“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare."

Un po' di contesto per i non addetti al settore: Lil Yatchy è un folletto con le trecce coloratissime che, in piena epoca trap, se ne esce con una formula intrigante, una gommosa e glicemica miscela ribattezzata "Bubblegum trap", caramellosa proposta in netto contrasto con i lati più ruvidi del rap dell'epoca. "Lil Boat" è il mixtape che farà da lascia passare per l'industria discografica: un concentrato di ritmi zuccherosi che pescano da un immaginario videoludico anni '80. Una sorta di Super Mario sotto acidi.

Elemento cardine, è il trash ( <<...My new bitch yellow/ She blow that dick like a cello...>> parla chiaro).

Da qui in poi una serie di uscite pittoresche (afferma con orgoglio di non aver MAI ascoltato un album di 2pac e del rap in generale, se ne frega abbastanza) seguiti da una sequela di album discutibili, incapaci di sedimentarsi nella cultura pop.

Insomma, avrete capito che questo è il ritratto di un personaggio abituato alla leggerezza, poco propenso a qualsivoglia forma di serietà. E così sembrava, almeno fino allo scorso annp, quando lo stesso Yachty palesò la volontà di fare un qualcosa di "artisticamente di spessore".

"Let's Start Here" raccoglie il guanto di sfida e si pone come un nuovo, elettrizzante prologo: accantonata definitivamente la forma rap, l'album si presenta come una vivace e accesa conversazione multi genere, che pesca a piene mani dal funk di matrice Funkadelic, il pop di Prince e la psichedelia Floyidiana, concedendo anche un po' di spazio al post rock dei Tame Impala.

Dunque una convivenza di molteplici correnti musicali che non si lascia demoralizzare dalle divergenze temporali (del tutto abbattute), riassunta in in una tracklist essenziale, con pezzi che talvolta si fregiano di divagazioni "prog", senza però rinunciare ad un appeal pop da classifica.

Un album corale, dinamico e ordinato, forte di uno sfrenato citazionismo, e orgoglioso della propria identità. Sexy e bollente come una scopata d'estate.

Certo, la voce di Yatchy è piuttosto limitata, ma ben impostata e grazie ad un consapevole utilizzo dell'autotune, riesce ad imporsi, trovando la sua raison d'être su un tappeto sonoro vellutato e colorato.

Un prodotto nostalgico, che vorrebbe gettare ulteriore brace sulle ceneri di quella summer of love tristemente interrotta. Una virata decisamente memorabile per quello che sembrava essere un percorso giunto al suo epilogo.

Imperdibile.

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