#zot2017

Avey Tare - Eucalyptus (Domino, July 21, 2017)

Il mondo della musica per quello che riguarda la critica è assolutamente vario e di soggetto in soggetto presenta variabili e considerazioni che uno può trovare assolutamente fuori luogo oppure insensate. Ho letto recensioni su questo disco assolutamente rovinose, lo fanno a pezzi chome se fosse un disco privo di alcun senso e invece secondo me non è così: poi potrà piacere oppure no, ma ci sono un sacco di spunti interessanti, pure se si perde troppo poi dietro certi manierismi che gli impediscono di portare a termine la mission in modo glorioso, ma non gli si poteva chiedere di più. Del resto Avey Tare (cioè David Portner) proviene dagli Animal Collective, un gruppo che sicuramente si può definire manifesto del genere indie-pop. Per quanto di qualità nel suo genere, non ha sicuramente una connotazione folk psichedelica di spessore, ma come detto qui il ragazzo ci prova con risultati interessanti. Rimandi folk psichedelici seventies americana tipo "Season High", "Melody Unfair", "Ms. Secret" sono combinati in maniera intelligente con componenti sintetiche e sciamanesimo orientale a bassa intensità, drone ("DR aw one for J"). Poi il disco si perde un po' e diventa in qualche maniera troppo patetico nello stile Devendra Banhart ("Selection of a Place") oppure peggio tipo "Boat Race" oppure il Thom Yorke di "In Pieces", il rock and roll allegorico di "Roamer"... per poi riprendersi sul finale con il terzetto "Coral Lords", "Sports in July", "When You Left Me", che riprende il sound folk psichedelico "elettroacustico" dominante nell'album e lo miscela a certe sfumature Amorphous Androgynous. Voto due stellette, però come sempre antepongo il gusto alla qualità complessiva dell'album, che non è sicuramente roba da buttare nella spazzatura, anche se forse difficile per stare in bilico tra musica comunque non per tutti (non perché "alta", ma per il semplice fatto che lo si potrebbe trovare noioso, senza coglierne la ratio) e velleità pop-art di cui evidentemente non riesce a fare a meno.

#aveytare #animalcollective #indie

Avey Tare - Ms. Secret (Official Video)
#zot2017

SPIRIT VALLEY - NEGATIVES (FUZZ CLUB, AUGUST 04, 2017)

Classica uscita della Fuzz Club Records, ma - va detto - di livello qualitativo sicuramente superiore alla media delle ultime uscite a cavallo tra la fine del 2017 e questo anno 2018. Spirit Valley sono un duo di Sydney, Australia, composto da Dave Tomlison e Chris Stabback, ridenominatisi rispettivamente con i "nick" Dave Spirit e CHris Valley. Di base ad Amsterdam, nella fertile Olanda adesso diventata di casa per la Fuzz Club, che lì (a Eindhoven) ha impiantato anche il primo festival della label, che si è tenuto praticamente un mese fa, i due registrano "Negatives" Utrecht, secondo LP dopo una prima self-released di un paio di anni prima. Molto minimal come sound, il disco secondo me funziona proprio perché non è allineato in tutto e per tutto a altre sonorità del genere neo-psichedelico (qualcosa sì, tipo "Waiting For Real") ma è più devozionale a forme oscure di sound di imprinting anni ottanta tipo il garage di derivazione Nikki Sudden/Jacobites. Il sound è ossessivo (la title-track), molto fuzz, accompagnato dall'immancabile base di tastiere e synth e con chitarre distorte effettivamente sicuramente recuperate dalla tradizione wave ("Dileria Hysteria", "Chronic Youth", "Vacational Mind"), ma ci sono delle perle tipo i Suicide di "Don't Panic", rimescolamenti di Velvet Underground secondo i New Order ("TNNLVSSN"), loop post-industrial a bassa intensità come "Heatwave" e la bellissima ballad conclusiva "Spheres". Sicuramente piacerà a fan di Joy Division, Nikki Sudden, Jacobites, Epic Soundtracks,come inevitabile in ogni caso a chi ama la corrente Underground Youth, Throw Down Bones ecc. ecc. È un bel dischetto, difficile chiedere di più a una formula di questo tipo.

