Dopo 3 anni di silenzio dall'uscita dal loro primo lavoro, They Threw Us In A Trench And Stuck A Monument On Top, un apprezzabile album che riesce a riproporre la tradizione dell'indie garage anni Ottanta con qualche spunto di originalità, i Liars spiazzano e stupiscono con questo They Were Wrong So We Drowned.
Questo lavoro non conserva nulla della fase precedente, è un album che non invita a ballare, che non ti trascina con ben congeniati giri di basso, che non ripropone stereotipi ripresi dal sacco della tradizione per coinvolgerti in una garage-fest. I Liars mutano, dirottano radicalmente verso quelle oscure abrasività che diventeranno il loro marchio di fabbrica. Il loro sound diviene torbido, afferra l'ascoltatore per i capelli e lo trascina in una dimensione straniante fatta di melodie arrugginite e voci spettrali. L'importanza anche in precedenza data alla sessione ritmica è concepita in maniera totalmente diversa: il basso si eclissa a favore di una batteria gravata di un ruolo quasi mistico, e che fa da elemento portante a brani in cui la voce arriva ad assumere connotazioni quasi sciamaniche. E' l'imbocco di nuove e malsane strade. Angus e i suoi non seguono più percorsi già tracciati e danno uno scossone al mondo della new-wave con la loro decostruzione sonora e concettuale.Classificato come concept album sulla stregoneria in realtà, come lo stesso Angus afferma, non è altro che "la storia di una ragazza e di un orso, una cosa che ho letto quando ero piccolo. Sono in viaggio e si imbattono in un esercito di streghe sanguinarie". Ed in effetti l'intero album è pervaso da una sorta di stregoneria urbana dove le rumoristiche industrial la fanno da padrone. I testi, tutti frutto della mente contorta di Angus, delineano una visione positiva del fenomeno "streghe" che "rappresentavano la paura verso un sesso sconosciuto, che rivendicava la sua potenza. In questo senso definirei decisamente They were wrong come un disco legato ad una certa idea di femminismo" (Angus).
L'inizio sconvolge; su una batteria cadenzata e ripetitiva si avviluppano estatici cori che sembrano suggerire una folle e crescente danza di sguardi ebeti e indemoniati, a cui seguono i quasi tre minuti di puro rumore industrial di "Steam Rose from the Lifeless Cloak", splendido intro alla delirante "There's Always Room on the Broom" dove a un appetibile giro strumentale si affianca un sovrapporsi sguaiato di coro e voce. Ma siamo solo all'inizio del viaggio: "If Your a Wizard, Then Why Do You Wear..." è ancora più destrutturante, due minuti di rumori e urla da mozzare il fiato. L'intero l'album è un continuo alternarsi di frenetiche ed estatiche danze da Sabba e pezzi meno violenti ma non per questo di minor impatto, il tutto installato su un humus sonoro industrial-noise. Sembra quasi che per la loro cerimonia le streghe di Angus stavolta abbiano scelto la lugubre atmosfera di una fabbrica abbandonata in cui ancora risuonano gli echi dei macchinari. E senza volerlo ci siamo coinvolti fino al collo. Come ci siamo capitati non riusciamo a capirlo, ma il percorso per uscirne è obbligato e solo con l'ultima traccia, "Flow My Tears the Spider Said", i Liars ci indicano la via per il ritorno alla realtà. Solo con l'ultima traccia ci lasciamo alle spalle tutto. E' un tunnel in cui ancora riecheggiano lontani i lamenti e i rumori dell'incubo appena lasciato, ma in cui già si ode il candido cinguettare del rassicurante mondo a cui stiamo per tornare.Un album folle e indefinibile che lascia attoniti per la potenza e la corrosività. Assolutamente da ascoltare.

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