Dietro il volto raccapricciante di Brian Warner, in arte Marilyn Manson, si cela uno dei progetti di maggiore successo della storia del music business americano. Milioni di dischi venduti in dieci anni di carriera, sfruttando la trasgressione ed il tentativo di infrangere, con ogni mezzo, la censura americana, come un efficacissimo veicolo promozionale. Certo che a mostrare i genitali durante un concerto, sgozzare un pipistrello o definirsi l’anticristo Mr. Manson non è stato affatto il primo nella storia del rock, ma è fuori di dubbio che nessuno, prima di lui, era riuscito a sollevare tempeste mediatiche di tal genere.

Detto questo, va aggiunto che Marilyn Manson è stata una delle band più innovative del rock di fine millennio. Erede del movimento industrial dei primi anni ’90 (Nine Inch Nails, Ministry, White Zombie) i MM sviluppano un sound originalissimo, all’apparenza grezzo, ma che, ad un ascolto più attento, rivela una pregevole ricercatezza dei suoni, curati, peraltro, dai migliori produttori in circolazione. Campionamenti, loop di batteria elettronica, effetti umoristici, uniti ad un ampio uso dell’effettistica più “trendy” (flanger, whammy, harmonizer, synth...) dell’ottimo chitarrista Zim Zum, sono gli elementi che compongono il mosaico sonoro dei loro pezzi. "Lest We Forget" racchiude tutti i loro successi più famosi: da "The Dope Show", a "Rock Is Dead", "The Beautiful People", passando per le splendide cover di "Personal Jesus" dei Depeche Mode (la bonus track nel disco), "Sweet Dreams" (Eurythmics) e di "Tainted Love" (Soft Cell), sono in tutto 16 i pezzi di questa invitante compilation.

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