Spirit Valley - Heatwave

#negatives #spiritvalley #levitation #wave #neopsichedelia
#zot2017

Melange- Viento Bravo (Beyond Beyond is Beyond Records, November 17, 2017)

Beyond Beyond Is Beyond Records non pubblica mai dischi banali. Al contrario. Vale veramente la pena di ascoltare ogni loro pubblicazione con grande interesse e prenderne possesso a scatola chiusa, tanto il risultato sarà in ogni caso eccellente. Tra le oramai innumerevoli band neo-psichedeliche del vecchio continente, questo gruppo spagnolo (un quintetto composto da Adrian e Sergio Ceballos, Daniel Fernandez, Miguel Roson e Mario Zamora) spicca in maniera particolare per il sound e per la grande varietà e qualità dei suoni proposti. Formati a Madrid nel 2014, "Viento Bravo" è il secondo album dei Melange: definirlo neo-psichedelico potrebbe rimandare a un certo tipo di musica oramai diffusa in maniera massiva in Europa, quindi sarebbe in qualche modo una indicazione fallace. Il quintetto infatti si disimpegna in un sound che definirei veramente molto particolare. Potrebbero sicuramente far pensare a un certo istrionismo King Gizzard, nel disco spuntano qua e là momenti dal genere fusion ("Splendor Solis"), tropicalismo ("Cotard"), persino flamenco e bolero ("Oxi", "Siempre Avanti"), visioni morriconiane ("Ruinas"), mentre domina chiaramente anche una ispirazione vintage che si esalta con tempistiche progressive e uso tipico di tastiere. Veramente un dischetto incredibile, ce lo avevo da parte da un sacco di tempo, non ascoltarlo sarebbe stata una blasfemia.

#psichedelia #levitation #melange #rock #madrid #beyondbeyondisbeyond #vientobravo

"Río Revuelto" - LP Viento Bravo - Melange
Nuovo video e tour per THE DEVILS, ciao amici.

The Devils - put your devil into my ass

THE DEVILS - EUROPEAN FALL TOUR 2018

05/10/18 SWITZERLAND BADEN - ROYAL
06/10/18 SWITZERLAND OLTEN - VARIO BAR
07/10/18 SWITZERLAND LANGENTHAL - PLATTENLADEN
08/10/18 SWITZERLAND ZURICH - EBRIETAS
09/10/18 SWITZERLAND BIEL - LABIU
11/10/18 AUSTRIA LINZ - KAPU
12/10/18 GERMANY KEMPTEN - THE 13TH FLOOR KULTURETAGE
13/10/18 GERMANY Available
14/10/18 GERMANY MUNICH - UNTER DECK
16/10/18 GERMANY AUGSBURG - HAIFISCHBAR
17/10/18 GERMANY KARLSRUHE - ALTE HACKEREI
18/10/18 GERMANY FRANKFURT - DREIKONIGSKELLER
19/10/18 GERMANY LEIPZIG - UT CONNEWITZ
20/10/18 GERMANY ASCHAFFENBURG - BEATBARACKE
21/10/18 GERMANY BERLIN - CORTINA BOB
23/10/18 GERMANY SPEYER - ZIMMERTHEATER
24/10/18 GERMANY AACHEN - MUSIKBUNKER
25/10/18 HOLLAND HAARLEM - PATRONAAT
26/10/18 HOLLAND UTRECHT - DB'S
27/10/18 FRANCE TOURS - OXFORD PUB
29/10/18 FRANCE ORLEANS - BLUE DEVILS
30/10/18 FRANCE STRASBOURG - LA LAITERIE
31/10/18 FRANCE AUDINCOURT - LE MOLOCO
01/11/18 FRANCE PARIS - ESPACE B
02/11/18 FRANCE CLERMONT - BOMBSHELL
03/11/18 FRANCE PERIGUEUX - LES TOQUES
04/11/18 SPAIN BILBAO - LA NUBE
05/11/18 SPAIN Tbc
06/11/18 SPAIN A CORUNA - MARDI GRAS
07/11/18 SPAIN LUGO - CLAVICEMBALO
08/11/18 SPAIN VIGO - LA FABRICA DE CHOCOLATE
09/11/18 SPAIN Tbc
10/11/18 SPAIN MADRID - FUN HOUSE
11/11/18 SPAIN COX - TNT BLUES
12/11/18 SPAIN Tbc
13/11/18 SPAIN Tbc
14/11/18 SPAIN Tbc
15/11/18 SPAIN BARCELONA - MARULA CAFE
17/11/18 HOLLAND EINDHOVEN - HELLDORADO 2018
20/11/18 ITALY Available
21/11/18 ITALY Available
22/11/18 ITALY Available
23/11/18 ITALY MEZZAGO (MI) - BLOOM
24/11/18 ITALY LA SPEZIA - SKALETTA ROCK CLUB
#zot2017

Yazz Ahmed - La Sabouteuse (Naim Jazz, May 12, 2017)

