Dopo quasi quarant'anni di ascolti musicali senza alcuna limitazione mi capita ancora, sia pur di rado, di andare completamente in bambola per una band.

Come è accaduto sul finire dello scorso anno con i tedeschi Long Distance Calling, originari di Munster e attivi dal 2006 con sei lavori sulla lunga distanza già editi.

Conosciuti e nemmeno troppo apprezzati con l'omonimo disco del 2011 e per qualche anno messi nel dimenticatoio.

Poi, appunto negli ultimi mesi dello scorso anno, quasi per caso mi imbatto in "Out There" lunghissimo brano, siamo prossimi ai dieci minuti di durata, tratto da Boundless album pubblicato nel febbraio del 2018; ed è stato il cosidetto fulmine a ciel sereno. A cominciare dalle meravigliose e spettacolari immagini del video che sembrano voler dedicare al sottoscritto: un viaggio, una vera e propria ascensione, una salita verso una cima di una montagna. E per me, che vivo da sempre in un ambiente alpino e che ama come poche altre cose camminare tra montagne e sentieri, e stata una enorme emozione gustarmi tutto ciò. Vi dirò di più: da quel primo incontro con il brano ad ogni mia nuova salita giunto in vetta come prima cosa recupero il video sul telefonino e lo ascolto, a volume non eccessivo, lasciandomi rapire dall'imperiosa maestosità di quello che mi circonda.

Sia ben chiara una cosa: i Long Distance Calling nulla si inventano ma riescono ad essere "trascinanti" con il loro Post-Rock strumentale che pesca a piene mani da mostri sacri come Mogway, Isis, Pelican.

Canzoni le loro nella maggior parte dei casi "a salire", con un crescendo che lascia a bocca aperta.

Retaggi Heavy Metal in particolare in quei momenti dove "spingono" verso l'alto, verso l'infinito.

Progressioni Prog-Psichedeliche ad ampissimo respiro.

Poi di colpo mollano la presa lasciando spazio a momenti quieti dove una chitarra dal suono pizzicato e cristallino (che a me ricorda quella di The Edge nell'album degli U2 The Unforgettable Fire!!!) detta trame avvolgenti, sublimi, evocative.

Non di facile assimilazione il loro sound; soprattutto per la lunghezza medio alta del minutaggio, che è una costante di tutta la carriera della band, e per la totale assenza, almeno in questo lavoro, di un cantante.

Mi hanno messo spalle al muro e mi hanno costretto a recuperare tutto quello che fin qui hanno composto...ASCENDING...

Ad Maiora.

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