Ero piccolo, il lettore cd non ce l’avevo e per ascoltare la musica utilizzavo le mitiche cassette, stavo ore appiccicato alla radio ad aspettare che trasmettessero le mie canzoni, per registrarle. Un po’ come si fa adesso scaricando la musica da Internet. Alcune stazioni trasmettevano abusivamente i dischi completi di certi artisti in voga in quel periodo e io mi sbizzarrivo nel creare le mie cassette, registrare, tagliare gli spazi pubblicitari improvvisi etc... spesso veniva fuori una schifezza e mi dovevo accontentare, visto che i miei portafogli non erano così tanto zeppi di denaro. Sinceramente non lo sono neanche adesso.

Quel periodo lo ricordo con piacere, le prime passioni musicali, forse discutibili e ingenue ma vere. Un mio amico mi aveva prestato una cassetta pirata di Mondi Sommersi, Litfiba, dopo la scuola la duplicai, nonostante l’audio fosse schifoso e scadente il gruppo cominciò a piacermi e quella cassettina non uscì più dal mangianastri per qualche anno, assieme ai vari Ligabue e 883. La raccolta di cassette (raramente originali) aumentava e con loro anche la cura nei loro confronti. Bè, “Mondi Sommersi” aveva un posto d’onore.

Dopo quasi 10 anni da quei primi ascolti la cassetta è ancora viva, vegeta e impolverata in qualche angolo della mia stanza. Abbiamo due versioni di “Ritmo”: all’inizio, con il suo incedere cupo pulsante e distorto e a metà disco, nominata “Ritmo#2”, che uscì come singolo, particolarmente “ritmata”, commerciale, ma originale e potente in bilico fra rock ed elettronica, interessante come d’altronde lo sono le stoogesiane “Apri le tue porte” e “Dottor M.”, questa davvero forte!. I testi, in generale sono “semplici e po’ banali”, parafrasando gli Afterhours, molto meno impegnati di quelli di Sprito o ancor più del contestatario “Terremoto”, ma grazie alle musiche scorrono via e si fanno ascoltare facilmente. Abbiamo punti bassi e obbrobri come l’incomprensibile “L’esercito delle forchette” (di che cazzo parla?) e “In fondo alla boccia” (mah!). “Regina di Cuori”, mai tanto sopportata, “Goccia a Goccia” e “Sparami” furono i successi che portarono il disco in vetta alla classifica. Quest’ultima rappresenta sicuramente l’ultimo capolavoro del gruppo (insieme alla successiva Vivere il mio tempo), dall’atmosfera plumbea con un Pelù in stato di grazia, in versi memorabili come: “scusami ogni sistema è una gabbia, mi da rabbia, perché aumenta le differenze, fra chi ha potere e chi non ha proprio niente” e l’unico in un album purtroppo commerciale, non perché ha venduto tanto, ma perché ha cercato di accattivarsi le simpatie del pubblico, con quell’aggettivo che rende tutto così alla moda o cool che giornali e riviste danno spesso facilmente: alternativo.

I Litfiba fecero parte del rock alternativo negli anni ‘80 e forse anche negli anni ‘90 (solo per Terremoto, colpo di coda di una band ribelle e contro un paese in crisi). Fecero parte della mia adolescenza e non me ne pento. Questa cassetta assieme a tante altre mi servì, nel bene e nel male, per cominciare un viaggio dal basso, verso le strade, gli alti e i bassi, della musica, quella con la M maiuscola.

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