Un inno alla stravaganza innocente, allo scherzo bambinesco, all'avanguardia che porge il braccetto a un pop ora bislacco, ora delicato.

Con un gusto particolare per le meravigliose e fluttuanti cose da nulla, quelle che stan sospese tra la gioia di vivere e la malinconia... e son canzoncine..son nenie...e cantilene...lullabyes.... il tutto arricchito da un milione di trovate e capricciose deviazioni che riescono nel miracolo di apparire necessarie e di non essere li solo tanto per fare...

Che se, come sostiene il vecchio Julian Cope, in “Claretta rag”, deliziosa e insulsa marcetta, un assolo fuzz di chitarra si accompagna ad un trombone e la cosa incredibilmente funziona, beh, che puoi mai dire?

E qui ogni cosa funziona, sia in quei tre o quattro brani di sgangherata e circense avanguardia, sia dove a prenderti per mano è il mondo più soffuso e delicato di cui sopra. Il tutto sa di eleganza, gentilezza, e improvvisa/irrefrenabile follia.

E quella voce poi... assai british...e pigra...e sorniona...eppure profonda, espansiva...una voce che ha eco, riverbero, mistero....e che non assomiglia a nessun'altra...

“Joy of a toy” è davvero qualcosa a metà tra il gas esilarante e il brodino di papavero, e poteva nascere solo nella landa albionica più votata all'eccentricità (ovvero il favoloso reame di Canterbury) dove il nostro vagava quasi fosse un Syd Barrett senza fantasmi e senza ombre o come un anarchico dandy incapace di prendersi troppo sul serio.

All'epoca della mia dolcissima gioventù musicale, le ricognizioni delle ardenti enciclopedie rock davano Kevin Ayers disperso in qualche felice isola spagnola, dedito alla dolce vita e al beaujolais.

E i vari scriba lo dipingevano come uno svogliato dissipatore del suo talento, dedicando non più di mezza paginetta ai due, tre dischi fino allora pubblicati.

Molto più spazio su quelle pagine avevano invece i suoi vecchi compagni di merende, quei Soft machine di cui aveva fatto parte all'inizio della loro picaresca e folle avventura e che qui danno una mano insieme a tanta altra gente bella e luminosa.

Il disco comincia con la title track che, annunciata da un fischietto assordante, è un concertino infantile con tanto di la la la.

A seguire: folli inserti di follia lieve, morbidezze acide, parole assonnate, incubi in forma di fiaba e , per citare lo zio Julian, “numeri che camminano senza sforzo sull'insidioso crinale tra diletto e disastro”

Poi, quasi a scusarsi della follia precedente, il finale è in sordina ed è una specie di malinconico e bonario folk da osteria, ode ai “bicchieri scolati e al pazzo dono del tempo”. Beh, non si poteva chiudere meglio.

Io mi ci ritrovo bene in questo disco.

Mi trovo bene tra quelle parole semplici che parlano di città addormentate, ragazze in altalena, treni in corsa, castelli che si rivelano aprendo una scatola.

Mi trovo bene a piroettare tra delizie pastorali, apparizioni surreali, giostrine che improvvise vanno all'impazzata.

C'è un po di Nick Drake, con un occhio più rivolto verso l'esterno, un po' di Barrett e, ovviamente, tanta, tanta Canterbury.

Che di Cartembury questo è uno dei fiori più profumati.