Non conoscevo Yazz Amhed. Musicista britannica (trombettista) originaria del Bahrein e anche collaboratrice di artisti della scena pop del Regno Uniti come i giganti Radiohead (nel disco c'è una particolarissima cover di "Bloom") e i These New Puritans, con "Le Saboteuse" (Naim Jazz) raccoglie in un doppio LP quattro pubblicazioni uscite tra il 2013 e il 2016 in una edizione limitata che costituisce una opera magistrale per il genere jazz fusion di questi anni. Trattandosi di quattro registrazioni differenti, il numero di musicisti coinvolti e variabili, ma musicalmente la raccolta è comunque coerente. Il sound di "Le Saboteuse" è un jazz strutturalmente costruito sulla forza dei fiati, il cui ruolo è chiaramente centrale e capace di letteralmente incantare lo spettatore portandolo in luoghi lontani dal fascino mediorientali con sessioni jazz acide e arrangiamenti di basso e percussioni inebrianti e capaci di adattarsi alle atmosfere, momenti di minimalismo contaminati con l'uso di strumentazioni digitale (senza mai abusarne), soprattutto dimensioni lounge. Ma non parliamo di musica da ascensori per fortuna. Il disco avrebbe persino qualche cosa che rimanda a tradizioni altre come quella dei popoli delle regioni dell'est dell'Europa o del West Africa, ma cosa non è probabilmente casuale considerando che determinate "sfumature" sono vecchie quasi quanto l'uomo. L'unico limite sta nel fatto che ha 13 tracce, di cui alcune sono molto corpose, ma il fatto è che in fondo nasceva su 4 pubblicazioni diverse e questo è un po' il limite tipico delle raccolte, ma il suo valore resta unico e molto elevato. Da avere. Ndr. Per i fan dei Radiohead, che sono sempre molti: nel disco c'è anche una particolare cover di "Bloom". Mi sento inoltre di voler menzionare anche il fatto che lei sia veramente molto bella.

3-4/5

Yazz Ahmed: live session VG Turning East

#sabouteuse #bahrein #jazz
#zot2017

Wolf Eyes - Undertow (Lower Floor Music, March 24, 2017)

Solita pubblicazione fantasma dei Wolf Eyes di Detroit uscita su Lower Floor Music lo scorso anno. Un 12" flash nello stile del gruppo del vocalist Nate Young e del sassofonista John Olson (completa il roster il chitarrista James Baljo). Gruppo tradizionalmente rumoroso, qui si disimpegna in un lavoro di musica sperimentale sul piano compositivo e che mescola una componente drone e elettronica con ossessioni noise a metà tra tentativi avant-jazz nello stile Mats Gustafsson e l'attitudine Suicide. La title-track è una specie di recital sotterraneo quasi di ispirazione Jodorowski, "Laughing Tides, "Texas", "Empty Island" degli happening avant-jazz in un contesto cyberpunk sul piano visionario e strutturale in una mescolanza di suoni che è melting-pot transcontinentale; "Thirteen", chiaramente il pezzo forte della pubblicazione (perché dura appunto più di tredici minuti, quasi quattordici), riprende quello stile underground, nel senso proprio che sottoterra, della prima traccia, ma amplifica lo sciamare di fantasmi, il ruolo suggestivo del sassofono che riecheggia lungo i tunnel di una metropolitana abbandonata mentre all'angolo c'è una versione smagrita di John Lee Hooker che strimpella un arpeggio stonato e biascica un blues ipnotico e frutto di devianze paranoiche. In pratica mi è piaciuto veramente molto e lo suggerisco vivissimamente, mi ha fatto venire voglia chiaramente di andare a scavare a ritroso nella loro massiva serie di pubblicazioni: una mission non facile da compiere. Prima o poi.

3-4 stellette

#wolfeyes #undertow #experimental #minimal

Undertow | Wolf Eyes
#zot2017

Hey Colossus - The Guillotine (Rocket Recordings, June 02, 2017)

Altro dischetto uscito nel corso del 2017. Mi riferisco all'ultimo LP di Hey Colossus, sestetto londinese annoverato nel giro del filone neo-psichedelico dell'ultimo decennio ma che affonda le proprie radici in un terreno diciamo più complesso come quello del math-rock, combinato chiaramente con una certa componente noise e i soliti rimandi alla wave, accento che in generale per tutte le band che provengono dal Regno Unito non manca quasi mai. Pubblicato sulla label forse più interessante (tra le più popolari, sempre chiaramente a un livello sotterraneo) del panorama europeo, la Rocket Recordings, il disco ha un sound massivo e a tratti tortuoso (in particolare vedi l'uso del basso in "Englishman", "Experts TOll", ): in alcune tracce il suono poderoso delle chitarre riempie praticamente ogni spazio, senza lasciare respiro e fiato se non alla voce, solitamente accattivante e ove necessario, amplificata dall'uso delle distorsioni e quasi teatrale in alcune interpretrazione al limite del patetico come l'apotesi estatica noise di "Back In The Room" e negli stacchi noise di "In A COllision". Le nenie psicotiche di "Honest To God" oppure "Calenture Boy" fino alle sottigliezze di "Potions" e la lunga session "The Guillotine". In bilico tra estetica anni novanta, tentativi Swans, il disco si propone in verità come qualche cosa che si presti all'ascolto di una audience vasta. Il dubbio è se e quanti che vi appartengono lo considerino poi con la dovuta e richiesta affezione, forse proprio per una certa sensazione di essere un disco fuori tempo... ma questa è forse una caratteristica che esce fuori da molti gruppi inglesi e che sono sicuramente molto più banali e meno bravi (perché, diciamocela tutta, questi qui alla fine sono bravi) dei colossi.

