Ritorno gradito quelli dei Tokyoiti Kikagaku Moyo (traducibile come forme geometriche), il cui disco del 2016 “House In The Tall Grass” li aveva fatti conoscere anche al di fuori del suolo nipponico, grazie ad un blend molto interessante di psichedelia virata ora hard ora folk. Ed erano proprio le parti elettroacustiche le migliori di quel disco, al tempo stesso ipnotiche e di facile fruibilità.

“Masana Temples” vede il combo cimentarsi in un disco ancora meno elettrico del precedente, mantenendo sempre mediamente alto il tasso di ipnosi acida ma applicata a canzoni dalla struttura più complessa, che le avvicina più al progressive che alla psichedelia tout court. Se sulla carta potrebbe sembrare scelta rischiosa se non proprio sbagliata, alla resa dei conti l'ascolto resta fluido e variegato. Senza rischio quindi di orchiti dovute a lunghe suite strumentali o chissà cos'altro.

Esemplare a riguardo “Dripping Sun”, introdotta da un bel riff di chitarra, che velocizza e rallenta il brano, seguendo il cantato mantrico, fino alla scossa elettrica finale. Sempre importante l'influenza kraut, soprattutto nella programmatica “Fluffy Kosmisch” e la sua ritmica spezzettata, oppure nella robotica “Nana”. Sul lato heavy solo un episodio, ossia “Gatherings”, dove comunque l'approccio psych prog la fa da padrone, quasi a ricordare dei Caravan con molti più decibel. Il lato elettroacustico rimane quello che preferisco del gruppo: a parte la finale e americana “Blanket Song”, encomiabile il quasi tropicalismo di “Orange Peel” e l'ipnosi controllata di “Nazo Nazo” che riporta alla mente gruppi americani di un decennio fa tipo Brightblack Morning Light o Psychic Ills.

In definitva, bel disco e bel gruppo, che continua l'ottima tradizione psichedelica del Sol Levante, e tra i migliori dischi psichedelici del 2018 (insieme ai loro conterranei Minami Deutsch)

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