  • Hank Monk
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Bella rece!
    Di lui conosco "Shooting At The Moon" che non riascolto da un po' ma che nella mia memoria è un gran bel dischello. Questo mi sa che esce in edicola (ahaha, ormai compro più dischi in edicola che in negozio) questa settimana...se lo trovo lo compo
    • luludia
      26 ott 15
      e pensare che un tempo era un disco introvabile...
  • hjhhjij
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Meraviglioso, pieno di vita, solare, sperimentazioni azzeccate e pop "canterburiano" di altissimo livello. Un disco troppo bello, Ayers genietto indimenticabile.
  • bluesboy94
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Che dire... un personaggio "sui generis" baciato (in questo disco) dalla grazia divina.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Be, in questo e anche in altri.
    • bluesboy94
      26 ott 15
      Conosco solo questo (ascoltato tutto d'un fiato in una domenica pomeriggio della scorsa primavera), ma è ovvio che ascolterò a dovere anche gli altri...
  • macaco
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Ho solo Bananamour e non mi piace molto, probabilmente Kevin é una delle figure di Canterbury che mi piace meno, ma forse dovrei ascoltare questo disco, chissá possa ricredermi.
    • TheJargonKing
      26 ott 15
      Fidati, tra i primi due e Bananamour c'è un grande abisso.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Dite ? A me piace molto Bananamour...
    • TheJargonKing
      26 ott 15
      anche a me piace, ma li trovo imparagonabili.
    • pippo 70
      26 ott 15
      Di Bananamour mi piacciono molto "When your parents go to sleep" e "Oh wot a dream",
  • Loconweed
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Piace poco anche a me. Fa un tipo di "pop" che non apprezzo molto
  • pippo 70
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Complimenti! Ottima recensione, un'attenta e dettagliata disamina di uno dei dischi più interessanti della cosiddetta "scuola di Canterbury". Spumeggiante album d'esordio della carriera solista dello stralunato bassista proveniente dai Soft Machine e, prima ancora, dai Wilde Flowers, veri e propri pionieri del Canterbury sound. La principale caratteristica di Kevin Ayers, è sempre stata quella di non prendersi mai troppo sul serio, riuscendo, nella sua proverbiale leggerezza, a creare prodotti di pregevole fattura. Prevalentemente, gli artisti appartenenti alla scuola di Canterbury, propongono una miscela di jazz-rock-psichedelico, con lunghe divagazioni strumentali di altissima qualità, ma talora forse un po' troppo ridondanti. Egli si discosta notevolmente da questo approccio stilistico, in virtù di un'attitudine particolarmente scanzonata e leggera. La sua peculiarità è quella di riuscire a proporre delle autentiche stramberie, ma sempre di qualità eccelsa. Stilisticamente molto influenzato dallo spirito dadaista del suo ex compagno di viaggio Daevid Allen, co-fondatore del primo nucleo dei Soft Machine, Ayers, in più, è anche dotato di una spiccata dolcezza, che rende il suo stile unico ed inconfondibile. Un altro artista con il quale Kevin Ayers ha più di una caratteristica in comune, è Robert Wyatt, non a caso, anch'egli ex compagno nei mitici Soft Machine e, ancor prima, nei seminali Wilde Flowers. Anche dopo la fuoriuscita dai Soft Machine; l'amicizia e la stima reciproca perdureranno, i due artisti, infatti, si ritroveranno ed avranno modo di collaborare ancora in diverse occasioni; tant'è vero che, ancora nel 2007, Wyatt si ritroverà a partecipare come ospite nell'ultima fatica discografica di Ayers, l'interessante "The unfairground", un disco pervaso da humor e poesia, tratti da sempre tipici dell'artista. Purtroppo, nel 2013, Kevin Ayers, scomparirà prematuramente. Un artista che avrebbe meritato maggiore successo e una popolarità mai raggiunta fino in fondo, egli è rimasto un artista di nicchia, forse anche a causa della sua eccentricità e del suo carattere schivo e pigro.
