Mistonocivo? VirusBizzarro ma altrettanto frequente il cambio di opinioni su un disco (e su molti altri tipi di oggetti) che possediamo che si verifica negli anni. Ed ovviamente è ciò che mi è successo con questo disco. Passatomi da un'amica un po' più aggiornata di me sulla parte di musica italiana non strettamente commerciale, il cd mi passa davanti abbastanza inosservato, non fosse per la estrema qualità e personalità dei suoni, soprattutto di batteria. Finisce nel dimenticatoio, che a suo modo ognuno ha in casa pronto a raccogliere dischi e fidanzate, fino a che ritorna nello stereo e BAM! Mi piace. Mi piace! MI PIACE!!!
Sì, è proprio un ottimo lavoro. Non solo per la produzione e il missaggio eccellenti (soprattutto nel panorama italiano), non solo per i "credits" illustri (distribuzione Virgin, registrazione al Plant Studio di San Francisco), non solo per il coraggio di adottare soluzioni che inevitabilmente non fionderanno il gruppo nel mainstream, ma soprattutto per le CANZONI. Sono fresche, convincenti, aggressive ma mai ribelli-senza-causa, accattivanti e particolari nel loro uniforme fluire; le melodie vocali sono sempre molto orecchiabili e l'ascoltatore solo ad un'analisi mirata a posteriori può accorgersi di quanti piccoli tocchi di originalità si nascondano nelle 12 canzoni dell'album, questo soprattutto grazie ad una generale abilità degli strumentisti e dei tecnici del suono e del missaggio; in particolare alla maestria del tastierista Paolo D'Ambrosio, abile nel riuscire ad essere più rock rispetto alla media dei tastieristi negli arrangiamenti e nel rivestire il suo ruolo di rinforzo armonico e di invenzione timbrica.
Proprio "sua" è la prima traccia, "X", una intro di un minuto fatta di un tappetone synth-basso accompagnato da un giro di accordi di piano effettato al punto giusto; il tutto sfocia in "Acrobati", una vera sassata sui denti ad opera di basso-chitarra-batteria (Alberto De Rossi, Davide Pezzin, Davide Devito); segue poi "L'Arma Giusta" che potremmo classificare come una delle canzoni tranquille del disco, anche se il ritornello è bello carico. Arriviamo dunque a "Blackout", il singolo. E vorrei ben vedere. Cantabile, motivetto di chitarra che ti fa muovere subito arricchito da suonini campionati, groove DA PAURA e un ritornello che ti apre il cuore (anche le ferite, se ne hai qualcuna sopra?): "Via dagli occhi, via dal mio cuore, via dalla testa perché mi fa male? Sei la passione, la tentazione, l'ossigeno sporco che fa soffocare. Però senza di te la mia anima sgomita". Qui viene fuori proprio uno dei picchi della poesia dei testi di Cristiano Cortellazzo, decisamente inusuali e a volte un po' ermetici, ma pronti a svelare il loro significato (quantomeno il più probabile tra i possibili). Dopo "il SINGOLONE" lo spettacolo devia per un attimo sottoponendoci un piccolo sipario elettronico dove un sottofondo fatto di drum machine, insetti elettronici leggerissimi e bit cinguettanti supporta la strofa di "Shvrentz", unico pezzo decisamente non commerciale dell'album ma senz'altro molto interessante e bello, con un improvviso ed isolato bridge dove non si risparmiano chitarroni distorti di estrazione metal.
La tracklist fila via liscia e tutti i pezzi sono degni di nota, spiccano tuttavia "Cuore" con il suo ritornello capace di sfogare tutta la rabbia e l'adrenalina accumulate nella strofa (o nella giornata, fate vobis), "Radioattività", "La Vita In Cui Credevo" e "Pelle" che è il gran-finale nonostante sia il penultimo pezzo. E' un gran bel disco, e gli do solo 4 perché altrimenti andrei a paragonarlo con "Dark Side Of The Moon" e "Scenes From A Memory", a dir poco blasfemo.
Peccato che a questi ragazzotti vicentini non sia stato ancora concesso molto spazio nei canali principali, nonostante sia già stato pubblicato un altro album (Edgar, 2004), ma l'apertura ai Limp Bizkit e la partecipazione al Flippaut Festival nel 2005 possono farci ben sperare (?).
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