Eureka. C’ho messo 3 anni ad aprire i file scaricati di suddetta band, ma non li rimpiango perché probabile prima non sarei riuscito ad apprezzare appieno sta figata di album che per arcani motivo in pochi hanno cagato.

Io sto all’elettronica come Giuliano Ferrara all’atletica leggera, sicché scovare un album elettricheggiante che sono in grado d’ascoltare baldanzoso è cosa assai rara e gratificante, questo per di più finisce dritto nei miei istant classics. I piccoli dragoni si muovono in territori minimali, pervasi da tastiere un po’ xylophoneggianti, e scusate se mi so spiegare così bene. In altri termini synth-garage mordace e sensuale. Ciò che più m’aggrada però, devo dirlo, è la costante lieve evoluzione dei brani che fino alla fine richiamano attenzione all’ascolto, a sfruttare pienamente il contenitore canzone. Qua e là ci si diverte ammiccando celatamente alla disco: “Runabout”, che se fosse cantato da Janelle Monae si griderebbe al miracolo.

Il fatto è ch’è un disco troppo fico. L’ho già detto? Sticazzi, è fichissimo e dove non è fico è divertente in maniera fica (“Swimming”/”My Step”). A parte il brano d’apertura un po’ lezioso il resto è una figata. Poi potrei scrivere del groove di “Come Home”, di “Looking Glass”, che avrebbe fatto la fortuna dei B-52’s, di “Feather” che vale più di qualsiasi bambolina Del Rey, ma non rende consumare i miei polpastrelli sulla tastiera quanto ascoltarli con un paio di buone cuffie.

Un must se si vogliono far vibrare tanto tanto le casse, per atteggiarsi con dell’elettronica anticonformista o più semplicemente se desiderate ballare come degli idioti.

Ficherrrrimo.

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