Dopo l'apnea nelle profondità del mare, bisognava pur riemergere a prendere fiato. Mettersi lì, a guardare la luna che in silenzio si avvicina. Trovare qualcosa per cui vivere, una vita ipotetica da cantare. Dopo le sette lune dell'apocalisse c'è la palingenesi, dopo la disperazione erotica c'è l'amore. Anna avrebbe voluto morire, Marco voleva andarsene lontano, qualcuno li ha visti tornare, tenendosi per mano.

È un po' questo l'umore del disco, che si pone a metà strada nel percorso verticale dalle profondità del 1977 alla speranza Futura, pur turbata, scettica e impaurita, del 1980. Un umore sempre obliquo, ambiguo, in bilico tra la fuga definitiva e il ritorno, come Anna e Marco. C'è una speranza anche nella disperazione, dunque, una speranza insperata (per continuare gli ossimori) come un Tango che unisce il cielo con la terra, impossibile nelle ipotesi. Una danza, in un locale che fa schifo, con poca gente che guarda, ma una danza che salva, e si comincia a volare.

E la musica si risveglia insieme agli umori, alle emozioni. Un basso pulsante, assoli di sax, ritmi rock, a dare la spinta per uscire dalla palude del pessimismo, cadenze allegre su parole che continuano – a tratti – a smontare il senso dei giorni. E gli archi tesi, drammatici, un po' minacciosi un po' inebrianti, come le storie di balli e speranze nonostante la vita sia poca e sempre quella. Oppure arrangiamenti elementari (in apparenza, le filigrane sono sottilissime), beffardi nella loro ostentata prevedibilità, quando le parole chiedono tutto il proscenio.

Dalla è più addomesticato, ma conserva la sagacia da zingaro della canzone che sa condensare significati sfumati e complessi in immagini semplici, sa raccontare l'Apocalisse senza quasi colpo ferire. E qui canta con ancora più energia, perché non fa più il profeta dimesso della fine del mondo, ma è un araldo che si sgola per dire che dopo la morte, del mondo o di ogni giorno, c'è sempre un poi, una rinascita, un'alba, un nuovo anno, un ballo, un tango. La città emblematica qui è Milano, che ti porta sottoterra o sulla luna, un mistero tra vita e morte (in Dalla sarà la Roma de La sera dei miracoli: lì il percorso è più scopertamente positivo, dopo essere usciti dall'apnea, ci si muove più in fretta, più su).

Un'adesione alla vita che quasi si vergogna, che non lo vuole ammettere del tutto. Come la foto di copertina, malinconica ma illuminata, un Lucio che comunque non distoglie lo sguardo. E la miseria del mondo? Giochiamoci, ribaltiamola in una proiezione leopardiana verso L'anno che verrà. Vedi caro amico cosa si deve inventare per poter riderci sopra, per continuare a sperare?

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