Dal prossimo 12 luglio sarà disponibile per la prima volta in assoluto il vinile (doppio) de "La musica che gira intorno" di Mia Martini, edito da BMG Italy / Sony.

Un album assolutamente immancabile in una qualsiasi collezione che si rispetti, per la scelta dei brani in scaletta, per la cura degli arrangiamenti, per l'intensità delle interpretazioni in esso racchiuse: tutto ai massimi livelli. Ricordiamo infatti che la stessa Mia Martini ne fu produttrice artistica, dedicandosi per mesi e mesi alla realizzazione di questo lavoro con estrema meticolosità.

Sfortuna volle che sarebbe purtroppo stato questo il suo canto del cigno. "Maledetta sfortuna", del resto cantava dilaniata lei in "Dillo alla luna" di Vasco, una delle tante perle di questo disco.

Ma forse la sfortuna non esiste, forse fu solo il destino.

E di quello che sarebbe stato il suo di destino, Mia Martini appariva a tratti assai ben consapevole. "Non ho più molto tempo", diceva. "Non voglio fare più nulla che non resti nella storia", dichiarava in quel periodo.

Così, aveva sentito il bisogno di reinterpretare una raccolta di canzoni da lei particolarmente amate, scelte secondo un criterio "d'amore", vale a dire cioè, quelle che sarebbero state scritte a suo dire in "momenti di grande amore" da parte di nomi che storicamente hanno sempre brillato per il loro impegno sociale, e che lei invece avrebbe qui raccontato solo e soltanto come uomini, perché ad interessarle erano sopratutto "le fragilità umane", come ebbe modo di dichiarare a tal proposito.

E a parte qualcuno come Pino Daniele (rimasto volutamente fuori dall'antologia, poiché Mimì avrebbe voluto dedicargli un'intera monografia a parte, appunto), a firmare inconsapevolmente le ultime parole cantate di Mimì, furono dunque Dalla, De André, De Gregori, Zucchero, Bennato, Vasco Rossi per l'appunto, e l'immancabile Ivano Fossati, quest'ultimo con ben tre brani in scaletta, proprio perché il criterio da lei adottato in questo caso era stato appunto l'amore. Fossati continuava ad essere il suo grande amore, l'unico. "Lo odio, ma sono pazza di lui", diceva divertita (ma non troppo).

Dieci canzoni d'autore della sua vita, che col sennò del poi avrebbero costituito una sorta di suo testamento spirituale.

Mia Martini ci ha lasciato così il suo capolavoro.

Io cerco davvero di non abusare mai di questo termine. Stavolta però lo trovo appropriato più che mai.

Persino la bellezza indiscutibile stessa delle canzoni contenute in questo album, sembra scomparire di fronte alla sua bravura, alla sua incredibile capacità di attraversare l'anima di chi la ascolta, con quella voce che oramai pochi mesi prima della sua morte improvvisa (ma non troppo), aveva raggiunto vette espressive da vera pelle d'oca.

Un disco che sembra davvero inciso ieri, che non ha minimamente risentito del tempo trascorso (già un quarto di secolo!), forse perché come disse Fossati dopo averlo ascoltato in anteprima con la stessa Mimì a casa di Dori e Fabrizio, lei ormai non cantava più canzoni, ma dipingeva dei quadri.

Ed infatti lo sappiamo bene come certi quadri riescano a trapassare indenni lo scorrere dei secoli, nella loro capacità di renderci un'intera visione dell'universo, di regalarci a volte delle vere e proprie esperienze sensoriali, consegnandosi indiscutibilmente all'eternità.

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