    • TheJargonKing
      26 ott 15
      Scusa, fammi qualche esempio di parti strumentali ridondanti.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Canterbury ridondante ? Ussignur...
  • TheJargonKing
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Il disco è una meraviglia, la rece non mi è piaciuta molto. Usare il termine "insulso" parlando di Ayers mi fa arrabbiare, anche se aggettivo riportato e legato a discorsi ampi.
    • luludia
      26 ott 15
      insulso, in questo caso ha una accezione positiva...molto positiva...
    • silvietto
      4 giu 16
      Hai ragione luludia, lo si può dedurre dalla lettura della recensione il Re ha preso troppo per la punta questo termine,
  • pippo 70
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Non so se l'aggettivo ridondanti sia proprio corretto; comunque, intendevo dire che molti gruppi della scuola di Canterbury, pur essendo composti da ottimi e virtuosi musicisti, talvolta, peccano di troppa pretenziosità, risultando un po' noiosi all'ascolto. I pur bravi Egg, per esempio, dimostrano di essere musicisti eccellenti, tuttavia, personalmente trovo decisamente troppo ostica la loro musica; stesso discorso per gli Henry Cow. In particolar modo, l'eccessiva lunghezza di alcune suite, con continui cambi di tempo, sonorità ostiche, tempi dispari, sono asperità poco digeribili per un orecchio poco preparato; insomma, forse sfrondare qua e là qualche lungaggine di troppo, avrebbe reso, per esempio, dischi come "Egg" e "The civil Surface", degli Egg; o "Legend" e "In praise of learning" degli Henry Cow un po' più accessibili. Anche i Soft Machine, dopo l'uscita di Wyatt, proposero via via un free jazz di ottima fattura, ma un po' freddo e, a tratti, noioso. Riguardo a "Fourth", lo stesso Wyatt, si dichiarò insoddisfatto della direzione musicale che stava prendendo il gruppo.
    • TheJargonKing
      26 ott 15
      forse era meglio "ridondanti" che "noiosi" ;-) L'accessibilità e la digeribilità erano gi ultimi dei loro problemi, per fortuna. Di "pop" ce n'era fin troppo. Se i Soft Machine successivi all'uscita di Wyatt hanno fatto free jazz io sono una gnocca da paura. Mi sa che dovrai rivedere un po' di posizioni sul Canterbury.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Gli Henry Cow non sono vicini a quella scena ma non fanno parte di "Canterbury". Free-Jazz i Soft Machine ? Poca digeribili i canterburiani ? Triplo mah, senza offesa.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Ah il fatto che tu possa trovare ostici gli Egg non vuol dire che loro pecchino di pretenziosità. I gusti sono gusti ma gli Egg pretenziosi no...
  • Lao Tze
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    un gingillo nel suo genere, che non è un genere. Ma i due che vengono poi, direi, lo sono anche se non di più. Belle certe cose che scrivi però cura di più la forma, e ti prego rifuggi la tentazione dell'elenco.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Shooting a me piace meno di questo, invero, sebbene molto bello anch'esso...
    • luludia
      26 ott 15
      la tentazione dell'elenco è dura a morire...
    • Lao Tze
      27 ott 15
      per scoprire "tutte" le facce di quest'uomo bisogna pur sempre arrivare almeno fino a 'Whatever...', e dire che persino il genio d'un certo David Bedford (arrangiatori migliori? Chi e quanti?) e la discreta bravura con gli strumenti d'un certo Mike Oldfield non ne oscurano nemmeno un po' la grandezza inclassificabile. @luludia non mi buttare giù pagine schematiche, scrivi su gente troppo fuori dagli schemi.
  • ziltoid
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Bello, ma con il tempo mi è sceso parecchio. "Shooting at the Moon" rimane il mio preferito senza dubbi (dei 4/5 dischi suoi che conosco).
