All'inizio doveva essere il 7 maggio la data da segnare sul calendario per i fan del Liga. Poi è stata posticipata all'11 maggio perché a quanto pare adesso anche da noi come in America i cd escono il martedì. Ebbene...dopo 4 anni e 8 mesi il rocker di Correggio pubblica un nuovo album con del materiale inedito dal titolo "Arrivederci, mostro". I canonici 3 anni sono diventati quasi 5, anche se Ligabue ha pubblicato qualcosa ogni anno; tra raccolte di poesie, greatest hits suddivisi in due capitoli e infine un live. Così ora abbiamo tra le mani qualcosa di completamente nuovo.
Chiariamo subito che il primo singolo "Un colpo all'anima" è la canzone più piatta e più insipida dell'intero album, se non di tutta la produzione discografica del nostro. Infatti quando ascoltai il primo singolo pensai "Se hanno scelto questa canzone per invogliare all'acquisto dell'album allora il Liga ha davvero toccato il fondo". Invece a mia sorpresa, dopo vari ascolti dell'album nelle ultime 24 ore, scopro un album maturo, ben suonato e piacevole. Che alla fine ti vien voglia di riascoltare. Certo non è tutto oro quello che luccica.
La prima canzone "Quando canterai la tua canzone" inizia con delle grandi schitarrate, ma si ha l'impressione di essere di fronte a qualcosa di già sentito. E poi a me i testi che cercano di insegnarti come vivere non sono mai piaciuti, quindi alla fine rimane solo una canzone piacevole e niente di più, che in quanto brano di apertura non vale una "Il giorno dei giorni" o "Nato per me" o "Si viene e si va". La seconda traccia "La linea sottile" ha un bel testo e più rime di quanto il nostro sia abituato ad inserire solitamente in un testo. Un testo molto ironico con una musica piacevole, ma per ora ancora niente di esaltante. Il mio entusiasmo inizia a manifestarsi durante l'ascolto di "Nel tempo" il quale testo era già stato pubblicato in anteprima sul web un paio di mesi fa, ed io leggendo il testo mi sarei aspettato una ballata, quasi acustica. E invece mi ritrovo davanti ad un rock potentissimo e pompatissimo degno del miglior Ligabue. Ma forse la musica così potente sminuisce il testo molto bello e pieno di riferimenti agli anni '60 e '70. Si citano Zorro, Blek, Carosello, Lavorini, Berlinguer, Moro e via dicendo. Prima dell'ultimo ritornello c'è uno special dal chiaro sapore new wave anni '80, in cui i "c'ero" sono cantati in coro come se quella prima persona singolare diventasse plurale, quasi a suggerire la condivisione collettiva di almeno una parte del percorso.
Segue la classica ballata d'amore alla quale Ligabue ci ha abituati da una decina di anni a questa parte. "Ci sei sempre stata" non si discosta molto da "L'amore conta" o "Il mio pensiero". Anzi, praticamente ne segue la stessa linea. Bella, emozionante se si evitano i paragoni con le precedenti. Con "La verità è una scelta" finalmente si sente qualcosa di diverso. Un rock un po' più sperimentale e aggressivo con un testo molto duro e deciso. Anche se non è una canzone che si ascolterebbe più volte, va ad ogni modo premiato il coraggio. "Caro il mio Francesco" è una lettera sotto forma di musica che ha come illustre destinatario il cantautore emiliano Francesco Guccini. La lettera-canzone è un pretesto per sfogare la propria rabbia nei confronti di alcuni colleghi, la frustrazione che può comportare non tanto la celebrità ma le aspettative che si creano in seguito ad essa. Musica acustica, penso che raramente verrà eseguita negli stadi.
"Atto di fede" inizia su un tappeto di tastiere per poi esplodere in un forte rock da stadio con un bel ritornello che rimane impresso e ti fa venir voglia di cantarlo a scquarciagola. Segue "Un colpa all'anima" già citata, non credo ci sia molto altro da aggiungere. "Il peso della valigia" è forse la canzone più bella dell'album. Con un testo che inizialmente nacque come una poesia pubblicata nella raccolta di poesie "Lettere d'amore nel frigo" del 2006, e che in seguito è stato riadattato. Una grande canzone che trasuda pura poesia. Una delle migliori dell'ultimo Ligabue, senz'altro. E ora la canzone più insolita che Ligabue abbia mai pubblicato: "Taca banda", nata da una jam session in cui alla batteria siede il figlio undicenne Lenny, e nei cori sono presenti amici e parenti, tutti ad intonare il ritornello fatto di vocalizzi. Una canzone che inizia come un blues anni '50, e che alla fine dell'ascolto ti lascia con un sorriso.
Questo dimostra che quando Liga ha voglia di sperimentare e scherzare gli riesce piuttosto bene, e che quindi talvolta potrebbe evitare di proporre alcune canzoni un po' troppo scontate. Questa canzone allegra è stata messa qui forse con l'intenzione di preparare l'ascoltatore al pugno nello stomaco che avrebbe ricevuto ascoltando la canzone successiva "Quando mi vieni a prendere". Una canzone straziante e dolorosa, ispirata ad un fatto di cronaca accaduto a Dendermonde, vicino a Bruxelles, il 23 gennaio 2009. Un ragazzo entrò in un asilo armato di coltello e uccise una maestra e due bambini e ne ferì altri dodici. 7 minuti intensi, con un testo che vede come voce narrante un bambino che assiste alla scena. Ed il tutto raccontato con il linguaggio di un bambino. Straziante.
La canzone finale "Il meglio deve ancora venire" una canzone che dal titolo pare una promessa. Musica ben pompata come il classico Ligabue, da cantare in concerto. Infine si può dire che questo "Arrivederci, mostro" è un bell'album, con mostra un Ligabue più narratore del solito che per la prima volta sembra aver voluto dare molta importanza ai testi. Quest'estate seguirà il tuor negli stadi e poi mi chiedo quali saranno le prossime uscite. Io personalmente aspetto un cd acustico o di sole ballate come "Il peso della valigia", poiché ultimamente il nostro pare sapersela cavare molto meglio che non con tristi episodi rockeggianti (vedi "Un colpo all'anima", "Niente paura" e "Il centro del mondo"). Ma, stando a quanto si sostiene nell'ultima canzone dell'album, il meglio deve ancora venire. Speriamo.
Alla prossima...
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