Cristiano Godano con i suoi Marlene Kuntz continua nella sua osservazione del mondo circostante e delle sue miserie umane, a volte con occhio freddo, ma più spesso con parole sprezzanti, taglienti e violente, ritagliandosi momenti di quiete malinconica in cui viviseziona istantanee di relazioni umane sempre tradotte in parole dal suo lirismo dotato. Nell'ascolto puoi essere catapultato in un bosco dove si aggirano amanti in un duello di emozioni ("Una canzone arresa"), con la musica che ricorda vagamente il singolo che verrà, ossia quel tentativo di svolta pop che sarà "La canzone che scrivo per te". Più spesso il palcoscenico dello scontro dei sessi ti consente di immergerti fra le lenzuola di un giaciglio, dove i corpi si rincorrono in bilico tra la veglia ed il sogno ("Infinità") sorretti da un letto di chitarre sottilmente distorte, con la eco di "Nuotando nell'aria" che regna sovrana nella mente di chi ascolta e ha amato il primo lavoro della band di Cuneo. D'altra parte di colpo puoi anche trovarti fradicio in mezzo ad una tempesta noise-rock di liquidi corporei ("Il naufragio") o disorientato dagli scricchiolii delle chitarre e dei riverberi del "Lamento dello sbronzo", ennesimi frutti della vicinanza ectoplasmatica ai nostri dei maestri Sonic Youth. Dall'inizio alla fine la soglia della poetica del gruppo non scende mai sotto i livelli di guardia della sufficienza abbondante, rischiando di non convincere del tutto forse solo con il ritornello marziale di "Questo e altro", ed esaltandosi nella coppia finale di brani introdotti da due "spore" fatte di melodie accennate, rumori e feedback. Prima le battute veloci di "In delirio" ti alzano dal suolo e ti fanno deragliare nelle sinapsi del tuo cervello, in una discesa in caduta libera verso il vuoto finale dell'urlo "vago nel folto di fronde in delirio!" per poi essere avvolto dall'incanto amaro e consolatorio di "Un sollievo". Siamo alla fine, la mano indugia un attimo sul tasto stop, la mente comanda e richiede la sua dose..

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