Hey Colossus - Experts Toll (Track)
Un disco suggerito dall'almico @[ALFAMA] e che entra nella rassegna #zot2017

Cobalt Chapel - Cobalt Chapel (KLOVE, 2017)

Sono stato su questo disco un bel po' di tempo alla fine dello scorso anno (2017) dopo che mi era stato segnalato proprio su queste pagine, poi senza nessuna ragione specifica, ma perché preso da mille altri ascolti, lo ho abbandonato per riprenderlo solo ora a distanza di mesi e confermare tutte le belle sensazioni che mi aveva già regalato a suo tempo. Cobalt Chapel è una collaborazione tra Jarrod Gosling e la vocalist Cecilia Page. Il disco riprende in una chiave noir e misterioso determinate derivazioni canterburyane inserite in un contesto più moderno e modellato sulla voce di Cecilia, che ha chiaramente un ruolo centrale (non mancano tuttavia momenti solo strumentali e lunghe sessioni di suoni di orogano e sintetizzatori) e a tratti costituisce la vera e propria colonna su cui si reggono le singole tracce (vedi "The Lamb", "Crestone Ridge"). La cosa bella, quello che forse è il vero punto di forza, è che è difficile dargli una definizione esatta di genere. La coppia salta da una certa forma di canzone francese stile Serge Gainsbourg a atmosfere barocche sintetiche sofisticate, dimensioni lounge spaziali e quella psichedelia istrionica United States of America (chiaramente inserita all'interno di un contesto comunque visionario, ma di differente ambientazione). Fosse uscito quarant'anni fa, ne sarebbe uscito un disco come tanti di musica folk psichedelica e magari con quei rimandi alla cultura celtica. Invece oggi, chi lo sa, forse la definire più una specie di musica sacrale post-moderna. Resta nel tempo, senza perdere colpi a distanza di un anno. Non è poco. Credo abbiano pubblicato un nuovo singolo di recente, quindi be', immagino a breve cacceranno fuori un nuovo LP, da vedere se riusciranno a mantenersi in questa formula estatica e ultra-dimensionale e senza prendere pericolose derive indie.

Cobalt Chapel - Three Paths Charm
Propongo finalmente un nuovo disco all'interno della mitica rassegna #zot2017

Bong Wish - Bong Wish EP (Beyond Beyond Is Beyond Records, October 27, 2017)

Bong Wish è un progetto solita di Mariah Saleh di Boston, Massachusetts. Ad oggi l'unica

pubblicazione è questo EP uscito lo scorso anno per una etichetta cui sono particolarmente devoto,

la Beyond Beyond Is Beyond Records e contenente solo quattro canzoni ma molto interessanti. Evidentemente devota al sound psichelico degli anni sessanta e a un certo british folk progressive, l'EP contiene quattro tracce tra cui "My Luv" e "In The Sun" hanno le stimmate classiche delle ballads folk anni sessanta con vocalismi evocativi, uso delle chitarre acustiche minimali e arragiamenti di archi e flauti però qui poco convenzionali e accompagnati da dei synth rigurgitanti e ambientazioni cinematiche, che in "Saturn Spells" poi esplodono in derive progressive con un uso più dilagante delle tastiere. Curioso però poi che l'episodio centrale invece si distacchi dal progetto e da come questo viene presentato, perché "Conversation With Business People" ricorda una certa estetica Ultravox! con l'uso di loop di batteria e una elettronica minimalista ripresa dai Kraftwerk, rivelandosi invece una specie di momento art-pop tipo Talking Heads. In verità non so che evoluzioni possa prendere la cosa. Mi aspettavo un come-back a stretto giro, ma per ora niente di tutto ciò in vista. Però le canzoni di questo EP nel loro complesso sono belle.

Bong Wish
Esimio @[G]

Mi sono destato nel cuore della notte con una idea che forse potrebbe dare un nuovo slancio al nostro mitico debasio.

Perché non aprire una nuova categoria recensorea definita tipo come "approfondimento" e/o "monografia" (sono due esempi) e nel quale ciascuno potrebbe postare una sua personale recensione (diciamo così) su una band in maniera specifica oppure un movimento musicale oppure un regista cinematografico?

Magari la cosa potrebbe interessare l'utenza. Non me in maniera specifica. Cioè non lo so, non ci ho neppure pensato, dormivo, ma mi sono svegliato, anche se ora ho già di nuovo sonno, quindi torno a letto, ciao.

