Dopo l'enorme successo di "Una donna per amico" (1978) - quasi un milione le copie vendute - Battisti decide di applicare una vecchia regola dello show-business: squadra che vince non si cambia. La regola però, questa volta, fa eccezione: "Una giornata uggiosa", datato 1980, verrà ricordato come uno dei dischi più pomposi e meno riusciti del periodo Mogol-Battisti. Il punto debole di questo album è, stranamente, Geoff Westley: l'artefice di un successo, si dimostra ora l'artefice di un insuccesso (musicale, non commerciale) francamente imbarazzante. Ormai completamente perso verso altri orizzonti, Battisti chiude definitivamente il proprio rapporto con Mogol, e ad una trasmissione radiofonica svizzera Lucio asserisce: "Ho voglia di cambiare. Mi sento pronto per affrontare nuove sonorità e nuove sperimentazioni".

"Una giornata uggiosa" è dunque l'album d'addio, ma è anche l'album della discordia. A canzoni di altissimo livello ("Con il nastro rosa" su tutte) si alternano canzoni stranamente sciatte ("Una vita viva", "Perchè non sei una mela"). Mogol scrive sotto il livello di guardia, Battisti compone piuttosto freddamente e Westley infarcisce i brani con trombe e fiati eccessivamente pomposi e magniloquenti. Qualcosa, naturalmente, si salva. Almeno metà dell'album è più che sufficiente. "Una giornata uggiosa" è il tipico brano quasi dance, leggermente meno sincopato di "Una donna per amico", contenente alcune interessanti intuizioni musicali. Il ritornello è ben costruito e la voce di Lucio è limpida e chiara quasi come ai tempi dei "I giardini di marzo". Desta comunque moltissima curiosità lo spunto polemico che Mogol riserva alla tanto amata Brianza (sede dello studio discografico in cui per anni Battisti ha inciso alcuni dei suoi più famosi album): "Sogno il mio paese infine dignitoso, e un fiume con i pesci vivi a un'ora dalla casa, di non sognare la Nuovissima Zelanda, per sfuggire via da te Brianza velenosa". "Una giornata uggiosa" resterà ai vertici dell'hit parade per moltissimi mesi, segno di un amore, comunque incondizionato, da parte di tantissimi fans. Molto bella anche "Arrivederci a questa sera", simpaticissima rivisitazione dell'antico problema italico della scosciatura femminile (un uomo porta in giro la propria bella che, sotto gli occhi del fidanzato geloso, si mostra ammiccante con tutti i passanti). La canzone è ritmata quanto basta, questa volta i fiati non sono strumento d'impiccio e il lungo finale musicale è divertente e ben elaborato. Curiosissima "Gelosa cara", una straniante composizione melodica condita da moltissimi alti e bassi: parte lenta, quasi soffusa (senza musica, come "Pensieri e parole") e sfocia in un ritornello altisonante quanto clamoroso. Battisti è ferocissimo, quasi collerico, contro un certo modo di atteggiarsi che solitamente hanno le, o gli, ex ("Gelosa cara amica mia, è proprio un tarlo una malattia, quella di non saper scordare ciò che da me non puoi sapere"). Copiata, volontariamente - o involontariamente? -, da Zucchero in "Donne" (1985). Un discorso a parte merita "Con il nastro rosa": melodica e dolcissima, basata su una melodia romantica e lievissima (molti archi) e su strofe languide e perfettamente incastonate una all'altra (riuscitissimo l'utilizzo della doppia rima: prato-passato; senso-penso-denso; rosse-mosse; casse-impasse; rosa-sposa) è un pezzo d’ antologia, mentre la voce di Battisti si fa sensuale come già ampiamente riscontrato nel precedente "Una donna per amico". Il sax alla fine condisce il brano di un'atmosfera unica e rarefatta. È un brano, in qualche modo, new age: le sonorità sono classicheggianti ma tendono a sfuggire dalle classiche musicalità tipicamente italiote. È il vero capolavoro dell'album, l'ultimo grande colpo di coda che Mogol e Battisti si sono divertiti a partorire. Senza contare che l'ormai celebre verso "Lo scopriremo solo vivendo" è diventato un vero e proprio modo di dire. Molto meno interessanti gli altri brani. "Il monolocale" è divertente ma manca di ironia e sarcasmo; "Perchè non sei una mela" non possiede nerbo musicale (ed è molto strano per uno come Battisti); "Orgoglio e dignità" è bellina, ma nulla di particolarmente eccezionale. È proprio la fine.

Cosa avrebbero potuto regalarci ancora insieme Mogol e Battisti? Forse molto, forse niente. "Una giornata uggiosa" scivola via lentamente: peccato che non sia un disco completamente riuscito, avrebbe potuto essere l'ultima esaltante perlina di un percorso artistico e umano che nella storia della musica (italiana e straniera) non ha, e difficilmente avrà, eguali.

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