Per me la nostalgia, e forse per molti, è spesso come una linea dell'orizzonte invertita che invece di precedermi mi segue.

Come la linea dell'orizzonte continua a rimanere lontana da noi per quanto cerchiamo di andarle incontro, così il mio passato che si fa nostalgia mi segue, si rinnova sempre, rimanendo però più o meno sempre alla stessa distanza, giusto per non perdermi d'occhio.

Ultimamente la mia linea della nostalgia è posizionata sugli anni duemila (e dintorni).

Gli anni duemila sono stati per chi scrive speciali, e non solo perché il duemila è l'anno in cui è nata mia figlia.

Sono sempre stato convinto che in quegli anni (e dintorni) la scena musicale indie internazionale, americana in particolare, abbia prodotto delle cose splendide e irripetibili.

I Flaming Lips di The Soft Bulletin, I Mercury Rev di Deserter's Songs, i Grandaddy di The Software Slump, gli Sparklehorse di Good Morning Spider, e i Lambchop di Nixon.

Tutti comprati su amazon nel giro di pochi mesi al ritmo dei progressi intellettivi e motori di mia figlia nata da poco.

Nixon è un album con la sua linea della nostalgia posizionata sugli anni 60 (e dintorni).

Il soul di Marvin Gay, di Curtis Mayfield (soprattutto), di Barry White.

Una ricostruzione sonora del sound di quegli anni, e dell'innocenza perduta dall'america in quegli anni, fatta con il cuore in mano e con una grandissima maestria negli arrangiamenti.

Con un leggero tocco di psichedelia alla "Anima Latina" qua e la.

Se un difetto ha questo album è quello di essere estremamente "americano" (con un titolo così come potrebbe non esserlo?).

Ma per una volta non mi importa davvero.

Miglior brano (per me), da un tono nostalgico davvero "insopportabile": Nashville Parents.

Troppo americano in questa epoca di Trump e dell'"America First"?

Ma chi se ne frega.

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