#debasio #debaser #recensioni #debaserèmorto #debaserèvivo #debaserx #sacravacca #lasacravacca #vivadebaser #yabayabadu
#zot2017

Mette Rasmussen, Tashi Dorji, Tyler Damon - To The Animal Kingdom (Trost Records, August 25, 2017)

Qualche mese fa ho scritto su queste pagine di Tashi Dorji, pupillo di Ben Chasny (Six Organs of Admittance), chitarrista proveniente dal Bhutan e ora residente negli USA dove forma con il batterista Tyler Damon una combo di rara potenza e capacità espressiva. Consapevole che non si tratti di una tipologia di sound che raccolga universalmente consensi, qui vi ripropongo il duo in compagnia di un big del genere come il sassofonista danese (ma di base a Trondheim in Norvegia) Mette Rasmussen, collaboratore di Chris Corsano e tra le altre cose componente della formazione allargata dei Fire! di Mats Gustafsson. "To The Animal Kingdom" è stato registrato a Toronto nel 2016: l'effetto che ne deriva dall'ascolto è assolutamente devastante in una alternanza tra furore noise e momenti di carattere ambientale e dove si esalta in particolare il sassofono di Resmussen che regna sovrano sulla superficie metallica e art-espressionista del duo Torji-Damon, che qui conferma il suo già riconosciuto affiatamento. Pubblicato dalla etichetta austriaca Trost Records, il disco dovrebbe essere seguito dalla uscita in questi giorni di una collezione di altre registrazioni risalenti allo stesso periodo su Feeding Tube Records. Non l'ho ancora ascoltato, ma ovviamente mi aspetto che il valore sia equivalente: del resto qui più programmi, più vai a intaccare la "natura" vera e propria del genere.

3/5

#avantjazz #freeimprovisation #noise

To The Animal Kingdom | trost records
#zot2017

Heron Oblivion - The Capel (Self-Released, December 01, 2017)

Sono sincero: ho letto in giro dei giudizi su questa band molto negativi (ce ne sono anche di positivi) e li trovo assolutamente ingiustificati. Fermo restando che ciascuno ha i propri gusti e esprime il proprio punto di vista, questo qui è senza dubbio uno dei gruppi di rock psichedelia forze più convenzionali ma allo stesso tempo più autorevoli in circolazione. Mi vengono in mente quelle definizioni tanto di moda in questi giorni contro l'establishment. Effettivamente devo dire che se pubblichi su Sub Pop me ne frego un cazzo: ma se fai delle buone cose te lo riconosco e non ci sono dubbi che gli Heron Oblivion siano un buon gruppo e che non ha niente da invidiare ai vari Espers e Comets on Fire da cui provengono i membri del gruppo (Meg Baird, Ethan Miller, Noel Von Harmonson, Charlie Saufley). QUesto live registrato a San Francisco il 27 gennaio 2017 e pubblicato lo scorso dicembre, se possibile, è anche migliore del loro LP di debutto. Il gruppo mantiene una tensione estatica per tutta la durata della performance, a tratti con rimandi vintage a una certa folk psichedelia degli anni sessanta-settanta, il cui carattere diciamo "antiquato" viene compensato da scariche di noise nello stile del migliore rock a cavallo tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta. Penso a roba tipo i Sonic Youth ma la ferocia del sound e il fuzz prolungato a tratti fanno pensare ai Bardo Pond ("Your Hollows"), così come "Rama" può ricordare i Low. La traccia che conclude il disco è una cover di Doug Sahm ("Crossroads") è un altro piccolo gioiello di un disco non indimenticabile ma dove tutto funziona come deve funzionare. Registrazioni di Chris Woodhouse (Thee Oh Sees, Fuzz) e Eric Bauer (Ty Segall, Heron Oblivion, White Fence).

#thechapel #heronoblivion #alternative

Heron Oblivion - Your Hollows (Live)
#zot2017

Swedish Death Candy ‎– Swedish Death Candy (Hassle Records, December 22, 2017)

