Aspettavo questo disco con una certa curiosità (come ogni uscita su Drag City) e devo dire che questa volta, a differenza per esempio che "Hippo Lite" dei Drinks (Cate Le Bon e Tim Presley) le mie aspettative non sono state disilluse. Nel caso citato in effetti due artisti che avrebbero potuto combinarsi in un interessante "combo" in un format diverso, che so, tipo Mick Harvey che reinterpreta Serge Gainsbourg magari (ma forse sparo troppo alto) si sono invece persi in tentativi sperimentali minimali che si sono musicalmente tradotti - dato il contesto - in quel fenomeno che in inglese chiamano "frost boils". Ovvero "bolla di fango". Ma Mike Donovan invece è un musicista più scafato e intelligente che Cate e Tim, probabilmente più bravo, e al suo secondo disco solista fa precisamente centro rivelando quel talento compositivo che gli era peraltro già riconosciuto dopo una lunga e gloriosa militanza nel panorama garage USA degli ultimi vent'anni.

Questo disco rilancia la carriera di Donovan (nel senso che la rinnova con vigore e quella giusta e doverosa freschezza) dopo la fine delle esperienze con i Sic Alps e i Peacers e in un nuovo format che poi riassume quella ispirazione lo-fi e astratta Jad Fair e Daniel Johnston e l'attitudine Stephen Malkmus, che ha inevitabilmente forgiato una intera generazione di musicisti americani e non solo. Ma c'è molto altro. Donovan ha sempre dichiarato come suoi principali punti di riferimento Todd Rundgren e Syd Barrett. Oltre Robyn Hitchcock, che poi è generalmente considerato come il principale discepolo di Syd Barrett, ma che secondo me si è oramai formato una propria autenticità. Il confronto infatti non sta in piedi, perché il disco del resto manca di quello stile "gigione" e quella regolarità che oggi è tipica delle produzioni seriali di Hitchcock, ma i due giganti della psichedelia anni sessanta qui vengono invece puntualmente omaggiati in una serie di composizioni asincrone ("Great Unknowing", "Montera Select Niteclub", "Top Shop"...), sperimentalismi minimali ("Rosemarie") e piano ballads visionarie e jazzate come "Sadfinger", "Sugar Shaker", quindi i più caratteristici richiami a Syd Barrett come "3 Track Seizure" che ti sembra quasi di ascoltare "Opel", oppure "Four Armed Star", "Chapel of Peace", "Fox News Coverage '68" e poi gli arrangiamenti molto particolari di "Cold Shine". Il song and dance man blues di "Spiral Tee Shirt".

Se dico che il risultato finale è uno dei dischi di pop-psichedelia garage più interessanti che io abbia ascoltato in questi ultimi anni non vado lontano dal dire la verità. Anzi una volta tanto sono felice di poter dire che "How To Get Your Record Played In Shops" è invece un disco che mi ha dato molto più di quello che mi aspettavo e alla fine sono questi i casi che danno un senso alla musica come alla vita: senza colpi di scena del resto parliamo solo di ordinaria amministrazione.

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