Non so se sia l'età che comincia un pochino ad avanzare dell'età (tanto lo scrivo per farmi dire "ma non è vero, sei ancora un giovincello!!") o più semplicemente perchè ciò di cui ho bisogno in musica è qualche cosa di calmo e delicato, fatto sta che negli ultimi due anni Pat Metheny è diventato una sorta di medicina contro i momenti negativi, ed un'ottima compagnia nei momenti migliori.
Metheny è, come anche le pietre oramai sanno, uno dei più acclamati e famosi chitarrista jazz, uno di quegli artisti capaci di essere diretti ma allo stesso tempo molto complessi, senza risultare mai eccessivo ne spocchioso nelle sue composizioni, ma ciò che secondo me lo contraddistingue dagli altri è proprio questo stile estremamente pacato, calmo e rilassante che difficilmente mi è capitato di riscontrare nei miei ascolti.
Il disco di cui voglio parlarvi oggi è forse uno di quelli meno famosi ed di Pat (pur essendo considerato uno dei migliori), ciò nonostante credo che sia uno di quei lavori che maggiormente meritano l'ascolto, non solo perchè la musica proposta al suo interno è come al solito pregna di emozioni e di una bellezza davvero non comune, ma perchè a far compagnia a Pat troviamo due musicisti di fondamentale importanza nel jazz, che rispondono ai nomi di Lyle Mays (tastierista e pianista diventato celebre proprio per la sua più che ventennale collaborazione affianco di Metheny) e quel geniaccio di Nana Vasconcelos, già in squadra con Brian Eno e Jon Hassel, che mai come prima d'ora dimostra in questo album una capacità nel dare un tocco in più di personalità alle musiche.
Registrato ad Oslo ben 28 anni fa, "As Falls Wichita, So Falls Wichita Falls" può essere considerato come una sorta di sunto delle esplorazioni musicali del chitarrista americano, che lo hanno portato molto spesso a fondere assieme al jazz, parti new age, ambient, pop, rock e folk, ed è proprio nella prima canzone, nonché title-track, che si raggruppano tutti questi elementi, che danno vita ad una lunga suite della durata di quasi 21 minuti, durante i quali si affiancano pacati momenti rilassanti dal forte sapore new age ad altri vicini al folk brasiliano sino a sfociare nel più classico jazz chitarristico di cui Pat è gran maestro.
L'altra metà del disco viene suddivisa in 4 episodi che rispondono ai nomi di "Ozark" (pezzo dotato di un'atmosfera festosa, davvero una piccola chicca nella quale è Mays il grande protagonista, con il suo piano sempre pronto a scandire una melodia calda e suadente al fine ad ammaliare e sedurre l'ascoltatore), "September Fifteenth" (una delle canzoni più tristi e toccattanti dell'intera discografia di Metheny), e poi "Estupedna Graça" (ancora una volta ispirata alla tradizione brasiliana e "sporcata" da tenui tinte jazzate). Splendida nel caso di questa traccia la voce di Vasconcelos, che si dimostra all'occorrenza anche un eccellente cantante, dotato di una voce corposa che sa essere anche estremamente delicata. Chiude l'album la più classicheggiante "It's For You", decisamente più vicina ai canoni tipici della musica del chitarrista.
In conclusione, questo "Witchia" è uno di quei lavori che mi fanno ricordare che la musica non è sempre una cosa stupida concepita da persone che vogliono solo far soldi, ma è soprattutto un mezzo di comunicazione, dal quale possono trasparire le emozioni ed i sentimenti dei bravi ed onesti musicisti e sono contento che qualcuno riesca ancora ad arrivarmi al cuore in maniera così diretta.
Credo di aver detto tutto ciò che volevo dirvi, vi lascio all'ascolto del disco, e congedandomi con un ringraziamento doveroso da fare a questi tre immensi maestri della Musica.
Grazie davvero a tutti e tre.

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