Di base a Londra, gli Swedish Death Candy (a parte il nome che pure è fuorviante, ma invece dedicato al disgustoso gusto delle liquirizie svedesi) sono un gruppo diciamo "multietnico" i cui componenti stabili risiedono tutti nella capitale del Regno Uniti ma hanno provenienze diverse: il batterista Marco Ninni e il chitarrista Francesco Codardo sono italiani, il bassista Jiwoon Wang viene dalla Corea del Sud. L'unico membro proveniente dall'area sud della City è Louis Perry. Il gruppo suonava assieme già da diversi anni prima di pubblicare questo LP registrato e prodotto da Tobin Jones e uscito per la Hassle Records. Il sound è decisamente heavy-psych ma vi si può cogliere una certa deferenza a un certo sound alternative anni novanta che permea un disco che è nel complesso molto solido, denso e strutturato su riff di chitarra e basso che sono particolarmente potenti e avvolgenti e in molti casi accattivanti. Non mancano dei pezzi più votati a una certa psichedelia derivativa dai Floyd di Syd Barrett ma attualizzata in una maniera più sincopata come "Avalanche" e ballads pop come "Whenn All Is Gone", con un disco che si ammorbidische nella seconda parte con - ancora - la pop psichedelia di "Pearl" e "Liquorice, Pt. 2 & 3" che ricordano una certa giocosità Damon Albarn, anche se meno brillanti e comunque cercando di non rinnegare un certo vigore tipico nel sound. Alla fine è un bel disco, piacevole, se ne scende giù più facile di una liquirizia sicuramente. Gruppo al debutto, probabilmente con margini di crescita, bisognerà vedere quale strada prenderanno.

#swedishdeathcandy #garage #uk

Swedish Death Candy - Full Performance (Live on KEXP)
#zot2017



Arto Lindsay - Cuidado Madame (Ponderosa Music & Art, April 21, 2017)

Ho ascoltato questo disco veramente un sacco in questi ultimi mesi. Questo perché al di là della sua bellezza intrinseca, "Cuidado Madame" (Ponderosa Music & Art) ha una sua piacevolezza all'ascolto che è innegabile e che per quanto i suoni siano sofisticati, rimane immutata e trasmette quelle calde e rassicuranti sensazioni tipiche di un inaspettato tropicalismo minimale. La connessione in questo senso tra l'artista e la sua opera va ricercata nel fatto che Arto Lindsay (nato Arthur Morgan Lindsay, praticamente il leader dei DNA) abbia per ragioni di sangue un particolare legame con il Brasile, che poi è il paese dove è nato e cresciuto e dove attualmente vive. Si sono sprecati un mucchio di paragoni con artisti pop della scena "indie" per quello che riguarda questo suo disco (che costituisce un evento, perché non è che ne abbia pubblicati tanti e soprattutto negli ultimi anni) ma penso che si possa benissimo dire che questo costituisca una specie di unicum. Io ve lo presento semplicemente così? Immaginate il Brasile raccontato secondo una prospettiva Lounge Lizards oppure DNA influenzata da certi sound pop di fine anni settanta oppure ancora meglio, pensate alla colonna sonora jazz e bossanova allucinata di un "Brazil" che corrisponda grossomodo al cinema di Terry Gilliam. Disco perfetto e inattacabile sotto ogni punto di vista e per veri "intenditori", mi piace sottolineare tra le varie tracce la bellezza e sensibilità incredibile di "Pele De Perto", scritta con Marisa Monte e che vi basta chiudere gli occhi per sentirvi finalmente in pace con le vostre anime e riposati come non vi succedeva da un sacco di tempo.

#tropicalismo #nowave #artolindsay

ARTO LINDSAY - ILHA DOS PRAZERES (OFFICIAL VIDEO)
Ma la menzione "deleterea" significa che la recensione oppure l'ascolto sono una merda? Oppure che vengono mandati in onda alla radio?
"If All I Was Was Black".

Inutile spendere altre parole per descrivere un disco il cui titolo dice tutto.

#2017

Mavis Staples - If All I Was Was Black (ANTI-Records, November 17, 2017)

Sicuramente uno di quei capitoli tra le uscite del 2017 che va recuperato a tutti i costi. Soprattutto se vi piace la black music e di cui Mavis Staples si può a pieno titolo considerare una delle più grandi interpreti storiche. Oltre che figura di spicco sempre in prima linea per quello che riguarda la battaglia per i diritti civili e in particolare degli afro-americani (è stata amica personale del Dr. King). Uscito lo scorso novembre e praticamente in coincidenza con il suo inserimento nella "Blues Hall Of Fame", "If All I Was Was Black" rinnova la partnership tra la Staples e Jeff Tweedy, produttore del disco e praticamente autore di tutte le canzoni. Va detto che questa partnership è sicuramente fortunata, perché sicuramente la scrittura di Tweedy ha una certa "freschezza" che ha rilanciato una artista classe 1939 che era forse finita un po' nel dimenticatoio e che invece ha ancora una carica incredibile e sempre una voce fantastica. Il disco ha di conseguenza la forza dei grandi classici del genere della musica blues e soul ma il sound è sicuramente lontano da essere definito "vintage". Così come è difficile scegliere una traccia in particolare per descriverne la bellezza. Devo dire che questo è uno di quei dischi che sono praticamente "perfetti". Tutte le canzoni sono su di un livello altissimo. Proprio a volerne scegliere una, nominerei la title-track. Un pezzo tipico e significativo per la Staples e che - come gli altri del resto - Tweedy scrive perfettamente su misura per lei come se le stesse facendo un vestito. Bravo lui ma forse - chi lo sa - in fondo scrivere per questa grandissima interprete potrebbe anche non essere poi tanto difficile. In ogni caso ottimo lavoro. Cinque stellette/cinque.

