Isabella e Valentino

Faccio una premessa perché altrimenti non si capisce. Questo è il finale di un racconto che ho in mente. Ho già postato il ritratto di Isabella e di Valentino come editoriali. La storia è molto articolata, ci sono anche altri personaggi. Il racconto sembra che si concluda con la morte di entrambi i personaggi principali... però il finale l'ho pensato come segue...

Vedevo e sentivo, ero vivo. Li potevo capire e li guardavo mentre mi guardavano. Ero in sala rianimazione allacciato alla vita tramite tubi, fili, sonde. Sembrava che la stabilizzazione delle funzioni vitali procedesse a fasi alterne, un paio di volte stavano per perdermi, ma mi avevano sempre riacciuffato. La respirazione c'era, la circolazione del sangue così e così, la coscienza era più che vigile. Mi avevano salvato nonostante avessi un buco nel cuore e poche gocce di liquido rosso qua e là nelle vene. Ad ogni respiro il sangue mi gloglottava in gola alla maniera dei fringuelli o dei pettirossi, quando sono in amore. Per loro era un segnale che stavo combattendo per tornare alla vita, a quella vita che mi aveva dato solo sofferenza, diciamolo pure, quel cazzo di vita alla quale non sarei voluto tornare mai. Il personale infermieristico era altamente specializzato e tutti si erano lavati le mani almeno due volte. Si affaccendavano attorno a me come damigelle che si prendevano cura di una regina del milleecinquecento. Ero in buone mani. Mi buttavano sotto la carne sangue buono, non quello pieno di alcool e schifezze varie che hanno in corpo gli ubriaconi come ero stato io. Mi ripulivano ben bene. Era tutto molto bello. A parte una cosa, mi mancava Isabella. Dov'era quell'angelo che un giorno di inizio estate si era introdotta nella mia vita? Scombussolandola, facendola diventare un'esistenza vera, con litigi, coccole, incomprensioni, sguardi, e tutto quanto serve a fare di una vita, qualcosa che ti appaga. Così che, quando ti svegli la mattina non vieni preso da un senso di sgomento, perché le ore che verranno potrai pensare a lei, e a modo tuo sarai felice. La mia personale felicità che somigliava solo vagamente alla felicità degli altri, la mia, poteva anche consistere nello stare tutto il giorno a letto pensando alle sue ciglia che sbattevano, ai suoi capelli neri, neri e lisci, ma a volte anche arricciolati quando se li arricciolava. Capelli neri di raion, che fluttuavano al vento salmastro quando camminavamo sulla spiaggia e, in quei giorni di eccesso, mi davano benessere senza che ne fossi consapevole. Isabella aveva cambiato le carte in tavola e il mio fragile equilibrio si era frantumato, con lei era arrivato il piacere di esistere. Ma non conoscendola, quando ebbi la possibilità, non la compresi la gioia di vivere. Benché non l'avessi nemmeno scopata, quella folle e meravigliosa creatura aveva cambiato tutto nella mia vita. Gli imbecilli non possono capirlo questo, non sanno che il piacere è dato da un sorriso e un calcio in bocca, pochi calci, ma sorrisi tanti, e non c'è neanche bisogno dell'amore voluttuoso, non è indispensabile nelle cose dell'amore. Dove sei Isabella? Pensavo. Non c'era. Ma non fui preso dallo sgomento perché potevo inventarla, anzi, non sarebbe stata un'invenzione perché, tutti lo sanno, il sogno è un diverso aspetto della realtà. Bastava chiudere gli occhi e ce l'avevo lì, vera. Viva come nella cosiddetta vita reale, quella vita alla quale non appartenevo più, e mai più avrei voluto farne ancora parte. Potevo dipingermi il mondo come l'avevo sempre sognato, coi colori, migliorare un aurora boreale e andarci con Isabella. Camminare scalzo con lei tra i ghiacci del polo e ballare, ballare illuminati dalle luci al neon dei raggi di sole filtrati dai cristalli del ghiaccio. Eravamo pronti a vivere l'amore vero, quello che nessuno conosce e nessuno sa cos'è, che non chiede spiegazioni perché si assapora, ti stampa un sorriso nel cuore, ti fa volare e ti fa credere che la vita è bella, e... tante, tante altre cose ancora, tutte irragionevoli e incoerenti.


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