Gli anni 2000 sono stati gli anni del revival degli anni 80, gli anni di quella che è stata definita la "New wave della new wave" , una tendenza che in realtà è stata abbastanza trasversale e ha contaminato tendenze e generi diversi, si pensi a quello che è stato chiamato electroclash.
Gli anni '90 erano stati la negazione netta e brutale del decennio precedente, anche musicalmente, a New York però il nuovo indie rock ha rimetabolizzato il sound di quegli anni, ridefinendolo alla luce delle nuove frontiere espressive che la musica digitale ha aperto: James Murphy è stato indubbiamente colui che meglio di tutti ha ridefinito il concetto di indie rock nel nuovo decennio, e non solo come artista si badi bene, ma anche come produttore ed editore discografico.
Era la fine del 2002 che sentii parlare per la prima volta della DFA records, erano i tempi in cui era appena nata la moda dell'electroclash e mi colpì l'attenzione verso questa etichetta newyorchese che ridefiniva il concetto di musica rock da ballo.
Nel 2005, l'osannato debutto, in verità preceduto da singoli già di successo e dalle raccolte delle DFA, un doppio album perfetto da tutti i punti di vista, brani ispirati ed in grado di piacere sia agli indie rockers, che agli amanti del dancefloor.
Ovvio che due anni dopo, l'attesa verso il fatidico secondo disco fosse notevole: da sempre è il secondo disco quello che pubblico e critica attendono per confermare la bontà di un esordio.
"Sound of Silver" non è probabilmente all'altezza del predecessore, eppure è un disco che nella sua maggiore brevità forse riassume meglio dell'altro l'esenza stilistica e creativa di Murphy e compagnia, con brani che sintetizzano ancora più organicamente l'incrocio tra la new wave di ritorno e le contaminazioni eletttroniche e ritmiche.
Forse stavolta Murphy concede un po' meno alla ritmica, meno dancefloor e più funk, funk ovviamente in una accezione rigorosamente post punk, ma l'impressione che dà l'ascolto dei brani è quella di un'opera stilisticamente più omogenea, anche negli alti e bassi dei brani meglio e meno ispirati.
Un grande disco, forse non quello che consegnerà gli LCD alla storia , ma un disco che certamente ha sanzionato la statura della band più ispirata della nuova onda di ritorno.
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