#blues #gospel #blackmusic

Mavis Staples - "If All I Was Was Black" (Full Album Stream)
Altro bellissimo disco della Born Bad Records.

#zot2017

Marietta - La passagère (Born Bad Records, August 25, 2017)

Magari il nome "Marietta" potrebbe far sorridere chi non si sia mai imbattuto finora in questo ennesimo bravissimo scrittore di canzoni francese. Di fatto un progetto solista del cantautore e musicista Guillaume Marietta (già conosciuto per i The Feeling of Love), "La Passagère", uscito lo scorso anno su Born Bad Records, è il suo secondo disco è oggettivamente quello che si può considerare come la consacrazione di un artista e un musicista dotato di uno spiccato gusto pop e allo stesso tempo istrionico e originale negli arrangiamenti. Il titolo è una citazione derivata da "The Idiot" di Iggy Pop e di cui il disco riprende forse alcuni immaginari decadenti e post-punk. Fondamentalmente devoto alla psichedelica di marca Syd Barrett e accostato a artisti contemporanei come Kurt Vile oppure Cate LeBon oppure Kevin Morby, Marietta si rivela per la verità molto più dotato di tutti questi musicisti. Avvicinabile sicuramente al compagno di etichetta Forever Pavot (Emile Sornin) il sound di "La passagère" combina il cantautorato francese con arrangiamenti derivativi dalla psichedelia anni sessanta ("La carte", "Livide est la nuit") e sperimentalismi che sconfinano nel campo della musica progressive oppure acid jazz ("Nos ventres nus", "L'insecte dans ma bouche", "La passagère") "La grande ville malade" mi ha ricordato i primi BJM e la loro devozione alla psichedelia anni sessanta-settanta, "L'electricité" e "La bouche du vent" sono ballate elettriche post-diluviane nello stile David Bowie. "Maud La Nuit" ha chiaramente riferimenti Japan e David Sylvian. Un disco semplicemente fantastico di grande cantautorato e arrangiamenti sempre intelligenti. Consigliatissimo (da segnalare la presenza di SOKO come collaboratrice) così come consiglio di dare un occhio a tutte le uscite di questa ottima etichetta francese.

Marietta - La passagère

#marietta #bornbadrecords #thepassenger
Ok @[dipsomane], “Wind River” è un capolavoro. :)))
Per la verità pochi hanno prestato attenzione veramente all'uscita di questo disco di Martin Rev pubblicato lo scorso maggio. Disco che vale la pena di riprendere se amate il sound e la cultura underground tipicamente Suicide.

#zot2017

Martin Rev - Demolition 9 (Atlas Réalisations, May 26, 2017)

Obituario di Alan Vega (1938-2016).

In verità per dirla tutta "Demolition 9" non è specificamente dedicato ad Alan Vega con cui Martin Rev ha scritto una delle pagine più grandi della musica della scena newyorkese e in generale di una certa corrente underground la cui onda lunga è destinata a durare negli anni. Però trattandosi del primo disco di materiale inedito dal 2009 e soprattutto del primo disco dopo la morte del suo compagno di avventure, forse considerarlo anche secondo questa ottica è in qualche modo inevitabile. A parte che in qualche modo fa piacere ricordarlo così, con questo disco che Martin Rev

realizza come un oggetto difficilmente comprensibile e diviso in ben 34 tracce e che si configura come una specie di opera d'avanguardia post-punk e minimalista. Fedele alla sua estetica garage e alla cultura newyorkese no-wave, a quelle immagini cariche di violenza espressiva, il disco è una alternanza di brevi scorci noise e momenti ambient, persino glitch e composizionoi orchestrali minimali. Sono 34 tracce per 34 sensazioni oppure "scenette" diverse. Oggettivamente un'opera sperimentale e difficile da valutare senza considerarla come tale, è un disco che suggerisco a tutti i fan (e non sono pochi) devoti al culto dei Suicide, ma che potrebbe forse non piacere a chi non ama e vi riconosce dei contenuti fondamentali.

#martinrev #alanvega #suicide

Demolition 9
Bellissimo minimalismo sintetico e astrazioni jazz elettrifico-fonate.

