Un album con quasi tutti i brani cover di altri autori.

Registrato in appena 9 giorni (solo 30 ore di registrazione), con una spesa di appena 2000 sterline, e senza un contratto discografico, "I" è un album davvero ordinario, anche se, dal punto di vista dell'ascolto globale, rimane probabilmente il migliore del gruppo. Nessun critico all'epoca capì la ragione del suo successo commerciale - non enorme, ma comunque notevole (14 milioni di copie vendute fin'ora). A posteriori, la ragione è stata compresa e non si trova certo nella particolare qualità della sua musica, quanto nell'energia che i quattro sprigionavano nei loro concerti.

Il corpo centrale di "I" è costituito dal blues. Il progetto originale di Jimmy Page (padre-padrone del gruppo) era di prendere il blues, e, da una parte, velocizzarlo e distorcerlo col rock, dall'altra psichedelizzarlo - come dice il nome stesso della band: musica pesante come il piombo ("Led", anche se scritto senza la "a" per eliminare l'ambiguità con il verbo omonimo) e musica eterea (che vive nell'aria come uno "Zeppelin").

Ma al di là di questi paroloni, la verità è molto più pedestre: quando i Led Zeppelin facevano blues - ad eccezione di qualche episodio ("Since I've Been Loving You", "No Quarter", "Tea for One") - non avevano nulla della classe dei Cream. "You Shook Me"(scritto da Willie Dixon e registrato da Dixon e Muddy Waters) e "I Can't Quit You" (scritto da Otis Rush e arrangiato anch'esso da Dixon), sono la conferma di quanto detto.

L'unico grande blues qui dentro è il "capolavoro macchiato" "Dazed and Confused" (tratto da un tema di Jack Holmes). L'intro è uno splendido blues psichedelico, che prepara l'ottima melodia di Plant, prima dell'intermezzo lugubre creato da Page che suona la sua Gibson con l'archetto di violino. Dopo tanta bellezza, Page e Bonham pensano bene di rovinare tutto con un'accelerazione rock mediante uno stupro di chitarra e batteria. Risultato: un capolavoro macchiato. Ma come hanno detto altri, un'opera d'arte rimane arte anche quando viene macchiata.

Il corpo secondario del disco è costituito dal folk. Ma anche qui i risultati sono poco più che ordinari, anche se capaci di emozionare: "Baby, I'm Gonna Leave You" (di Anne Brandon) e "Black Mountain Side" (di Bert Jansch, con l'accordatura speciale stile sitar).

I due brani originali a firma Page ("Good Times, Bad Times" e "Your Time is Gonna Come"), sono due gradevoli  mediocrità con dei ritornelli al limite del ruffiano.

"How Many More Times" (ispirata ad un brano di Howling Wolf), e, soprattutto, "Communication Breakdown" (di Eddie Cochran) sono (civili) profezie del sudore e delle esplosioni di istinti del disco successivo, che sarà una riscrittura "rock-arena" di questo.

L'inizio dell'ascesa dello Zeppelin.

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