    • luludia
      26 ott 15
      invece a me con il tempo è salito...
  • SilasLang
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Disco da isola deserta, per il sottoscritto. Sempre amato 'sto disco.
  • pippo 70
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Io ho semplicemente espresso un mio parere personale, dettato dai miei gusti, ovviamente, non tutti possono essere d'accordo, ci mancherebbe. Riguardo a Canterbury, personalmente, preferisco I Caravan, per esempio, rispetto agli Henry Cow, perché li trovo più accessibili, "melodici", nell'accezione più alta del termine; la loro "Nine feet underground", per esempio, dura più di venti minuti ed è strumentalmente piuttosto complessa, ma non la trovo per nulla ridondante, né noiosa, anzi, non mi stancherei mai di riascoltarla. Quando parlavo di accessibilità di certo non mi riferivo al "pop", ovviamente. Inoltre, negli anni '70, in Italia, il "pop progressivo", così veniva denominato, era il genere musicale proposto da gruppi come Orme, Banco del mutuo soccorso, Premiata Forneria Marconi, Osanna, solo per citarne alcuni; a dimostrazione che, il termine "pop" può essere sinonimo di grande qualità.
    • hjhhjij
      26 ott 15
      "Io ho semplicemente espresso un mio parere personale" E lo rispetto, infatti ho detto "Ah il fatto che tu possa trovare ostici gli Egg non vuol dire che loro pecchino di pretenziosità. I gusti sono gusti ma gli Egg pretenziosi no". Non è che io stia criticando i tuoi gusti, capisco che possa trovare pesanti gli Egg (o gli Henry Cow, che però sono tutt'altra roba) però pretenziosi proprio no. Io ho capito che per le tue orecchie sono semplicemente ostici ma non è ne colpa loro ne tua, è questione di sensibilità, infatti preferisci i Caravan che di Canterbury sono il lato più romantico, melodico e raffinato (anche con aperture più pop, certo, a volte). Ah e il Pop a me piace da morire se fatto come si deve, non è che fosse quello il discorso.
  • pippo 70
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Tornando a "Joy of a toy", la versione remasterizzata su CD, contiene l'interessantissima "Religious experience (singing a song in the morning)", con la partecipazione di Syd Barrett al canto e alla chitarra, Credo non sia mai apparsa prima d'ora su disco, perlomeno ufficialmente, forse su qualche bootleg.
    • luludia
      26 ott 15
      si, è vero..son felice che li ci sia il vecchio syd...
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Celo. Con onore.
    • luludia
      26 ott 15
      due bei tipi syd e kevin
  • pippo 70
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Che poi, a volerla dire proprio tutta, non è che gli Egg mi dispiacciano, in verità. E' solo che faccio un po' fatica ad ascoltare un loro disco dall'inizio alla fine.
    • luludia
      26 ott 15
      io gli egg non li ho mai sentiti...e nemmeno gli henry cow...le cose migliori di canterbury per me sono: joy of a toy, rock bottom di wyat, soft machine 2 e 3, e il disco dei caravan dal titolo lunghissimo...
    • hjhhjij
      26 ott 15
      Gli Henry Cow ripeto facevano tutt'altro, per me più trascinanti che ostici alla fine, tranne qualche raro brano sparso effettivamente bello tosto. Gli Egg sono meravigliosi caro luludia anche se andando ad intuito credo continuerai a preferire Ayers, Wyatt e Caravan. E io pure, comunque te li consiglio caldamente. Come gli Hatfield and the North ;)
    • pippo 70
      26 ott 15
      Sugli Hatfield and the North concordo perfettamente.
    • luludia
      26 ott 15
      oh ma li ascolterò, stai certo... con calma però, che nella mia testa ci sta poca roba alla volta...e la lista è lunga...
    • macaco
      27 ott 15
      Secondo me potrebbe piacerti Queues and Cure dei National Health. E poi il primo degli Egg non é cosí intricato, anzi.
