Non sono emozioni a buon mercato quelle che può suscitare l'ascolto di questo lungo brano di musica elettronica di Luigi Nono (1924-1990), compositore per cui la musica era un modo di intervenire nel proprio tempo, di fare politica se necessario: "A Floresta é jovem e cheja de vida", realizzato nel 1966, lo dimostra in pieno.

Su nastro magnetico vengono registrati, oltre all'intelaiatura elettronica elaborata in studio, i suoni di un clarinetto, parti vocali di soprano, suoni di lastre di rame percosse, e voci di attori (all'epoca erano quelli del Living Theatre, il mitico gruppo d'avanguardia teatrale newyorkese). In una esecuzione dal vivo, tanto più interessante rispetto a uno sterile ascolto su cd, questi esecutori intervengono in scena, raddoppiando così la loro presenza acustica e arricchendo il pezzo di una componente visiva e gestuale. Così Nono intendeva questa musica nata giorno dopo giorno con la collaborazione degli interpreti.

Il risultato è un magma sonoro che assedia l'ascoltatore per 40 minuti, ora con il suggestivo intreccio delle voci, più spesso con violente scariche di suono che si è trasformato in rumore. Le sonorità del clarinetto (per quanto "stravolte) e delle lastre di rame, costituiscono degli appigli che lungo tutta la durata del pezzo sono punti di riferimento per l'ascoltatore e lo aiutano a non perdersi nel denso tessuto sonoro.

Se la musica elettronica rappresentava negli anni '50 e '60 il mezzo con cui provare a disfarsi delle convenzioni di una tradizione musicale opprimente, Nono si accorge che anche la musica elettronica corre il rischio di farsi imbrigliare dal convenzionale (la retorica dei "nuovi suoni", per esempio, o la tentazione di rifugiarsi in una sorta di paradiso artificiale) e la usa dunque con spirito critico, contro il "sistema" che l'ha prodotta.

Di qui i testi non letterari usati nel pezzo, tratti da testimonianze di operai e partigiani, da frasi di Fidel Castro, o dalle dichiarazioni di uno specialista militare del Dipartimento della Difesa USA (in questo caso ovviamente per enfatizzarne la disumanità). Di qui il titolo stesso dell'opera, da una frase pronunciata da un guerrigliero appartenente a un movimento di liberazione, costretto con i suoi compagni alla clandestinità: "Vogliono incendiare la foresta e farci uscire allo scoperto, ma non possono distruggerla perché la foresta è giovane e piena di vita".

Musica di grande emotività nei sentimenti da cui è ispirata, risulta oggi in parte appesantita dalla sua estrema tensione ideologica.

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