Kim Thayil: "Is Prick comparable to Lou Reed’s Metal Machine Music?" Buzz Osborne: "It’s not that serious; it’s far stupider. It was the perfect record to put out between two major label releases. Atlantic Records freaked out before they heard the record (...) Prick sold about 10,000 copies or something. I would have been happy if it had sold two. Then thousand? My heart almost stopped"

Trattare stupidamente di argomenti seri è qualcosa in cui molti sono campioni; parlare seriamente di complete idiozie invece è molto più difficile. Spero di esserci riuscito. Prick, album dei Melvins uscito nel 1994, è, a detta dei suoi stessi creatori, una totale cacata. Dale Crover e King Buzzo, all'epoca affiancati da Mark Deutrom al basso, sono sempre stati dei campioni nel fare quello che pare a loro e nel produrre materiale che rasenta la presa in giro: in questo disco la tendenza raggiunge i massimi livelli. Siamo negli anni del grunge, in cui, sulla scia del successo dei Nirvana, le major discografiche mettevano sotto contratto qualunque gruppo si aggirasse dalle parti dello stato di Washington; i Melvins avevano appena firmato per l'Atlantic Records, che aveva fatto uscire nel 1993 Houdini, il maggior successo commerciale dei nostri. L'Atlantic aveva proibito a Buzzo e amici di produrre materiale sotto altre etichette, perciò Prick venne prodotto per la storica Amphetamine Reptile con il nome di Snivlem. Perché lo fecero non ci è dato saperlo, ma le inspiegabili vendite del disco contribuirono a finanziare la produzione del loro successivo album, Stoner Witch. Prick, "cazzo" in inglese, avrebbe dovuto in origine chiamarsi Kurt Kobain, ma l'improvviso suicidio del cantante dei Nirvana, amico personale di Buzz e Crover dai tempi della scuola, convinse i due a rinunciare all'idea . I due si premurarono comunque di ricordarci che il "cazzone" in questione è proprio Kurt Cobain, che con la sua morte li costrinse a cambiare il titolo del disco. Incredibile che un album così senza capo né coda possa regalare delle storie così commoventi, vero?

La manifesta inutilità di Prick rende subito evidente quanto sia superfluo tentare di descrivere il contenuto di questo album; tuttavia, se proprio vogliamo provarci, troveremo una marginale presenza di elementi di qualche interesse che potrebbe permetterci di parlarne più approfonditamente. Nei quarantadue minuti del disco troviamo infatti Rickets, un minuto e venti di confuso, sporco e soffocante rock arduo da descrivere; Pick It n' Flick It, un burino assolo di chitarra di cento secondi così strano da sentire in un disco dei Melvis; la strumentale Larry, l'unico pezzo vero e proprio del disco, in puro stile Houdini. Probabilmente il punto più interessante dell'album, se non fosse per la presenza di Pure Digital Silence, in cui una voce rasposa dal finto accento britannico che, "for your listening pleasure", ci introduce ad un minuto di puro ed assoluto silenzio. Per il resto troviamo l'indecifrabile Chalk People, la jam senza capo né coda di Chief Ten Beers, la batteria con sovraincisi suoni di campane e brusio di gente che parla di Punch the Lion. Il tutto a contornare la somma idiozia di How About, inutile collage di uccellini che cinguettano e gente che parla, le registrazioni ambientali prive di qualsivoglia interesse di Underground e Montreal ed il guazzabuglio finale Roll Another One, quattordici minuti di copincolla sonoro senza senso.

Prick è insomma un disco che non ha motivo di essere ascoltato; in effetti è difficile trovargli anche un vero motivo di esistere. Però se avete tre quarti d'ora da buttare ed avete uno strano senso dell'umorismo, come i Melvins o il vostro qui presente recensore di fiducia, Prick vi permetterà di buttare via questi minuti con gran classe. Anche perché è sempre meglio ascoltare un disco senza senso fatto senza motivo che un pessimo disco prodotto con grandi pretese. Completisti dei Melvins e masochisti sonori, fatevi avanti.

Carico i commenti... con calma