Nota introduttiva: l'autore di questo articolo ha già scritto su questo film una recensione/guida alla visione completa, articolata e argomentata reperibile a questo link. Di conseguenza, la seguente è da intendersi più come una riflessione a posteriori sul senso del film che come una recensione vera e propria.

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I prossimi 23, 24 e 25 gennaio, grazie alla benemerita attività congiunta dei distributori Dynit e Nexo Digital, uscirà nei cinema di tutta Italia il film d’animazione giapponese Your Name., anche noto con il suo titolo originale Kimi no na wa. e con il titolo internazionale scelto dal regista your name. (col puntino finale e tutto minuscolo: per i giapponesi la grafia non è un vezzo). Si tratta della prima di una serie di uscite che accompagneranno i fan degli anime per tutto il 2017 e che fa guadagnare alla Dynit tutta la stima degli otaku italiani, una categoria sociale ormai sempre più confusa e indefinibile: se fino agli anni '90 gli otaku erano ancora quella precisa e piccola nicchia composta da coloro che erano consci che Tom & Jerry e Sailor Moon avevano nazionalità, target e scopi narrativi diversi (tutti fattori regolarmente ignorati dal grande pubblico e anche dai programmatori televisivi), dal XXI secolo in poi ormai si fa fatica a trovare qualcuno che non si vanta pubblicamente di essere fan di UFO Robot Goldrake, connoisseur di Yoshiyuki Tomino ed esegeta di Puella Magi Madoka Magica. Eppure in patria il fenomeno otaku, stando al re degli otaku Hideaki Anno, si è ridotto praticamente a una sottocultura. In una recente intervista per il decennale dello Studio Khara, il regista ha infatti definito le coordinate dei prodotti d'animazione attuale, che secondo lui si dividono in tre categorie, più una: prodotti per bambini, prodotti d'intrattenimento per il pubblico generalista, e prodotti per maniakku, un nuovo fandom che venera opere in cui gli sterili aspetti puramente tecnici o puramente erotici sono il centro e il senso stesso delle opere; Anno colloca la cultura otaku fra le due categorie "intrattenimento" e "maniakku", ovvero quelle opere oggi rarissime che pur avendo grandi ambizioni popolari e pur ricorrendo al service hanno comunque come scopo primario quello di comunicare un messaggio forte allo spettatore. Opere che abbiano un senso.

Il film Your Name. si inserisce in questo dibattito, molto sentito in Giappone, sulla direzione che sta prendendo l'animazione locale. Il regista è Makoto Shinkai, un personaggio partito come bizzarro parvenu e diventato negli anni una figura di riferimento per l'animazione giapponese, al punto e tutti i mass media, sia locali sia del resto del mondo sia anche italiani, lo hanno accostato ad Hayao Miyazaki. Il parallelismo, partorito per puri fini giornalistici allo scopo di vendere più copie o conteggiare più clic (non si creda che i giornali giapponesi siano migliori di quelli italiani) è di una superficialità allarmante, al punto che persino Shinkai stesso si è dovuto difendere da questa "accusa" di essere l'erede del regista de La città incantata. Il motivo è semplice: non c'è niente di Miyazaki in Shinkai, o meglio c'è tutto per quanto riguarda l'aspetto e niente per quanto riguarda il contenuto.

Hayao Miyazaki ha da tempo, da decenni indicato la sua stima per Hideaki Anno (e recentemente sono arrivate altre conferme): i due hanno in comune tutto per quanto riguarda il contenuto e niente per quanto riguarda l'aspetto. Basti pensare alle declinazioni estremamente variegate e interessanti nelle opere di Miyazaki e Anno dei loro temi ricorrenti: la tecnologia come portatrice di benefici e al contempo di danni, che poi diventa il tema dell'ambientalismo, che poi diventa il tema del rapporto fra l'uomo e la natura, che poi diventa il tema della donna come centro della vita, e così via in un discorso man mano più profondo che i due cineasti hanno saputo declinare in maniera otaku, ovvero in opere sì affascianti e sì ricche di service, ma basate su un concetto forte che sovrasta ogni altro aspetto. Questa ricchezza semantica in Shinkai non c'è. Your Name. è un film bellissimo, una gioia per gli occhi e per le orecchie, un indicatore evidente delle grandi possibilità tecniche dell'attuale industria giapponese dell'animazione, un'esperienza commovente, una commedia romantica da manuale e un titolo di successo che però non ha nulla da dire allo spettatore che non sia già stato detto.

Temi di una forza clamorosa come la necessità dell'armonia con la natura in Nausicaä della Valle del vento o la necessità della fiducia in sé stessi in Neon Genesis Evangelion non vengono nemmeno sfiorati in Your Name., che si concentra sul recupero di una gran quantità di stereotipi della cultura giapponese (sia alta sia bassa) e li rimescola in un mix tanto convincente quanto retrogrado. Your Name. è un meraviglioso puzzle composto con centinaia di pezzi già visti, già inventati, già pensati: Shinkai ha il dono di saperli mettere insieme in un unicum organico, incorniciandoli con la sua solita capacità grafica sfavillante e immergendoli in una colonna sonora composta in stretta collaborazione con la rock band RADWIMPS. Il risultato è un film che vuole far ridere e vuole far piangere con il cronometro in mano, conscio che gli elementi che usa sono tutti più che collaudati.

Ovviamente non c'è nulla di male nel realizzare una commedia in cui la debole fanciulla in pericolo deve essere salvata dal forte principe azzurro di turno, che celebra lo stile di vita giapponese patriarcale standard che vuole lui impiegato e lei massaia, che propaganda la superstizione religiosa, che divide il mondo in caste sociali, ma ci si chiede se tutto ciò nel XXI secolo abbia più un senso, soprattutto se questi elementi passatisti sono calati in un immaginario grafico così abbagliante da renderli sottilmente subliminali e non immediatamene individuabili. Che senso hanno avuto le eroine di Miyazaki se poi le donne hanno un bisogno mortale del loro uomo per sopravvivere? Che senso ha avuto l'Operazione Yashima di Anno se poi il mondo viene salvato dal singolo supereroe di turno e non dalla presa di coscienza della collettività?

Il vero problema di Your Name. è che è un film troppo bello. L'animazione splendida, le scenografie commoventi, i giochi di luce naturale e artificiale abbacinanti, la sceneggiatura così precisa, la trama bilanciata, la musica meravigliosa e meravigliosamente armonizzata con le immagini, l'uso di luoghi reali banali che magnificati dal film sono diventati luoghi turistici… tutto funziona fin troppo bene. Your Name. è uno spettacolo cinematografico di rara bellezza, farà scuola e merita fortissimamente merita di essere visto al cinema e di essere apprezzato sul grande schermo. Ma al di là della superficie bianca su cui si proiettano le luci e le ombre, cosa rimane?

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