"Killing Joke" è l'omonimo esordio di uno tra i più importanti gruppi della scena new wave inglese. I Killing Joke sono da definirsi addirittura precursori in quanto le loro sonorità precedono molti dei gruppi che entreranno solo più tardi nell'ampio movimento nato dalle ceneri del brevissimo incendio che fu il punk.

La copertina di quest'esordio ci anticipa i temi dell'album, dandoci l'impressione che esso sia ruvido (punk), cupo (dark - gothic), forte (funk - grunge- nu metal). Scopriamo subito che è vero. L'album è da considerarsi, infatti, in bilico tra più stili (hard-rock, punk, gothic-rock, elettronica) pertanto risulta di grandissimo impatto sulla generazione di gruppi new wave e pop dell'intero decennio degli anni ottanta. Dai suoni dei Killing Joke: ipnotici, tribali, ossessivi e lancinanti, discendono, invero, molte sfumature che troveremo nei sottogeneri e nelle evoluzioni del rock sino ai giorni nostri.

Il brano che apre il disco e segna l'esordio della band nel panorama della new wave inglese ha tutti gli attributi e le caratteristiche per esserne anche uno dei più significativi. "Requiem" ha ritmo decadente e introduzione all'elettronica in maniera doviziosa e sperimentale. Il brano è una celebrazione di un rito funesto compiuto con enfasi spontanea.

"Wardance" non potrebbe essere titolo più riuscito per questa danza tribale con ritmo impetuoso condito a dovizia da voci robotiche e rumorismo. La cadenza del brano è aggressiva, la batteria ed il basso sono gli strumenti dominanti, e con la loro forza d'impatto lo rendono potente.

Se i primi due pezzi sono quelli più ricordati dalla critica, "Tomorrow's World" non è da meno. Esso è un incredibile brano in cui il ritornello principale è trainato delle chitarre in sottofondo ed accompagnato da un campanello elettronico. "Bloodsport" è caratterizzato da un riff elettronico perpetuo ed interminabile in stile dance, quasi da ballare, o meglio da pogare. 

Il secondo lato si apre con "The Wait" in cui stile sembra voglia abbracciare il metal. Esso ci trasmette la conferma di trovarci ad ascoltare un gruppo del primo periodo post-punk. La batteria si rifà anch'essa a quel punk più puro, veloce, ma sono le voci e l'uso dell'elettronica che ci fanno, però, ancora una volta, immediatamente rendere conto che siamo in un periodo diverso, immediatamente successivo: quello della new wave.

In "Complications" la chitarra ed il basso sono in secondo piano e lasciano posto alla voce. Il brano utilizza anch'esso l'elettronica, e attraverso echi e sfumature crea ambientazioni che all'epoca erano tutt'altro che comuni. Le scene in cui è trasportato l'ascoltatore sono, agli inizi degli anni ottanta, ancora del tutto nuove. L'innovazione si evince anche dal paesaggio sonoro austero ma ben definito di "S.0.36". Il brano in questione è davvero uno dei più belli e più significativi dell'album. In "Primitive" il basso ruvido dal sapore funk completa il puzzle. Quest'ultimo pezzo saluta gli ascoltatori lasciando veramente intendere che quello che hanno ascoltato non è "roba da poco" ma qualcosa che lascia il segno, di forte impatto sonoro ed emotivo.

Davvero un ottimo esordio quello dei Killing Joke, apprezzato sia dalla critica che dal mercato. Come tutti i grandi dischi questo suona sempre "nuovo" ed apprezzabilissimo. Ascoltare per credere.

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