"Blu" è un disco che chi conosce la musica di Morgan Colaianni e compagnia attende da tempo. I due lavori precedenti, in particolare "21 metri", avevano lasciato un'elettricità nell'aria simile a quei secondi che precedono la tempesta estiva. Il disco è arrivato, e i cinque ragazzi romani hanno confermato e sorpreso.

Sicuramente aiuta avere alle proprie spalle una produzione professionale (la FioriRari di Roberto Angelini), sicuramente hanno aiutato i tanti concerti, sicuramente aiutano i progetti paralleli intrapresi nel frattempo dai membri della band, ma ciò che conta è come gli strumenti e le voci riescono a rispondere alla scrittura di Colaianni, e in questo lavoro troviamo più che mai degli ottimi risultati. Lo stile fresco e da studentato urbano che avevamo apprezzato in "21 metri" si conferma, e dimostra di sapersi esprimere con parole e gesti maturi: in "Blu" si ascolta un viaggio musicale ironico ma allo stesso tempo molto intimo; proprio la dimensione domestica di alcuni testi, che ai coetanei della band ricorderà le chiacchierate notturne coi coinquilini al ritorno da feste diverse, rende il disco unico nel suo genere.

Il pezzo di lancio del disco, "La melatonina", vive di una struttura musicale al limite del pop, bizzarra, che trova però un suo potentissimo climax nello stacco emotivo centrale "ti sparerei / amore mio". Il motivetto cantato quasi sottovoce dal sassofono si unisce con grazia al testo, e ci porta lentamente verso un finale a tratti nevrotico, del quale ci si innamora solo dopo alcuni ascolti. La scelta di "Anni '80" come prima traccia del lavoro ultimato non è casuale, si tratta infatti del pezzo più positivo e solare del lavoro, nel pieno stile di Colaianni che non si vergogna a mostrare la carta d'identità ("vita mia / sei arrivata troppo tardi / gli anni '80 mi piacevano") ad un pubblico che comunque sa comprensivo e capace di cogliere quelle sfumature da finesettimana senza esami. Non manca mai il tema amoroso, e proprio da questa traccia inizia un percorso lungo tutto un disco durante il quale non si perde mai di vista il primo motore della scrittura, la dedica diretta e sfacciata di pezzi della propria vita alla persona che si sta guardando negli occhi. In questo senso è potentissimo lo sprofondare nell'ottava traccia, "My sweetest boy", nella quale una perfetta Chiara Monaldi ci introduce ad un pezzo intimista e riflessivo che ci riporta, come a riprendere una pellicola interrotta e poi ricucita, alle atmosfere di "Io forse me ne andrei" (in "21 metri"). Tornano con forza i temi del viaggio, delle indecisioni tipiche di un amore potente e diretto: "sei una ragione in più / per ridere / sei una ragione in più / per ridere". Il pezzo si lascia crescere con forti pulsazioni, trasportato dal sax su di un elegante irrompere di timpano e tom, per poi tornare nella dimensione iniziale. Il delicato "ma ora tremo" cantato a due voci da Morgan e Chiara spazza via in un istante ogni sovrastruttura, trasportando chi ascolta nel mondo complicato e ricco di scorci degli anni dell'università e delle grandi scelte. Raramente capitano pezzi che generano un simile trasporto.

In chiusura dell'album troviamo un divertente e tecnicamente perfetto omaggio alla voce e presenza di Chiara, che reinterpreta "Les passants" della francese Zaz, cantato in un ottimo francese su un arrangiamento dal quale traspare l'amore per la musica suonata degli altri componenti della band. Un pezzo che esce con solidità dal rischio di stonare con il resto dell'album, ponendosi a dichiarazione d'intenti di questa giovane band romana: come a dire "ci piace suonare la musica che amiamo, non fare dischi".

Le collaborazioni rendono questo album musicalmente completo, e si apprezzano gli inserimenti di Francesco Forni alle chitarre e degli archi in più brani. I Morgan con la i si confermano una delle band italiane da tenere d'occhio nei prossimi anni, soprattutto per il loro modo elegante e disteso di comunicare disagi e gioie di una generazione che raramente si esprime a tutto tondo, come accade in questo disco.

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