    • TheJargonKing
      27 ott 15
      Visto che siamo nei consigli, non dimenticare di dare un ascolto ai Khan, un solo disco che ti piacerà tanto, Ai primi 3 di Steve Hillage, Credo/spero di non doverti consigliare quasi tutto dei Gong, Se lo trovi potrebbe piacerti molto anche Carol Grimes and Delivery - fools meeting. Hopper Tunity Box di Hugh Hopper. Il secondo dei Gilgamesh ...
    • hjhhjij
      27 ott 15
      Minchia Carol Grimes! E i Khan, grandissimi, gli albori della scena.
    • pippo 70
      28 ott 15
      Conosco "Fools meeting" dei Delivery e lo trovo davvero bello, è parecchio che non lo ascolto, cogliero' l'occasione per riascoltarmelo. Di Hugh Hopper mi piace moltissimo anche il primo album, "1984", molto sperimentale, dove l'artista si diverte a manipolare i suoni, sovraincidendo, aumentando e diminuendo la velocità degli strumenti, il tutto, ovviamente, senza l'ausilio dell'attuale tecnologia, quindi frutto di un lavoro lungo e certosino; realizzato con la preziosa collaborazione di alcuni colleghi ed amici del filone di Canterbury, è un disco eccezionale.
  • pippo 70
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    Di Ayers mi sentirei di consigliare anche "Whatevershebringswesing", la sola title track vale il prezzo d'acquisto.
  • Bubi
    26 ott 15
    Recensione: Opera:
    bello.
  • TheJargonKing
    27 ott 15
    Recensione: Opera:
    Di Ayers non dimentichiamo neppure la splendida suite del disco The Confessions of Dr. Dream and Other Stories
    • pippo 70
      28 ott 15
      Vero, mi permetterei di segnalare anche il live "June 1, 1974", con una versione di "Heartbreak hotel" da brivido.
    • hjhhjij
      28 ott 15
      Uno dei live più fighi di sempre altroché. Che poi è a nome Ayers, Eno, Cale e Nico ma dentro ci suonano anche Oldfield e Wyatt, così, tanto per...
  • TheJargonKing
    28 ott 15
    Recensione: Opera:
    live che se non sbaglio è senza recensione, qualcuno provveda.
    • silvietto
      4 giu 16
      Magari tu o nostro Sire!
    • TheJargonKing
      4 giu 16
      grazie per l'invito, ma quella recensione l'ho già affrontata almeno 4/5 volte senza mai portarla a termine, comunque ci farò un altro pensierino :))
    • silvietto
      5 giu 16
      Come non capirti, con tutte quelle stelle? E cosa dire della vistosa lacuna di "Whatevershebringswesing"? Poi non è male neppure il canto del cigno "The Unfairground".
  • silvietto
    4 giu 16
    Recensione: Opera:
    Recensione, romantica ed appassionata, con qualche pecca come quella di non inquadrare il capolavoro di Ayers che lo rende sicuramente tale: correva il lontanissimo '69 e chi si lo sarebbe sognato un album del genere? Una parodia senza fine, fatta con gusto e simpatia, ma senza dimenticare cosa fosse la Musica, proponendone una personale evoluzione: si apprezzi all'uopo "Eleonore's Cake" senza voler ricorrere a "The Lady Rachel" in cui Kevin si gioca l'asso. Versione rimasterizzata che appare un dono del cielo tale è la qualità tecnica (di una registrazione di ben 47 anni fa, seppur della Harvest!) e i brani riesumati!
  • silvietto
    5 giu 16
    Recensione: Opera:
    Brani riesumati fra cui splende la versione estesa di "The Lady Rachel" rivista a 3 anni di distanza con maggior maturità e mezzi tecnici.
  • proggen_ait94
    10 set 16
    Recensione: Opera:
    Io abbasso un po' la media, scusate ma giungere qui da Shooting at the Moon il cambio di pressione si sente...
    • silvietto
      18 set 16
      Percorso inverso a quello temporale, anche di ciò dovresti tenere conto.
    • proggen_ait94
      18 set 16
      verissimo.
  • luludia
    9 feb 21
    Recensione: Opera:
    Modifica alla recensione: «cambiata la seconda parte». Vedi la vecchia versione Joy of a toy - Kevin Ayers - recensione Versione 1

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