Capisco perfettamente perché molti appassionati dei dischi classici di Miles Davis non riescano ad apprezzare i suoi album degli anni ’80. Tuttavia, non essendo un purista, devo ammettere che trovo il lavoro di Davis degli anni ’70 e ’80 estremamente affascinante, mentre la sua produzione degli anni ’50—album come Kind of Blue o Porgy & Bess—mi risulta, detto con immenso rispetto, non insultatemi, a tratti meno coinvolgente. Ovviamente non si tratta di un giudizio di merito rispetto ai capolavori citati in precedenza, ma di una (chiamiamola) predisposizione personale.

Detto questo, a mio parere, The Man with the Horn è un disco magnifico.

L'album segna il ritorno di Miles Davis dopo un lungo silenzio discografico e rivela chiaramente il suo interesse per i gusti musicali contemporanei dell’epoca: soul, pop e funk che animavano la scena newyorkese dei primi anni ’80. L’album è il frutto di un riuscito equilibrio tra quella sensibilità moderna e una produzione estremamente levigata, quasi lussuosa, tipica di quegli anni. Il tutto supportato da musicisti di altissimo livello, come Marcus Miller e Al Foster, che contribuiscono con precisione e groove a un suono compatto e coinvolgente. Il dialogo sonoro tra la tromba di Davis e le chitarre di Mike Stern e Barry Finnerty è vibrante e ricco di tensione emotiva, sostenuto da una sezione ritmica che lavora con precisione e profondità. La produzione pulita e cristallina, tipica degli anni ’80, non appiattisce il suono, come spesso purtroppo accade: al contrario, esalta ogni sfumatura, ogni dettaglio, donando al disco una chiarezza e una luminosità che lo rendono ancora oggi straordinariamente godibile.

Brani come “Fat Time” e “Shout” sono immediati, funkeggianti e carichi di energia, con riff accattivanti e una dinamica vivace che conquista già al primo ascolto. La title track, “The Man with the Horn”, è una ballad vocale interpretata da Randy Hall, che ricorda certi episodi di Al Jarreau per eleganza e atmosfera, risultando sorprendentemente riuscita anche per chi è più legato al Miles strumentale. Il brano “Ursula” ci riporta invece a una dimensione più intima e rilassata, in cui Miles mostra tutta la sua arte nel creare ambienti sonori malinconici e pieni di sfumature emotive, con una tromba che sospira più che parlare. Invece, con “Back Seat Betty” e “Aida”, Davis dimostra di non aver perso nulla della sua capacità di interagire con il gruppo, di accendersi e spegnersi con fluidità, di attraversare i registri sonori come se fossero ingranaggi di una macchina ancora perfettamente oliata.

Come sempre, Miles riesce in un’impresa che lo ha reso unico per tutta la sua carriera: suonare al passo coi tempi, ma con lo sguardo già rivolto oltre. Non si tratta di un semplice adattamento stilistico, ma di un processo di assimilazione creativa, in cui ogni elemento diventa materiale nuovo per la sua personale ricerca sonora.

In definitiva, The Man with the Horn è un album che, pur non avendo la forza rivoluzionaria delle sue pietre miliari, testimonia un ritorno ispirato e coraggioso, capace di fondere tradizione, presente e visione. È un disco che merita un ascolto attento, senza pregiudizi: non è il passato che torna, ma un Miles che torna a guardare avanti.

È un’opera che mostra un Davis diverso musicalmente rispetto al passato, ma in linea con quel filo rosso che ha contraddistinto sempre la sua carrieraa: si tratta di un artista continua a cercare, sperimentare, contaminare, incurante delle aspettative. Un album che merita di essere riascoltato con orecchie libere da nostalgie e pregiudizi.

Elenco tracce e samples

01   Fat Time (09:56)

02   Back Seat Betty (11:16)

03   Shout (05:51)

04   Aida (08:12)

05   The Man With the Horn (06:35)

06   Ursula (10:43)

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Altre recensioni

Di  BlackLight

 Un musicista in grado di prendere la musica per mano e portarla in un ipnotizzante viaggio all’interno di nuovi suoni, nuove ricerche.

 In definitiva, quest’album può apparire in secondo piano rispetto ad altri lavori di Miles Davis, ma è probabilmente uno dei più riusciti, uno di quelli maggiormente ispirati.