Forse vi starete domandando per quale motivo abbia deciso, a 23 anni di distanza, di recensire un disco come "...And Justice For All". Semplicemente perché è un must per ogni amante della musica estrema e perché di tanto in tanto occorre rispolverare "vecchi" lavori che hanno segnato generazioni di appassionati (semmai ve ne fosse il bisogno, non è mia intenzione voler apparire uno dei pochi "adatti" a questo compito). Lavori che si collocano cronologicamente negli anni '80 e nei primi anni '90, rimasti ancora oggi insuperati e che, a giudicare da quello che si ascolta oggi, difficilmente verranno solo sfiorati. Per la cronaca ricordiamo "The Number Of The Beast", "Master Of Puppets", " Reign In Blood", "Rust In Piece", "Cowboys From Hell", tanto per citare i più famosi (ma ce ne sono tanti altri). Ecco, "...And Justice For All" fa parte di questa categoria.

Premesso questo, soffermiamoci sul disco in questione: la prima cosa che si nota ad un primo ascolto è senza dubbio un sound rinnovato rispetto ai predecessori; il tono delle chitarre è asciutto, pulito, più brutale e tagliente rispetto a quanto sentito in "Master Of Puppets", sebbene perda qualcosa (ma proprio pochissimo) in termini di corposità. La batteria di Ulrich risulta veramente pesante, con un rullante dal suono secco e roccioso e doppia cassa in evidenza. Unico difetto riscontrabile è la quasi totale assenza del basso in fase di mix, il che è un gran peccato perchè l'eccellente lavoro di Newsted avrebbe dato quel tocco rude in più ad un album già violentissimo sonoricamente.

L'incipit è affidato alla tremenda "Blackened"; si parte con un fading di chitarre armonizzate che sfocia in un riff dinamico e potente, il tutto supportato da un Ulrich indiavolato dietro le pelli. La canzone presenta una struttura tripartita: prima parte velocissima, seconda lenta e cupa (2:36), terza più dinamica (4:10) con interludio e mirabolante assolo di Kirk Hammett, sicuramente uno dei migliori della sua carriera. Si passa alla title track dove il ritmo rallenta, ma la potenza è la stessa: la delicata introduzione di chitarre acustiche non deve trarre in inganno perché i riff seguenti mostrano che i Four Horsemen riescono a impressionare anche senza velocità, con riffs cadenzati e ben ritmati. Il ritmo cala ulteriormente con la tetra "Eye Of The Beholder", in cui la cavernosa voce di Hetfield parla di una libertà in pericolo violata spesse, troppe volte; buon brano forse sottovalutato. E arriva il momento di una di quelle canzoni che non tramontano mai, un vero e proprio capolavoro capace di regalare emozioni fortissime (ancor di più quando eseguita live): si tratta della famosissima "One". Testo socialmente impegnato, non si tratta della solita, anche banale certe volte, condanna alla guerra ma di un vortice di contrasti (vita/morte, amore/odio, speranza/disperazione) che si può ascoltare non solo dal testo ma da ogni singola nota suonata. E così dopo gli splendidi arpeggi puliti seguiti regolarmente da un refrain con chitarre molto distorte, si passa ad un momento di tensione (a cavallo del quarto minuto) nel quale il suono si inspessisce; nel malinconico incedere arriviamo alla scontata consapevolezza che la guerra può portare solo distruzione: le sestine di crome eseguite con la doppia cassa e con il palm muting sul Mi basso della chitarra alludono chiaramente al suono di una mitragliatrice che non lascia scampo: è simbolo di morte. L'assolo di Hammett è commovente ma allo stesso tempo veloce; la parte finale procede a passo sostenuto come i Metallica sono soliti fare. Mozzafiato. Si prosegue con "The Shortest Straw", dinamica e dura come un macigno; qui Hammett ci regala un assolo stilisticamente ineccepibile e uno dei più complessi nell'album. La successiva "Harvester Of Sorrow" si distingue per il ritmo cadenzato e i potenti stoppati di grande effetto. "The Frayed Ends Of Sanity" è una mid-tempo più che discreta, forse è la peggior traccia del disco, ma si mantiene comunque su livelli molto alti sia chiaro; molto efficaci i cori all'inizio del brano che suonano in maniera alquanto sinistra, inoltre il riff schizofrenico rende bene l'idea di ciò che si vuole trasmettere all'ascoltatore; unica pecca è la presenza di qualche punto morto. E giungiamo alla strumentale "To Live Is To Die" dedicata al talentuoso bassista Cliff Burton, morto in un maledetto incidente stradale durante un tour dei Metallica in Svezia. Brano struggente, è tutto un susseguirsi di assoli che trasmettono desolazione e malinconia, con quell'ossessività di chi ancora fatica ad accettare la brutalità degli eventi. Ed è proprio la brutalità a farla da padrona in quella che è l'ultima traccia, ovvero "Dyers Eve", pezzo velocissimo in cui Hetfield affronta il problematico rapporto con i genitori e con l'educazione da essi ricevuta. Thrash Metal puro: testo urlato, doppia cassa martellante. Devastante. Si chiude qui l'ascolto dell'album, dopo più di 65 minuti di violenza sonora che lascia macerie dietro di sé.  

Rispetto ai precedenti lavori, i tempi si dilatano ulteriormente (più di 7 minuti a canzone in media) mostrando una chiara attitudine progressive, con brani ben studiati, intricati nei loro cambi di tempo, nelle loro metriche irregolari e nell'utilizzo di sincopi e contrattempi. Da tener presente inoltre le ampie sezioni strumentali con assoli di pregevole fattura e passaggi con chitarre armonizzate anch'essi degni di nota, senza contare una sezione ritmica stupefacente, marchio di fabbrica dei Metallica da sempre. Sulla prestazione dei singoli c'è poco da ridire: ognuno dà il massimo. Come già detto, un basso più in evidenza avrebbe giovato ulteriormente all'assetto generale, così come un effetto "ambiente" che è proprio inesistente (come se i suoni fossero "inscatolati"). Rimane veramente un peccato che alcuni componenti della band (in particolare Lars Ulrich) si siano lasciati andare e non abbiano mantenuto il buon livello raggiunto in questo capolavoro (tecnicamente l'apice della band). 

In definitiva "...And Justice For All" è un album non certo di facile ascolto che viene metabolizzato dopo varie volte, e per via della struttura particolarmente intrecciata dei brani e per il sound freddo e ruvido. Va sentito sia con il cuore che con la mente. Disco storico (forse più importante del predecessore per certi versi) che definisce nuovi canoni stilistici e che sarà fondamentale per lo sviluppo di correnti future, come il groove. Ovviamente non è l'unico a farlo e comunque queste sono considerazioni del tutto opinabili. Resta il fatto che "...And Justice For All" è indispensabile tanto per i fan accaniti quanto per chi abbia intenzione di sentire cosa i Metallica sono riusciti a sfornare (vecchi tempi andati...).

Semplicemente: ascoltatelo.

Carico i commenti...  con calma