Volenti o nolenti, l'uscita di un nuovo disco di Luciano Ligabue è un evento.

Molti hanno creduto in lui come la migliore voce rock nuova italiana, all'inizio dei novanta. Molti l'hanno abbandonato per sempre, altri l'hanno abbandonato e poi ripreso. Molti lo adorano, altri lo detestano. Quasi nessuno, però, lo ignora.

Io, chi mi legge lo sa, ne so apprezzare quell'onestà che trovo essere difficilissima, al giorno d'oggi, in un prodotto di massa.

In quest'opera, ormai ascoltata le volte necessarie per un giudizio sereno e completo, dobbiamo porci qualche domanda: è mantenuto il criterio di "accettabile onestà di massa?. E poi: "è un disco all'altezza della produzione precedente?".

Ovvio che siano questioni irritanti per i detrattori del Liga e del tutto indifferenti per gli indifferenti. Ma, come ho detto, io non appartengo a nessuna delle due categorie. E quindi non posso fare altro che mantenere il discorso su un terreno battuto (e battibile) prevalentemente dagli appassionati.

Alla prima domanda sarei propenso a rispondere di "sì".

Una premessa (già raccontata altrove): sostanzialmente ha ragione quel mio amico reggiano che una volta disse "sì, del Liga mi piacciono tutte e due: quella lenta e quella veloce". Ha ragione perché Ligabue paga al contempo il proprio pregio ed il proprio difetto: un ottimo senso della canzone ed un'imbarazzante impreparazione armonica (tradotto: fa tutte le canzoni con i soliti 4-5 accordi). È un pregio perché, se ci pensate, è una prerogativa di tutti o quasi i grandi della musica cosiddetta leggera. È un difetto perché, rigirando all'infinito le stesse cose, la monotonia o la banalità sono dietro all'angolo, e sono muri davvero difficili da schivare.

Ciò premesso, Liga è onesto quando scrive (si sforza di farlo sempre bene e sempre in modo, più o meno, originale), è onesto quando interpreta così infine quando confeziona, sempre con grande meticolosità, il prodotto.

Dal punto di vista sonoro io noto un miglioramento netto da quando c'è il nuovo batterista. Mentre non si può non notare un piccolo peggioramento -in quanto a monotonia- nella "nuova" (c'era già all'arena) impostazione della voce.

Dal punto di vista compositivo "letterario" direi che la questione è molto altalenante. Se c'è un brano decisamente suggestivo e originale "Quando mi vieni a prendere" (drammatica senza essere retorica, struggente nella sua inesplosa monotonia, pregna di una tensione durissima ma mai melodrammatica o malurlata -non dimentichiamo mai che, benché a Reggio, siam sempre in Italia, e la questione, spinosissima, poteva dar ben altri risultati.....-), e ci sono poi canzoni di buon livello, quasi ottimo, come "Ci sei sempre stata" o "La verità è una scelta", ci sono poi brani decisamente "riscritti", nel senso che battono terreni già battuti, secondo un modus anch'esso già troppo noto. In questi ultimi l'unica possibilità di godimento uditivo è data dal sound, dalle chitarre, sempre belle, e da questo splendido batterista che è un favoloso rametto in quanto a precisione ed è il principe, il gran visir, d'ogni sincopato.

C'è anche l'altra canzone di cui si parla molto, quella "Lettera a Francesco" che è una risposta/sequel all'inavvicinabile "avvelenata" gucciniana. E qui il Liga è stato più furbo che bravo. Rifare "surrettiziamente" un'avvelenata aggiornata ai tempi sarebbe stata opera fallace e facilmente smascherabile, e allora risulta una (mezza) furbata il travisare tutto da lettera all'autore dell'originale. Operazione riuscita a metà: il pezzo non è brutto, ma i confronti sono inevitabili ed impietosi. Liga è bravo ma troppo paraculo: non si esporrà mai come il Guccio... Ha troppa gente che gli riempie gli stadi, non deve irritare troppo... E quindi i suoi "nemici" (o se preferite avversari) sono sempre sfumati, eterei, impalpabili, e quasi sempre riferentisi a una sfera sua personale, mai generale o sociale. Insomma: un furbo di talento. Quando il Guccio era stato un geniale sguarato senza peli sulla lingua (e l'è sempre stato). Insomma...: come vero sequel dell' "Avvelenata" funziona meglio "Inneres auge" di Battiato...

E quindi veniamo al secondo quesito: è all'altezza della produzione storica?

Nella media direi di sì. Ma alla media, come alcuni alunni bizzarri, ci arriva in modo originale, ovvero, calcisticamente parlando, con una grande punta, due splendidi trequartisti, ed il resto della squadra che porta a casa una sufficienza così così.

Elenco tracce e video

01   Un colpo all'anima (03:31)

02   La linea sottile (04:11)

03   Tacabanda (02:29)

04   Quando mi vieni a prendere (06:28)

05   Il meglio deve ancora venire (04:44)

06   Ci sei sempre stata (04:16)

07   Atto di fede (04:11)

08   La verità è una scelta (04:07)

09   Quando canterai la mia canzone (04:03)

10   Il peso della valigia (04:15)

11   Nel tempo (03:23)

12   Caro il mio Francesco (06:03)

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Altre recensioni

Di  KillerJoe

 "Dopo vari ascolti scopro un album maturo, ben suonato e piacevole che ti viene voglia di riascoltare."

 "'Il peso della valigia' è una delle migliori canzoni dell'ultimo Ligabue, trasuda pura poesia."


Di  mondo.marco

 Addio Ligabue. Addio, suoni sporchi e semplici, provenienti dalla pianura Padana e dalla voglia di fare del sano e genuino rock.

 Non esiste più il vero Ligabue, quello che piace a me, ma solo un personaggio che canta canzoni carine ma tutte uguali.


Di  federicolaurent

 Da come si apre il disco pensi... 'Che inizio scoppiettante'... ma dopo un inizio esplosivo Liga si ammoscia.

 Si sa però che prima o poi tutti i grandi artisti finiscono nel commerciale e Ligabue non fa eccezione.