Con quell'aria a metà tra sparviero e spaventapasseri l'aspetto da rockstar smandrappata non ti manca di sicuro. E anche a genio, tutto sommato, stai messo bene: è da fine settanta, infatti, che ci propini un pop freschissimo e scintillante, ora virato wave, ora devoto ai sixties. Non parliamo poi della creatività debordante, ah, non bastava scrivere quindici canzoni al giorno, no, figuriamoci. Così ti sei messo a scrivere poesie e stai pure pensando al primo volume della tua autobiografia. Eppure, nonostante questo stakanovismo creativo, non ti si fila nessuno. Del resto non è una novità. Ti sei fatto il glam, il progressive, hai quasi rischiato di entrare nei Damned, hai creato alcune delle più perfette macchine pop di sempre, eppure niente. E la cosa comincia un po' a scocciarti, che si, insomma, per una volta ti piacerebbe andare al pub e sbandierare qualche risultato senza limitarti a dire quella cosa che in Giappone e in Francia sei un musicista di culto. Anche perché essere un musicista di culto in Giappone e in Francia significa, di fatto, fare il giardiniere in Inghilterra.

E comunque non è solo questo, è anche che tutti i tuoi amici se la passano meglio di te: il capitano sta portando in giro la sua gloria, Lol è una nuvola svagatissima e leggera, Giles è a New York a intervistare Lou Reed e Nelson è in tour coi New Model Army. Tu invece stai davvero parecchio giù. Pian piano però cominci a prendere quella specie di umiliazione in modo quasi zen e trasformi quel buio in una piccola luce che ti dice di azzerare tutto. Allora per un po' diventi una specie di giardiniere dell'anima e il badile, anziché per dissodare il terreno, lo usi per gettar via la spazzatura dal cervello.

Poi un bel giorno incontri un discografico illuminato che non solo ti offre la possibilità di incidere un disco, ma ha anche la brillante idea di coinvolgere Andy Partridge per la produzione. La cosa in verità non è semplicissima, ci sono parecchi problemi di budget, un terzo rispetto a quanto servirebbe, ma tutto si risolve accordandosi con lo stesso Andy per registrare nel suo studio da giardino a Swindon. Tra l'altro pure lui sta parecchio giù, ha un divorzio in corso e la nave XTC è “bloccata tra i ghiacci”. Andy è soprattutto un ammiratore della tua poesia e, prima di questo “affaire”, un giorno ti aveva telefonato per proporti uno scambio: il tuo secondo libro di poesie per una copia di “Nonsuch”, l'ultimo degli XTC.

Comunque quel che succede dopo è che, piuttosto gasato, gli fai ascoltare i demo di una ventina di canzoni, roba ultra sopraffina di cui sei strasicuro. Andy ascolta e ti dice “Martin, qui al massimo abbiamo mezzo album non è che di canzoni ne scriveresti qualcun'altra?”. Ecco, avresti potuto arrabbiarti, invece la prendi bene. Le scrivi quelle cazzo di altre canzoni e lo fai perché capisci che stai lavorando con uno che ha un fottuto orecchio da pipistrello. Fa niente se non sei un maniaco da studio e se le tue cose vengono meglio un po' incasinate. Per una volta rinuncerai alla grazia dell'errore, al passo claudicante e al frinir di cicale. Del resto stai registrando un classico del pop per i tempi a venire te ne rendi conto, cazzone di un dilettante? Detto delle serate al pub di Swindon dove fiammeggiava il vulcano che avete al posto del cervello (ah essere un moscerino e ascoltare i vostri discorsi!!!) non resta che chiudere questa piccola storia con il più inatteso degli happy end. E allora signori gustatevi con me il nostro spaventapasseri/sparviero mentre entra al pub con in mano la copia di Rolling Stones che recensisce l'album assegnandogli quattro stelle su cinque. La prima recensione di Rolling Stones in vent'anni di onorata carriera!!! Oh merda, son tutti li a bocca aperta. Stop.

“The greatest living englishman”...Una fottuta lanterna magica e un alternarsi di cartoline ottocentesche e teatrini alla Ray Davies, dio mio, è tutto così dannatamente inglese. Ah signori, il pop viene dalla notte dei tempi e oramai non è che una specie di quasi folk per bambini troppo cresciuti. Non solo, si sente, leggero, anzi leggerissimo, una specie di profumo che davvero non trovo le parole. Poi scovo in rete un tizio che lo definisce come un sentore di caramello vagamente oppiaceo e, cavolo, l'immagine mi colpisce come un'epifania. Bello sapere di non essere l'unico pazzo. E comunque si comincia con la leggiadra malinconia di un dandy iper vissuto e si prosegue, e qui cito proprio il caro Martin, con la romantica atemporalità di un villaggio inglese in autunno, una cosa tipo camminare lungo una stradina stretta in una giornata piena di vento. Ma chi è il ragazzo affamato dalla testa penzolante? E perché, Martin, dice di essere un fantasma?

Che poi può darsi pure che io mi sia perso. E allora facciam che seguo i sassolini come Pollicino. Dunque, dunque, dicevamo? Ah si, una stradina piena di vento, il quasi folk per bambini troppo cresciuti, la leggiadra malinconia del dandy, il sapore dannatamente old England e un vago aroma di caramello oppiaceo. Poi, se volete farvi un'idea più precisa, ecco qui, solo per voi, una grandiosa coppia di favolosi ibridi: per il primo prendete delle immagini alla Dickens e una saggezza alla Oscar Wilde e mischiate; per il secondo la materia grigia di Ray Davies e la romantica follia di Paul Roland e, ovviamente, mischiate di nuovo. Come? Chi è Paul Roland? Dai, non ditemi che non conoscete il più incongruo fantasma delle brughiere albioniche!!! Non bastasse ancora, aggiungete il solito armamentario di delizie rococò e armonie stravaganti tipiche di un disco sixties oriented. Con un offerta, per di più, piuttosto variegata, visto che qui trovate davvero di tutto: dalla psichedelia più dolce e malinconica alla canzoncina che, se ascoltata per caso, ti fa la giornata, dal dandy folk più vissuto alle infinite variazioni jangle, Su tutto comunque quel profumo che dicevamo.

Poco a che fare, comunque, sia coi Cleaners, sia con la confraternita. Che qui non ci sono schizzi, ma quadri, il che significa niente bric a brac impressionistico, niente trovate da due soldi o botole che sprofondano nell'inaspettato. La magia, per una volta, è nell'ariosità quasi orchestrale e in un suono che, pur fluttuante, è pieno e corposo. Insomma, seguendo le intuizioni del dannatissimo orecchio di Andy, tutto è ripulito e levigato. Il risultato è una deliziosa crema senza grumi servita su una tavola domenicale ben apparecchiata. Roba che noi fans dei Cleaners mica siam tanto abituati. Che si, certo, il pop dei sessanta, ma quella classicità non è magari un po' troppo? Beh, no. La freschezza di Martin non risulta minimamente irrigidita, né tantomeno sommersa. Un artigiano sapiente ne ha solo accentuato il lato squisito e fuori dal tempo. Trallallà.

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