Il 27 Settembre 1986, nei pressi del paesino danese di Ljungby, muore in un incidente stradale, l’eccentrico bassista dei Metallica, Cliff Burton.
Dopo una incerta pausa lunga quasi 2 anni, Ulrich e co. scrivono, insieme al nuovo bassista Newsted, una delle pagine più belle nella storia del metal. Come un fulmine a cielo sereno, come una Ferrari che scorazza via a 280km per il centro della città,…”And justice for all” arriva è devasta il mondo!
Una pulizia del suono invidiabile, tecnica a livelli altissimi, testi ispirati e perfettamente integrati! I metallica creano un album preciso, ma complesso allo stesso tempo; cupo, oscuro, cattivo, veloce! Semplicemente perfetto!
Un lavoro, che si differenzia da 3 precedenti album, per l’elaborazione, per la ricerca di nuove frontiere nella musica, per la sonorità, che và molto sullo speed-metal, mantenendo le radici THRASH!
Un disco che ha fatto, fa e farà la gioia di ogni batterista. Lars Ulrich , manager-batterista della band di San Francisco, compie veri e propri miracoli, tenendo, con la sua “Tama
Kirk Hammet, invece ci regala, assieme a Hetfield, melodie e riff storici, e assoli che fanno venire la voglia di pogare.
Il nuovo bassista, Jason Newsted, soprannominato dai fans “the new kid boys”, si adatta benissimo allo spirito della band, stando dietro a ritmi velocissimi e potenti. Non è mai stato l’erede di Cliff, nessuno lo ha mai messo sullo stesso piano del suo precedessore, ma ha sempre fatto il suo dovere, in 12 anni di alti e bassi della metal band.
Nel 1989, anno dell’uscita dell’album, molti videro in “And justice for all”, il disco della svolta, sia in negativo che in positivo. Infatti i critici vedano questo (capo)lavoro, come un tradimento delle sonorità di “Master of puppets”, ma contemporaneamente si contraddicevano, annunciandolo come l’album più bello, che segnava l’ascesa verso il successo, grazie ad un suono mai visto prima.
Canzoni storiche sono presenti nel disco. Si incomincia con la cupa “Blackened”, con un intro silenzioso e un outro galvanizzante! Un assolo, quello di Blackned, fra i più belli ideati da Kirk. La title-track, con il suo sarcasmo, nella voce di Hetfield, nei testi, nella musica. La tambureggiante “Eye of the beholder”, con il suo ritornello inneggiante alla libertà. Traccia n°4..la stupenda “One”, la ballad che parte triste e sfocia in pura rabbia, esperimento già riuscito con “Fade to black” e “Welcome Home- Sanitarium”. Un pezzo bellissimo che rievoca il dolore della guerra. Devastante “the shortest strow”, che all’inizio tuona come poche altre song. Con il suo continuo “Stop and go” e le sue frustate, “Harvester of sorrow”, ci fa capire come l’amore si trasforma in odio. “The frayed ends of sanity” è la traccia più strana dell’album, musicalmente, negli effetti e nei testi. Lo spirito è sempre molto “battente”. Il ritornello non sfigurerebbe in una canzone black – metal. Il culmine della tecnica e dell’emozione viene raggiunto con “To live is to die, l’ultima canzone composta da Burton. La batteria fa la parte di un direttore d’orchestra, dando i tempi ad arpeggi commoventi, effetti di violino e assoli di chitarra sublimi. Indimenticabile il pensiero di Cliff Burton, “narrato” da James nella track. “Dyers eve”, sembra uscita dall’inferno, con una velocità assurda, che ricorda molto “Damage inc”.
Forse l’ultimo, vero, stupendo, indimenticabile capolavoro dei Metallica……………………….facciamo gli scongiuri… “When a man lies he murders some part of the world. These are the pale deaths which men miscall their lives. All this I cannot bear to witness any longer. Cannot the kingdom of salvation, take me home?”….
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