#zot2017

Bota ny - Raw Light II (Western Winyl, January 20, 2017)

Conosco poco Spencer Stephenson aka Botany, produttore e musicista di Austin, Texas, ma il suo lavoro mi sembra sicuramente interessante e meritevole di attenzione: opere di ambient minimalista e che senza nessuna pomposità, ma anzi in maniera sottile si insinuano tutto intorno e poi attraverso le orecchie, vanno al cuore dell'ascoltatore ("No Head", "Tenth", "Minuses"). Senza sottovalutare l'impatto di un certo groove dancereccio e sonorità glitch e effetti che sono tipicamente trance ("Crowd Nothings", "Yon", "Wednesday Night", "Tetherball"). Dentro "Raw Light II", registrato e pubblicato come appendice all'album uscito nel 2015, ci sono tutti questi elementi, ma spicca anche la componente soul ("Lo, Hi", "Janis Joplin" oppure world music ("The Strangeways") che trovo francamente esaltanti. Davvero un bel disco.

#botany #stephenson #electronicmusic

Botany - Janis Joplin
Rivolgo questa domanda in particolare agli user più giovani come @[MikiNigagi] (ma la rivolgo a tutti): voglio dire, ma questa Myss Keta è una cosa vera? C’è veramente una realtà diciamo “indie” nel nostro paese di più o meno giovani che ascoltano questa merda e gli piace, magari ci vedono dei contenuti di qualche tipo? Me ne hanno parlato stasera, tipo accusandomi di non conoscerla, ho promesso che avrei ascoltato qualcosa. Io non credo di aver mai sentito nulla di così cattivo gusto e inascoltabile allo stesso tempo.
Sicuramente non parliamo di un disco esattamente "rock" (anche se qualche passaggio più "tirato" non manca) ma se volete ascoltare un bell'album di musica pop, allora Laetitia Sadier va benissimo.

#zot 2017

Laetitia Sadier Source Ensemble - Find Me Finding You (Drag City Records, March 24, 2017)

"Find Me Finding You" è il primo disco rilasciato dalla ex frontman degli Stereolab Laetitia Sadier con il suo nuovo open project "Laetitia Sadier Source Ensemble". Il disco è stato pubblicato lo scorso marzo da Drag City, che costituisce una "culla" storica per la cantante e musicista francese che qui dimostra ancora una volta il suo grande stile e la sua eleganza in una serie di composizioni pop sintetiche e le cui sonorità rimandano al jazz e alla bossa nova tanto quanto allo yè-yè. Costruzioni simmetriche elettroniche si incrociano tra di loro in maniera multiforme e in una dimensione psichedelica che rimanda agli Os Mutantes e vocalismi degni di Rita Lee carichi di ipnotismi e con l'uso di eco che non è mai eccessivo o spropositato, ma invece perfettamente funzionale al piano complessivo. Sinceramente un disco pop inattaccabile e forse poco considerato rispetto a nomi più blasonati che poi propongono le stesse cose in una maniera quasi pacchiana e molto meno ispirata. Brava perché dimostra che non c'è bisogno di lustrini e merletti né di "alzare la voce" con suoni stomachevoli e cattivo gusto per farsi sentire veramente.

3.5/5

Laetitia Sadier Source Ensemble "Love Captive" (Official Music Video)

#stereolab #dragcity #laetitiasadier
Suggerimenti per la visione. Strepitoso e insospettabile grande Vince Vaughn nel superviolento “Brawl in Cell Block 99”!
#zot2017 si tinge di tonalità e atmosfere decadenti con questo EP dei Foreign Resort.

The Foreign Resort - Part Time Punk Sessions (Ignition Age, November 24, 2017)

Un EP dei Foreign Resort, band proveniente da Copenaghen, Danimarca (capitanata dal frontman Mikkel Borbjerg Jakobsen) e orientata in maniera drastica nella riproposizione di una estetica dark-wave minimalista e con un atteggiamento punk e cadenze a tratti post-industrial e ossessive. Questo dischetto del resto si apre subito con "Onto Us" che farebbe a tratti persino pensare al sound più ossessivo dei Suicide con la combinazione di eco post-industrial che sono in qualche maniera tipiche del genere dark-wave come viene riproposto oggi. Il resto infatti per quanto accattivante non è particolarmente originale e riprende la stessa formula con evidenti rimandi ai Joy Division in "Suburban Depression" e "Take A Walk" mentre "Dark White" è chiaramente un pezzo degli Interpol influenzato da certi suoni di derivazione hardcore inflazionati anche dalla musica mainstream un decennio fa... anche se a tratti potrete forse sentirci anche qualche cosa di Jamie Stewart. In definitiva interessante, ma neppure troppo: mi sembra di stare in bilico tra qualche cosa che potrebbe pure essere buono oppure no. Solo che stavolta la bilancia pende in maniera netta da una delle due parti e allora tanto vale (secondo me) lasciare perdere. Se vi piace il genere però è suggerito perché potrebbe spalancarvi le porte verso questa band che comunque va abbastanza forte ed è sicuramente meglio della media generale di questi tardo-dark-wave irriducibili.

#foreignresort #parttime #punksessions

The Foreign Resort- "Suburban Depression" | Showcasing Artist 2016 | SXSW