori...

Il testo... per emozionarsi esponenzialmente va tradotto e letto il testo. I kaleo ci raccontano la Vaglaskogur, una delle foreste più estese d'Islanda. È famosa per le sue betulle, per il resto è una foresta come molte altre... i Kaleo evidentemente la pensano molto diversamente, perché ne fanno una descrizione bucolica degna di Virgilio e della "Pioggia del Pineto" di D'Annunzio, un locus amoenus bellissimo. dopo aver memorizzato due tre frasi, ad ogni ascolto l'emozione cambia del tutto rispetto alla prima volta.

Ovviamente da Spotify, quest'album, è finito dritto dritto nella mia collezione di vinili, un pezzo che per un amante della musica (perché qua dentro non troviamo solo rock, ma tantissime influenze soul, folk e devo dire anche indie, con un pizzico di garage) e per un amante di quella terra fantastica che è l'Islanda, non può mancare.

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